L’AUTUNNO NEI BORGHI PIU’ BELLI D’ITALIA
La nostra rubrica Viaggio Italiano – Scopri l’Italia che non sapevi ci porta questo mese a scoprire le calde tinte autunnali nei Borghi più belli d’Italia: vivere l’autunno nei Borghi più belli d’Italia significa immergersi in paesaggi incontaminati resi ancor più suggestivi dai caldi colori del foliage. Infinite possibilità di esperienze autentiche, fra escursioni, trekking, tour in bici e passeggiate alla ricerca dei profumati prodotti del sottobosco.
Senza dimenticare la straordinarietà delle specialità enogastronomiche che questa stagione offre. Buona lettura!
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SAN LORENZO DORSINO celebra il gioiello della sua enogastronomia: la ciuìga!
A novembre il borgo di San Lorenzo Dorsino celebra la Ciuìga, l’antico insaccato con le rape bianche, presidio Slow Food e prodotto identitario di questo meraviglioso borgo che sorge all’interno del Parco Nazionale dell’Adamello Brenta, in Trentino.
San Lorenzo Dorsino è un borgo incastonato nel Parco dell’Adamello-Brenta, in Trentino-Alto Adige. Il borgo è situato in una posizione strategica, a pochi chilometri da alcune delle più belle località turistiche della zona, come Madonna di Campiglio, Pinzolo e Folgarida. E’ un borgo ricco di storia e tradizione che ha conservato intatte le sue caratteristiche medievali ed è circondato da un paesaggio naturale mozzafiato: le Dolomiti, con le loro guglie e le loro pareti rocciose, sono l’affascinante cornice del borgo. Ma il fascino di San Lorenzo, oltre all’ambiente in cui è inserito, sta nelle atmosfere rurali, nei profumi di legna, fieno, latte, di fiori e di affumicato, nell’aria frizzante dei vecchi pascoli. Il borgo è un reticolo di viuzze, cortili e piazzette pavimentate in salesà (l’acciottolato locale) e percorribili solo a piedi attraverso porticati e anfratti. L’arco e la volta inframezzati da logge e portali sono elementi tipici di questi luoghi. Le abitazioni hanno resistito alla modernità e mostrano tutto il calore e la sapienza costruttiva della tradizionale architettura trentina. Passeggiare sui sentieri, osservare i loggiati a graticci, le aie coperte, i vecchi fienili, inoltrarsi nei boschi: a San Lorenzo si respira la ruralità.
A novembre San Lorenzo balza agli onori delle cronache dell’enogastronomia, non solo trentina ma anche italiana, per il suo prodotto d’eccellenza: la ciuìga.
Un insaccato unico al mondo. La ciuìga è un salume a base di carne di maiale, rape bianche, sale, pepe e spezie. Fu inventato nella seconda metà dell’ottocento, in un clima di grande ristrettezze dove la necessità spesso diveniva virtù. L’autunno è la stagione di questo prodotto così identitario per il borgo, quando si inizia la lavorazione del maiale e nei campi si raccolgono le rape, due prodotti che i pochi, abili macellai del Banale sanno sapientemente combinare realizzando lunghe catene di ciuìghe dal sapore unico. La carne viene macinata e impastata con le rape, quindi viene insaccata in un budello naturale e lasciata stagionare per almeno 3 mesi. Il sapore pungente e deciso della ciuìga è dovuto alle rape bianche, che conferiscono al salume un aroma caratteristico. È un alimento versatile, che può essere gustato crudo, cotto o affumicato. La ciuìga è un presidio Slow Food, un riconoscimento che ne attesta la qualità e la tipicità.
BRISIGHELLA, la perla dell’Appennino e i sapori dell’autunno.
Nel cuore dell’Appennino Tosco-Romagnolo, in provincia di Ravenna, Brisighella è un borgo che sorprende per la varietà dei suoi paesaggi, i tesori artistici e architettonici e per una tradizione enogastronomica che in autunno raggiunge vette altissime.
