IL NATALE NEI BORGHI PIÙ BELLI D’ITALIA:  un viaggio del gusto, tra tradizioni dolci e salate.

 In collaborazione con La Borsa della Spesa

Il periodo natalizio nei Borghi più belli d’Italia è un momento in cui il tempo sembra rallentare e ogni luogo torna a respirare al ritmo caldo delle tradizioni: le vie si illuminano di luci soffuse, le piazze si riempiono di mercatini artigianali e l’aria profuma di spezie, agrumi, miele e mandorle. Dalla Liguria alla Sicilia, dalle montagne alle vallate, il Natale nei Borghi più Belli d’Italia si trasforma in un viaggio sensoriale attraverso sapori antichi che ancora oggi animano le tavole, rendendole luoghi di incontro, memoria e autentica tradizione.

Tra i protagonisti indiscussi delle festività ci sono i dolci natalizi, veri scrigni di identità locali. Ogni borgo custodisce una ricetta speciale, spesso nata nelle cucine contadine e preparata con ingredienti semplici ma ricchi di significato. Dal riso nero di Castroreale al pan dell’orso di Scanno, dal Pane del Marinaio dei borghi liguri alla crostata al torrone di Sarnano, ogni dolce racconta una storia diversa ma ugualmente radicata nel territorio. Per concludere con una delizia salata, le immancabili pittule salentine, presenti in moltissime tavole dei borghi pugliesi nel periodo natalizio.

L’iniziativa di presentare i prodotti stagionali dei Borghi più belli d’Italia nasce nell’ambito del progetto M.I.B. – Mercato Italiano dei Borghi in collaborazione con La Borsa della Spesa, il servizio settimanale di BMTI realizzato insieme ad Italmercati Rete d’Imprese, pensato per accompagnare i consumatori nella scelta di ciò che la terra offre di meglio: prodotti freschi, italiani, di stagione e dal buon rapporto qualità-prezzo. Un Servizio offerto per incoraggiare i consumatori ad una spesa più consapevole e sostenibile – dal punto di vista ambientale ed economico – e per sostenere le filiere locali che portano ogni giorno sulle nostre tavole il frutto di un sapere antico e di una passione autentica.

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CASTROREALE E IL “RISU NIRU”.

Castroreale

Arroccato sui Peloritani e affacciato sul golfo che abbraccia le isole Eolie, Castroreale (ME) è uno dei Borghi più belli della provincia di Messina. Ricco di chiese, palazzi storici e scorci che raccontano un passato aristocratico, il borgo è famoso per la sua atmosfera silenziosa e luminosa, per le tradizioni radicate e un forte legame con la spiritualità. In questo contesto prende vita uno dei dolci più antichi e identitari della zona, il riso nero, chiamato in dialetto “Risu Niru”.

Si tratta di una preparazione semplice ma ricca di storia, diffusa nel messinese, nata come dolce familiare preparato soprattutto per i bambini durante il periodo natalizio o per la festa di Santa Lucia, e utilizzato anche come offerta votiva alla Madonna Nera del Santuario di Tindari. Rappresenta l’incontro tra influenze antiche e cultura popolare, reinterpretato nel tempo da paese a paese e persino da famiglia a famiglia.

La versione tradizionale legata all’area di Castroreale si distingue per l’uso delle mandorle abbrustolite fino a renderle quasi nere, poi frullate con un po’ di acqua di cottura del riso per ottenere una crema scura e profumata. Al riso cotto al dente vengono aggiunti zucchero, cioccolato fondente, cannella e talvolta latte, così da creare un composto morbido e aromatico che, una volta raffreddato, viene decorato con cotognata, canditi e confettini d’argento secondo la tradizione.

Ne nasce un dolce semplice e goloso, naturalmente privo di glutine e profondamente legato all’identità culturale della comunità messinese. Il riso nero di Castroreale non è soltanto un dessert, ma un piccolo frammento di memoria che racconta la storia di un territorio, delle sue famiglie e della loro devozione.

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SCANNO E IL “PAN DELL’ORSO”.

Scanno Ph Andrea Cieri

Scanno (AQ), incastonato tra i monti della valle del Sagittario e circondato da un paesaggio selvaggio e autentico, è un borgo che conserva un fascino antico fatto di case in pietra, stradine medievali e tradizioni vive. In questo scenario nasce uno dei dolci più rappresentativi dell’Abruzzo: il Pan dell’Orso, spesso associato alle festività natalizie.

Le sue origini si legano a una leggenda popolare secondo cui, molti anni fa, i pastori in partenza per la transumanza riempirono le bisacce di Panelli, piccoli pani dolci con mandorle, miele e farro. Durante la notte un grande orso, attratto dal profumo, invase lo stazzo e divorò solo quei dolci, lasciando intatte le greggi. Da allora il Panelli prese il nome di Pan dell’Orso, entrando stabilmente nella tradizione locale.

La storia più recente del dolce è intrecciata alla famiglia Di Masso: nonno Peppino, dopo un periodo in Venezuela, tornò a Scanno e aprì il primo bar pasticceria del paese. Il figlio Gino, detto Liborio, esperto pasticcere, reinterpretò l’antica ricetta dei Panelli trasformandola nel Pan dell’Orso moderno, un soffice dolce di pan di Spagna arricchito da mandorle e miele d’Abruzzo, farina, burro di latteria, uova fresche e aromi naturali. Ne esistono due versioni: una ricoperta da una sottile e profumata glassa di cioccolato fondente, l’altra non glassata ma arricchita al suo interno da gocce di cioccolato puro. Il risultato è un dolce morbido, profumato, ricco e genuino, amato dagli abitanti del posto e tratto distintivo di Scanno.

