pitigliano-StemmaPitigliano
La piccola Gerusalemme toscana

Comune di PITIGLIANO
(Provincia di Grosseto)
Altitudine
m. 313s.l.m.
Abitanti
3611 (1500 nel borgo)

Patrono
San Rocco, 16 agosto
info turismo
Ufficio Informazioni e Assistenza Turistica

Piazza Garibaldi 10 – Tel. e fax 0564 617111
iat@comune.pitigliano.gr.it
www.comune.pitigliano.gr.it

Lo spirito del luogo

pitigliano-StemmaIl nome
Sconosciuto il nome etrusco, quello attuale deriva dalla gens Petilia, importante famiglia romana. Leggendaria la fondazione del villaggio da parte di due romani, Petilio e Celiano, da cui – unendo i loro nomi – sarebbe derivato Pitigliano.

 

La storia
2300-1000 a.C., è documentato un villaggio dell’età del bronzo, ma la rupe di Pitigliano, come tutta la valle del fiume Fiora, fu frequentata sin dal Neolitico (VI millennio a.C.) e poi nell’età del rame.
VIII sec. a.C., l’insediamento etrusco, dovuto alla vicina città di Veio, raggiunge l’apogeo nel VI sec., sostituendo il vicino centro di Poggio Buco posto sulla Fiora, che ha restituito necropoli e resti di un tempio; intorno al 500 a.C. è probabilmente distrutto da Porsenna, re di Chiusi.
I sec. a.C.-II d.C., la presenza romana, con fattorie e villaggi posti sulle strade principali, è segnalata da vari interventi costruttivi nel pianoro di fronte alla rupe di Pitigliano.
1061, appare per la prima volta il toponimo Pitigliano in una bolla di Nicola II ai canonici di Sovana.
1188, in un altro documento, Pitigliano compare come castro (borgo fortificato) in possesso dei conti Aldobrandeschi, signori di tutta la Maremma, cui appartiene da poco dopo il Mille.
1274, Pitigliano risulta uno dei maggiori fortilizi della contea degli Aldobrandeschi nelle guerre con il Comune di Orvieto.
1313, gli Orsini subentrano per via matrimoniale agli Aldobrandeschi nella Contea di Sovana; costretti a lunghe lotte con i Comuni prima di Orvieto e poi di Siena, dopo la conquista da parte di quest’ultima di quasi tutta la Maremma, compresa Sovana nel 1410, gli Orsini spostano a Pitigliano la capitale della contea.
1466, la piccola contea ursinea acquista forza con l’avvento al potere di Niccolò III, capitano di ventura al servizio dei maggiori Stati italiani; con lui Pitigliano si arricchisce di monumenti rinascimentali, a cui lavorano artisti come Antonio da Sangallo, Baldassare Peruzzi, Anton Maria Lari.
1604, Ferdinando I, granduca di Toscana, acquista tutti i possedimenti degli Orsini: finisce così la contea di Pitigliano; dalla metà del secolo comincia a crescere il numero degli ebrei, che qui trovano rifugio sicuro; nel 1643 i Medici sventano un tentativo di occupazione da parte delle truppe pontificie.
1843, Pitigliano assume il titolo di città con il trasferimento della Diocesi da Sovana e grazie alla crescita economica seguita alle riforme illuministiche.

Qui gli uomini nei secoli hanno preferito scavare più che costruire. Grazie alla facilità di lavorare la roccia vulcanica, è nata una “civiltà del tufo” di cui hanno lasciato impronta gli etruschi, il popolo dell’oltretomba, e gli ebrei, il popolo della Legge. Scavando tenacemente nelle viscere del terreno, gli etruschi costruirono tombe, ipogei, cunicoli e le misteriose “vie cave”: il loro mondo era quello semioscuro dei sotterranei, come se solo addentrandosi nel cuore della terra, tagliando la dura e fredda roccia, potessero coglierne la sua profonda spiritualità, sconfiggere la paura della morte e risalire alla luce del sole. Anche gli ebrei, vissuti a Pitigliano per cinquecento anni, sistemarono nelle grotte gli ambienti del loro culto. Ancora oggi lo spettacolare abitato di Pitigliano nasconde sotto di sé un’altra città sotterranea, fatta di oratori rupestri, gallerie e cunicoli per il drenaggio delle acque, colombari con le cellette dei piccioni, stalle, cantine e antiche case rupestri trasformate in magazzini. In tali ambienti ancora si conservano tini, botti, torchi, frantoi.