Innanzitutto questo gioiello dell’Emilia Romagna fa parte del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola, un ambiente suggestivo unico in Italia: una dorsale gessosa dai toni grigio-argento, lunga 25 km e larga 1 km e mezzo, caratterizzata da una morfologia di origine carsica che si sviluppa in valli e grotte fra cui i famosi “abissi”. Già da sola questa ambientazione così suggestiva varrebbe di per sé il viaggio. Ma questo è solo l’inizio…
Il borgo è caratterizzato da tre colli rocciosi, su cui si ergono la Rocca, la Torre dell’Orologio e il Santuario del Monticino. La Rocca, costruita nel XV secolo, domina il borgo dall’alto e offre una vista panoramica mozzafiato. La Torre dell’Orologio fu edificata nel XIII secolo, ha un orologio con quadrante a sei ore. Il Santuario del Monticino, infine, è un luogo di culto dedicato alla Madonna di Brisighella ed è situato sulla sommità del Monte Mauro. Il centro storico di Brisighella è un dedalo di stradine e vicoli che si snodano tra case medievali, botteghe artigiane e locali caratteristici. Ed è proprio qui che troviamo un’altra delle attrazioni che rendono Brisighella unica: l’Antica Via del Borgo, famosa anche con il nome di Via degli Asini, una strada coperta risalente al XII secolo che ha la caratteristica di essere sopraelevata ed illuminata da mezzi archi di differente ampiezza, baluardo di difesa per la retrostante cittadella medioevale. Famosa in virtù della sua architettura particolarissima, è nota come “Via degli Asini” per il ricovero che offriva agli animali dei birocciai che l’abitavano. Tra gli altri monumenti di Brisighella che completano il quadro di un borgo così artisticamente ricco, troviamo la Pieve del Thò, La Fontana Vecchia e la Chiesa di San Michele Arcangelo.
L’Autunno a Brisighella si fa in quattro! A novembre il borgo ogni domenica organizza un evento dedicato ad un’eccellenza del territorio: dopo un primo weekend dedicato alle ‘Delizie del Porcello’, per celebrare uno dei prodotti tipici della zona: la mora romagnola, una razza suina autoctona italiana che ha la sua zona d’origine in Romagna ed è una delle cinque specie autoctone presenti in Italia, l’appuntamento è domenica 12 con la ‘Pera Volpina’, uno dei frutti cosiddetti “dimenticati”, protagonista dell’omonima Sagra. La pera volpina è un frutto tipico della zona, di piccole dimensioni, tonda e dura, che viene consumata sempre cotta, in acqua o vino, oppure al forno. La Sagra celebra questo prodotto in abbinamento ad un’altra specialità del territorio, il formaggio stagionato, un pecorino invecchiato in grotte di gesso secondo un’ antica tradizione locale. Durante la sagra vengono proposti piatti a base di pera volpina e formaggio stagionato. ‘Sua Maestà il Tartufo’ non poteva non avere un suo spazio all’interno del calendario degli eventi enogastronomici dell’autunno: il 19 novembre un evento totalmente dedicato al “Diamante Nero” consentirà di conoscere da vicino e degustare i due tipi di tartufo del sottosuolo romagnolo. Nel centro storico ci saranno banchi gastronomici dove sarà possibile gustare piatti a base di tartufo, come pasta, carne e risotto. Infine l’ultima domenica di novembre sarà la volta della ‘63ª Sagra dell’Ulivo e dell’Olio’. Il prodotto principe del territorio è infatti l’olio extravergine di oliva brisighello che si fregia della Dop europea, prodotto con olive delle varietà Nostrana di Brisighella, Ghiacciola e Orfana: queste varietà sono coltivate nei terreni collinari che circondano il borgo, dove il clima mite e la particolare composizione del terreno favoriscono la produzione di un olio di alta qualità. L’olio extravergine di oliva di Brisighella ha un colore giallo oro brillante, un profumo fruttato e un sapore intenso e deciso. Durante la giornata i visitatori potranno degustare una varietà di prodotti a base di olio extravergine di oliva, come bruschette, piadine, pasta e frittate. Inoltre, sarà possibile partecipare a corsi di assaggio e produzione dell’olio.
Se siete alla ricerca di una destinazione indimenticabile che unisca arte, paesaggio e gusto, il vostro #ViaggioItaliano non può che includere una destinazione come Brisighella. Mettete in agenda!
L’ORO VERDE dei Borghi più belli d’Italia in Umbria
L’Umbria è una regione nota per la ricchezza del suo patrimonio sia artistico che naturale, tanto da essere soprannominata il “Cuore Verde d’Italia”. E il colore verde contraddistingue anche quello che è forse il suo prodotto tipico più famoso: l’olio extravergine di oliva, che in gergo viene anche definito “l’oro verde”.
L’olivicoltura in Umbria ha origini antichissime. Già in epoca romana l’olio umbro era considerato uno dei migliori al mondo; infatti, il clima mite e le colline umbre sono ideali per la coltivazione dell’olivo. Oggi l’Umbria è una delle principali regioni produttrici di olio extravergine di oliva in Italia. La regione vanta oltre 100.000 ettari di oliveti, che producono circa 150.000 quintali di olio all’anno. L’olio extravergine di oliva umbro viene prodotto secondo metodi tradizionali che danno origine ad un prodotto di alta qualità, riconosciuto a livello internazionale, un olio versatile che si presta ad un’ampia varietà di preparazioni ed è caratterizzato da un sapore fruttato e un aroma intenso. Le olive vengono raccolte a mano e trasportate in frantoi dove vengono molite a freddo, per preservare le proprietà organolettiche dell’olio.