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IL PANE DEL MARINAIO: IL DOLCE DEI BORGHI LIGURI.

Campo Ligure

Il Pane del Marinaio, o Pane del Pescatore, nasce nella provincia genovese come dolce nutriente e a lunga conservazione, pensato per accompagnare i marinai durante le lunghe giornate in mare. Con il tempo questa preparazione si è trasformata in una tradizione natalizia condivisa da tanti borghi liguri, un simbolo di identità e convivialità.

Come molti dolci rituali, anche il Pan del Marinaio è legato a gesti antichi. A portarlo in tavola è il più giovane della famiglia, con un rametto d’alloro sulla sommità, augurio di prosperità e protezione. Il dolce viene consegnato al capofamiglia, che lo taglia pronunciando un auspicio tradizionale. Si comincia ad assaggiare solo dalla terza fetta: per primo chi l’ha preparato, poi tutti gli altri commensali.

La ricetta è caratterizzata da aromi imprescindibili: l’acqua di fior d’arancio dona il profumo tipico, che si intensifica con il passare dei giorni, mentre i semi di finocchio, meglio se leggermente tritati, conferiscono l’inconfondibile nota aromatica senza risultare invasivi.

In passato il Pan del Marinaio aveva un significato ancora più profondo: una parte veniva consumata a Natale, anche condividendola con i più poveri, e il resto il 3 febbraio, giorno di San Biagio, a protezione della salute e della vita in mare.
Oggi questo dolce fa parte della quotidianità ligure, si gusta tutto l’anno e rimane un dono natalizio molto apprezzato, capace di raccontare in ogni fetta la storia e il sapore della Liguria.

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SARNANO E LA CROSTATA AL TORRONE

 Sarnano Ph Luca Piergentili

Sarnano (MC) è un borgo affascinante dei Monti Sibillini, un luogo dove la storia medievale si intreccia con un’antica tradizione gastronomica fatta di ingredienti semplici, profumi intensi e ricette custodite con cura. Tra queste spicca la crostata al torrone, uno dei dolci simbolo del paese, profondamente legato alla memoria collettiva e al periodo delle festività natalizie. Le sue origini si perdono nel tempo: alcuni la fanno risalire al Medioevo, altri al Rinascimento, ma ciò che conta davvero è la continuità con cui la ricetta è stata tramandata di generazione in generazione all’interno delle case del borgo. Da secoli i sarnanesi la preparano e la gustano con passione, tanto che oggi non manca mai nei forni e nelle pasticcerie del centro storico.

La crostata al torrone è unica nel suo genere e nasce dall’incontro tra la friabilità della pasta frolla e un ripieno ricco, profumato e goloso. La base è realizzata con uova, zucchero, farine e olio, mentre il cuore del dolce è un insieme armonioso di frutta secca – soprattutto mandorle e nocciole, ma anche noci e pinoli nelle varianti familiari – miele, canditi, confettura di albicocche e talvolta cioccolato. È proprio la frutta secca, insieme agli aromi caldi e avvolgenti, a conferire alla crostata un sapore deciso ma delicato e un carattere sostanzioso che richiama immediatamente l’atmosfera del Natale.

Un tempo, nelle case dei montanari e delle famiglie contadine, preparare un dolce così ricco era un gesto riservato alle grandi occasioni religiose; oggi, invece, la crostata al torrone può essere gustata durante tutto l’anno, pur conservando quell’inconfondibile tocco di magia delle feste che l’ha resa un vero simbolo di Sarnano.

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LE PITTULE PUGLIESI.

Il Borgo di Presicce in Puglia

Nel cuore del Salento, terra di antiche tradizioni legate alla cultura contadina e alle usanze familiari delle feste, nascono sapori che raccontano una storia condivisa. Tra questi spiccano le pittule, piccole palline di pasta lievitata e fritta, tipiche del Salento e quindi anche del borgo di Presicce Acquarica, ma ormai divenute un dolce simbolo capace di accomunare tutti i borghi pugliesi. Allegre già alla vista, continuano ancora oggi a essere immancabili in ogni occasione conviviale, portando in tavola il gusto semplice e autentico della tradizione.

Semplici da preparare e irresistibili da gustare, le pittule sono protagoniste assolute delle tavole salentine soprattutto durante il periodo natalizio: secondo la tradizione, sono immancabili la sera della vigilia dell’Immacolata, il 7 dicembre, e la vigilia di Natale, quando l’intero paese si riunisce attorno a profumi e sapori che raccontano la sua identità.

L’origine delle pittule è antica e circondata da leggende che si tramandano di generazione in generazione. Una narra di una massaia tarantina che lasciò lievitare troppo a lungo l’impasto del pane, distratta dalla musica degli zampognari. Per rimediare, formò delle palline e le immerse nell’olio bollente, creando così una pietanza subito amata da famiglia e musicisti. Una seconda leggenda, di matrice cristiana, racconta che fu Santa Elisabetta a dimenticare l’impasto del pane mentre parlava con la Madonna; anche lei, per recuperarlo, lo spezzettò e lo frigge nell’olio.

Forse proprio per questo, nel Leccese, le pittule sono considerate il “morbido cuscino” su cui viene posto il Bambinello nei presepi locali. Oggi come allora, a Presicce-Acquarica, rappresentano un gesto di condivisione e un sapore che accompagna le feste dalla prima domenica d’Avvento fino alla fine del periodo natalizio, confermando il loro ruolo di autentico patrimonio gastronomico salentino.

16 dicembre 2025.