Chi, percorrendo la statale 74, giunge al Santuario della Madonna delle Grazie, non può fare a meno di fermarsi, incantato e quasi incredulo per lo spettacolo che si trova di fronte: il borgo di Pitigliano sospeso sulla sua rupe di tufo tra valli verdeggianti. E’ una visione magica, un’illuminazione. L’abitato di Pitigliano, tutto costruito in tufo, è inserito nel paesaggio con una compattezza tale che è quasi impossibile separare l’opera dell’uomo da quella della natura. E se ci si guarda bene intorno, si ha l’impressione che la luce vibri all’unisono con i nostri pensieri, che le colline ci corrano incontro con le loro verdi effusioni, che le rocce di tufo nascondano ancora il genio etrusco.

L’impressione che dà Pitigliano, distesa sulla sua rupe a forma di mezzaluna, isolata dall’erosione millenaria di tre fiumi che le scorrono intorno e difesa da fortificazioni cinquecentesche, è quella di un complesso ferrigno e gagliardo, segnato dall’arte della guerra ma ingentilito dal tocco del Rinascimento. Palazzo Orsini è il maggiore monumento di Pitigliano: di origine medievale (XIV secolo), la residenza dei conti Orsini fu ristrutturata per Niccolò III, nella prima metà del Cinquecento, dall’architetto Antonio da Sangallo secondo i canoni rinascimentali, evidenti negli stemmi, nelle porte bugnate, nella piazzetta con colonnato, nel pozzo esagonale, nell’elegante portale d’ingresso e nelle sale interne, ora sede del museo d’arte sacra. Sulla piazza retrostante, che si estende fino ai due cigli della rupe con vedute spettacolari, si trova la fontana medicea a cinque archi, preceduta dall’acquedotto seicentesco che scavalca l’antico fossato con un maestoso arco in tufo.

Dalla piazza tre vie parallele si inoltrano nell’abitato, intersecate da una serie di vicoli pittoreschi, caratterizzati da scalinate, loggette e decorazioni cinquecentesche. Portali e finestre delle case antiche del centro sono spesso ornati di elementi decorativi in bugnato rustico. La via principale conduce a un’altra piazza, dove si trova la cattedrale, ampliata nel Settecento in forme barocche, con bella facciata e grandioso altare all’interno. Tra stucchi e dorature, spiccano le tele di Pietro Aldi e di Francesco Vanni. A fianco della cattedrale si eleva la torre campanaria che caratterizza il profilo urbano dell’abitato. In fondo alla piazza si erge una stele in travertino recante sculture rinascimentali e sormontata da un piccolo orso araldico, nota come monumento alla progenie ursinea (1490).

Da qui si raggiunge un’altra piazzetta, cuore dell’antico rione di Capisotto, con la chiesa di San Rocco, ricordata già nel 1274 come chiesa di Santa Maria. Ha una sobria facciata rinascimentale e un interno decorato con affreschi e stemmi dipinti. Proseguendo si giunge alla punta estrema della rupe e alla porta di Capisotto (o di Sovana), di fianco alla quale è conservato un tratto di mura etrusche del VI secolo a.C.

A metà di via Zuccarelli si trova il ghetto. Molti sono i ricordi della comunità ebraica, vissuta per mezzo millennio a Pitigliano, che fu luogo di rifugio per gli israeliti ed esempio di convivenza tra ebrei e cristiani, tanto da meritarsi la definizione di “Piccola Gerusalemme”. La sinagoga, rivolta a est, è stata recentemente restaurata ed ha recuperato il suo arredo, con l’Aron (Arca Santa) sul fondo, la Tevà (il pulpito) al centro, il matroneo per le donne in alto, i lampadari e le decorazioni dipinte, tra cui la scritta che ricorda la fondazione del tempio nel 1598. Sotto la sinagoga si sviluppano vari ambienti scavati nel tufo – il bagno rituale, la macelleria e la cantina kasher, il forno degli azzimi – tutti recuperati negli ultimi anni, quando è stata realizzata la Mostra di cultura ebraica. Poco fuori, il cimitero ebraico custodisce monumenti funebri dell’Ottocento.

Lungo la strada per Sorano, sul costone tufaceo e oltre il torrente che dà vita a una bella cascata, si trova il rinascimentale parco Orsini di cui rimangono, in mezzo alla vegetazione, padiglioni, statue e sedili intagliati nel tufo.

Circondano il borgo verdi declivi, piccole valli con torrentelli e cascate, rupi su cui il sole al tramonto stempera i suoi colori. Emozionante, in questo contesto, è addentrarsi nei cunicoli (le vie cave) scavati dagli etruschi nel tufo tra il muschio, le felci e il fitto fogliame degli alberi, e che finiscono per intersecare le necropoli dove è stato allestito il parco archeologico all’aperto.

Dalle mistiche vie etrusche alle stalle e cantine ricavate nel dedalo di gallerie sotterranee, tutto riconduce alla “civiltà del tufo” di cui la gente di Pitigliano è erede.