In Umbria si coltivano diverse varietà di olive, tra cui la Moraiolo, la Frantoio e la Leccio. Parte fondamentale di una tradizione enogastronomica d’eccellenza, l’olio umbro si ritrova anche al centro degli eventi autunnali, e non solo, di moltissimi borghi.
Montecchio
Montecchio è un borgo medievale che sorge su un’altura che domina la valle del Tevere, a circa 15 km da Orvieto. Il borgo fu fondato nell’XI secolo dai Normanni, che lo fortificarono per difenderlo dalle incursioni dei nemici e, solo un secolo dopo, divenne un importante centro commerciale e culturale grazie alla sua posizione strategica lungo la via Francigena. Il centro storico di Montecchio, perfettamente conservato, è inserito nel tipico paesaggio umbro che tutti noi abbiamo impresso nella memoria: morbide colline di ulivi disegnano il territorio, fitti boschi rendono il paesaggio vivido e rigoglioso nella bella stagione, mentre l’autunno dipinge di arancio e di rosso la macchia mediterranea. Con i suoi vicoletti, le piazzette, la tonalità chiara della pietra e le poderose mura di cinta con le torri di difesa, il borgo custodisce dei veri e propri tesori, fra cui: il Castello, costruito nel XIII secolo, che domina la valle del Tevere; la chiesa parrocchiale di Santa Maria delle Grazie, edificata nel XV secolo; i resti della doppia cerchia di mura che circondano il borgo; la necropoli umbro-etrusca situata a circa un chilometro dal borgo.
Montecchio è anche un importante centro per la produzione dell’olio extravergine di oliva. La coltivazione dell’ulivo in questa zona ha origini antichissime e, ancora oggi, gli uliveti sono una parte importante del paesaggio. Nel Medioevo l’olio di oliva era un alimento fondamentale per la popolazione locale, che lo utilizzava per cucinare e per la produzione di lampade. In questo periodo si diffuse la costruzione di frantoi, che venivano alimentati da animali o dalla forza dell’acqua. Nel corso dei secoli, la tradizione olearia di Montecchio si è mantenuta viva e fiorente. Oggi il borgo conta circa 150 frantoi che producono un olio di oliva di alta qualità, apprezzato in tutto il mondo. Ogni anno, a novembre, a Montecchio si tiene la Festa dell’Olio, un’occasione per celebrare e degustare questo fantastico prodotto e scoprire i frantoi locali, con un suggestivo corteo storico che sfila per le vie del borgo con le sue dame e cavalieri.
Da non mancare, infine, è la visita al Museo dell’Olio, presso il Frantoio Bartolomei, che raccoglie macchinari e utensili sulla coltura dell’olio d’oliva, fonte di lavoro e sostentamento per generazioni.
Trevi
Trevi, in provincia di Perugia, è un borgo situato in posizione strategica tra l’Umbria e le Marche. È unica e inconfondibile la forma conica e raccolta dell’abitato che, assecondando la conformazione del colle su cui sorge, ha suscitato lo stupore dei viaggiatori del passato, tra cui Giacomo Leopardi. Trevi, costruita a cerchi concentrici, sembra una chiocciola che conserva intatto il suo cuore antico fatto di pietra, coppi, legno, tonalità delle terre. Il cuore del borgo è piazza Mazzini, chiusa ad angolo dal palazzo Comunale del XIII secolo con la torre Civica.
La produzione dell’olio di Trevi risale a tempi antichissimi, come testimonia l’olivo di Sant’Emiliano, uno dei più antichi d’Italia, che si trova a Bovara, una frazione del comune: la storia narra che Sant’Emiliano fu legato ad un olivo e decapitato nel 303 d.C. durante le persecuzioni di Diocleziano. Questo olivo, che si stima abbia circa 1800 anni, continua a produrre olive ed è diventato anche un simbolo della città e della sua storia.
E’ la varietà di olive Moraiolo che conferisce all’olio di Trevi un colore verde intenso e un sapore fruttato e aromatico. Il borgo è attraversato dal famoso Sentiero degli Ulivi, un percorso completamente dedicato all’ulivo che unisce Spoleto ad Assisi, lungo il quale si possono ancora ammirare le case sparse olivate, ovvero le abitazioni degli olivicoltori durante i periodi di raccolta.
Per immergersi nella tradizione olearia di Trevi non può mancare una visita al Museo della Civiltà dell’Ulivo, ospitato dal complesso museale dell’ex convento di San Francesco. Il borgo è molto vivo e organizza moltissime manifestazioni dedicate all’olio e ai prodotti del territorio.
Lugnano in Teverina
Lugnano in Teverina è un piccolo borgo medievale situato in provincia di Terni, le cui origini risalgono al VI secolo d.C., quando un gruppo di abitanti della valle del Tevere si rifugiò sul colle per sfuggire alla malaria. Nel corso dei secoli il borgo ha vissuto diverse dominazioni, tra cui quella dei romani, dei bizantini, dei longobardi e dei romani. Nel suo centro storico si trovano numerosi edifici di interesse storico-artistico, in un susseguirsi di vicoli, archi, scalinate, chiese e palazzi. Ma è in piazza Santa Maria che incontriamo il monumento più importante, la Collegiata di Santa Maria, gioiello d’arte romanica che da sola vale il viaggio a Lugnano.
Anche a Lugnano in Teverina la produzione di olio d’oliva è una tradizione radicata nel territorio, che affonda le sue radici nell’antichità. Le prime testimonianze della coltivazione dell’olivo a Lugnano risalgono al I secolo a.C., quando i romani iniziarono a colonizzare la zona. Nel corso dei secoli la produzione di olio d’oliva a ha continuato a crescere, fino a diventare una delle principali attività economiche del borgo, tanto che oggi qui sono presenti circa 2000 ettari di oliveti, che producono un olio d’oliva di alta qualità. Inoltre dal 2014 a Lugnano ha sede la Collezione Mondiale Olea Mundi, che raccoglie olivi provenienti da ben 23 Paesi olivicoli del Mediterraneo, del Medio Oriente e delle nuove aree di coltivazione: ben 263 varietà italiane, 128 varietà provenienti da vari paesi del mondo e 60 varietà minori della regione Umbria. Il progetto è un’importante occasione di studio nel campo della sostenibilità.
Infine, nel centro storico del borgo si trova il Museo dell’Olivo, che ospita una collezione di attrezzi e strumenti per la produzione dell’olio d’oliva. Diverse sono le manifestazioni che ogni anno vengono dedicate all’olio d’oliva, un’occasione per conoscere la tradizione olearia del borgo e degustare i prodotti locali.
LA SICILIA e la sua tradizione vinicola
Fra i sapori e i colori dell’autunno non poteva mancare il vino. In Italia, infatti, la vendemmia inizia a partire da settembre e si protrae fino a novembre, a seconda delle varietà di uva e delle condizioni climatiche.
L’autunno è un periodo di grande lavoro per i viticoltori. Alla loro secolare e sapiente arte l’11 novembre è dedicata la Festa di San Martino, patrono dei viticoltori. In questa occasione è tradizione bere il vino novello, un vino rosso giovane che viene prodotto con uve appena vendemmiate. Il vino novello è caratterizzato da un colore rosso rubino intenso e da un sapore fruttato e leggero. L’autunno è un periodo perfetto per degustare i vini italiani, che offrono un’ampia scelta di sapori e aromi per soddisfare tutti i palati e proprio per questo durante questa stagione si organizzano numerosi eventi enogastronomici per celebrare l’eccellente e copiosa produzione vinicola del nostro Paese.
La Sicilia è una regione ricca di storia e cultura, e la sua tradizione vinicola non fa eccezione. La viticoltura è presente in Sicilia da secoli e le sue radici risalgono addirittura all’epoca punica; infatti, i primi vitigni furono introdotti in Sicilia proprio dai Fenici, che erano grandi navigatori e commercianti. La regione è ricca di vitigni autoctoni, che danno vita a vini unici e di grande carattere. Tra le principali zone di produzione di vini siciliani segnaliamo due borghi: San Marco d’Alunzio e Castelmola.
San Marco d’Alunzio
San Marco d’Alunzio è un borgo medievale situato in provincia di Messina. Il borgo è posizionato su un colle a 600 metri di altitudine, sui Nebrodi, con una vista panoramica sulla costa tirrenica da Cefalù a Capo d’Orlando.
San Marco d’Alunzio ha una lunga storia: con ventidue chiese, un museo archeologico e uno di arte sacra, rovine di un tempio ellenistico, ruderi normanni, affreschi bizantini, vasi greci d’argento a rilievo, il borgo è un museo a cielo aperto. Di qui sono passati tutti: vi ha lasciato l’impronta il dio Ercole nel suo tempio; dopo i greci, ecco i romani, e quindi bizantini, arabi, normanni. Le pietre di marmo rosso di San Marco ci raccontano la storia millenaria di un borgo che anche nelle murature più ordinarie rivela materiali di architetture di epoche diverse, in una commistione culturale che è il fascino stesso della Sicilia. Il centro storico è ben conservato, con stradine strette e tortuose, case in pietra e chiese medievali. Tra le principali attrazioni del borgo vi sono: il Duomo di San Marco, il Castello dei D’Amico, la Chiesa di San Nicola, patrono del borgo e il Museo Civico, che ospita una collezione di reperti archeologici e artistici.
Oltre al suo patrimonio storico e culturale, San Marco d’Alunzio è anche un importante centro enologico. Il territorio del borgo è infatti caratterizzato da un clima mediterraneo, con inverni miti ed estati calde e secche. Queste condizioni climatiche sono ideali per la coltivazione della vite, che è presente nel territorio di San Marco d’Alunzio da secoli.
I principali vitigni qui coltivati sono il Grillo, il Catarratto e il Nerello Mascalese. Tra i vini più famosi di San Marco d’Alunzio vi sono: il Bianco di San Marco d’Alunzio DOC e il Rosato di San Marco d’Alunzio DOC prodotti con il vitigno Grillo e il Nero d’Alunzio DOC, un vino rosso prodotto con il vitigno Nerello Mascalese. La tradizione vinicola viene celebrata nel corso di vari eventi, uno dei quali si tiene a novembre: San Martino nel Borgo (11-12 novembre), è l’occasione giusta per gustare il vino di alcune rinomate cantine della Sicilia. Inoltre dalla Fontana “Divina Aluntium” sgorgherà per l’occasione del buonissimo vino rosso. Fra visite guidate del borgo, convegni tematici, il concorso “Il Mastro vinaio aluntino – Vino fatto in casa”, una mostra micologica e numerosi stand enogastronomici, ci ci potrà immergere in quelle che sono le tradizioni di uno dei borghi più belli d’Italia in Sicilia.
Castelmola
Un altro borgo importante per la sua produzione vinicola è Castelmola, in provincia di Messina. Castelmola è la corona che sta in testa a Taormina, da cui dista circa 10 km, un luogo incantevole situato su di un promontorio roccioso tra cielo e mare, un balcone sullo Ionio, da cui si gode di una vista mozzafiato sulla costa ionica, sull’Etna e sulle Isole Eolie.
Le origini del borgo risalgono all’epoca greca, quando era un importante centro di produzione di vino. In epoca romana Castelmola fu fortificata e divenne un importante avamposto militare; nel 1194 il borgo fu conquistato dai Normanni, che lo fortificarono ulteriormente. Nel corso dei secoli Castelmola fu governata da diverse dinastie, tra cui gli Aragonesi, gli Spagnoli e i Borbone.
Oltre l’ombra antica dei mandorli, l’ingresso del borgo ci introduce in un luogo fatto di viuzze che s’intersecano e s’incontrano nella piazza principale, con porte e finestre riquadrate in pietra di Taormina, i colori delle abitazioni che variano dal giallo al beige e al rosa antico, i tetti a falde inclinate che portano ancora i coppi “alla siciliana”, un arredo urbano curato con i numeri civici e le insegne in pietra e ferro battuto. Numerosi gli edifici di pregio, tra cui la Chiesa Madre, il Castello Normanno e l’Arco Romano.
La produzione di vino a Castelmola ha origini antichissime. Già in epoca greca e romana il borgo era noto per i suoi vini pregiati. Oggi i vitigni più coltivati a Castelmola sono il Catarratto, il Grillo e il Nerello Mascalese e i suoi vini più famosi sono il Marzemino e il Nero d’Avola di Castelmola. Ma soprattutto Castelmola è il paese del vino alla mandorla. Don Vincenzo Blandano, titolare dell’antico Caffè San Giorgio, era solito offrirlo in segno di benvenuto agli ospiti che si arrampicavano su per il colle di Mola, e può quindi esserne considerato l’inventore. È fatto con mandorle ed essenza d’arance ed ha un sapore inconfondibile. Pane casereccio, maccheroni fatti in casa, miele, cuddure (ciambelle pasquali), mandorle chiazziate, ossia zuccherate, mostarda, fichi secchi con le noci, vino, olive e capperi, sono gli altri prodotti di questa terra generosa.
Se vuoi saperne di più sui Borghi del nostro Paese: https://visiter.it/viaggio-belli-bpost