Giano dell’Umbria
Terra di cultura e radici

Comune di GIANO DELL’UMBRIA
(Provincia di Perugia)
Altitudine
m. 547 s.l.m.
Abitanti
3650 (80 nel borgo)

Lo spirito del luogo

Il nome

Il castello di Giano, potente Comune nel Medioevo, ha origini molto antiche che risalgono agli Umbri. È stato poi antico pagus romano, conosciuto come Ianus e trae probabilmente il suo nome dall’omonima divinità pagana: Giano bifronte, una delle più antiche divinità romane; dio del passaggio.

 

La storia

Il piccolo borgo di Giano dell’Umbria appare ancora oggi ancorato saldamente alla sua terra e accoccolato tra le mura di pietra bianca e rosa, come addormentato ai piedi dei Monti Martani. Da secoli terra di passaggio, luogo di transumanza e di antichi culti, questa catena montuosa venne considerata un confine naturale tra due culture: gli Umbri e gli Etruschi, come dimostrano i tanti ritrovamenti di reperti antichi. L’area dei Martani divenne in epoca romana terra di commercio e luogo di sosta, grazie soprattutto alla realizzazione della Flaminia Vetus, che passava proprio ai piedi di questa catena. La via consolare, rappresentò fin verso il VI sec. d.C una delle arterie più frequentate dell’Italia centrale: collegare Roma ai porti dell’Adriatico e all’Italia del nord.

Il castello di Giano, grazie anche alla presenza della Via Flaminia, divenne quindi potente Comune nel Medioevo, e per la sua posizione strategica fu spesso conteso dai più forti Comuni limitrofi di Spoleto, Foligno e Todi ma anche dallo Stato Pontificio. Certamente non risparmiato dalle invasioni dei Goti, Bizantini e Longobardi, il feudo di Giano fece parte della provincia che in epoca medioevale era denominata Normannia e comprendeva un vasto territorio. Importante testimonianza dell’autonomia comunale è la redazione in latino, nel 1536-37, di uno Statuto Comunale, conservato presso la sede municipale.

Il borgo mantiene ancora oggi pressoché intatta la sua fisionomia medioevale, costituita dalla coesione di due cerchie murarie con porte, torri e postierle mostrando la tipica struttura urbanistica a chiocciola. Attraversando gli stretti vicoli del centro, si incontra la Chiesa della Madonna delle Grazie, costruita nel XIV secolo, mostra sopra il portale d’accesso lo stemma del Comune: oggi luogo di grande devozione per la presenza di un’antica immagine sacra della Madonna con il bambino; la chiesa di San Michele Arcangelo, della fine del XIII secolo, mostra invece ancora intatta la facciata in conci bianchi e rosa e il piccolo campanile a vela. Affacciato sulla stessa piazza, il Palazzo Comunale, di origine medioevale, crea una scenografia di grande pregio; rimaneggiato più volte, mostra oggi forme neogotiche, con merlatura ghibellina.

Uscendo dalla cerchia muraria, non si può perdere la visita della Chiesa di San Francesco, tra le prime costruzioni francescane in Umbria; costruita nella seconda metà del XIII secolo in corrispondenza di una delle porte di accesso al centro cittadino. Due figure di eminenti francescani, infatti, avevano origini gianesi: Frate Giordano, autore di un famoso testo la “Cronica” e Frate Bartolomeo. L’esterno, in pietra rosata, è molto sobrio e conferma l’ideale architettonico tipico delle chiese francescane. L’interno invece, vero scrigno di opere arte, conserva ancora pregevoli affreschi medioevali e una ricca decorazione barocca con tele seicentesche.

ABBAZIA DI SAN FELICE

La splendida e imponente abbazia di San Felice sorge ai piedi dei Monti Martani, immersa tra olivi e lecci secolari. L’abbazia, dedicata a San Felice, vescovo tra la fine del III e l’inizio del IV secolo d.C. di Vicus ad Martis e martirizzato sotto Diocleziano, si presenta oggi come un insieme di più strutture riferibili ad epoche diverse. La chiesa, bellissimo esempio di romanico spoletino risale al X secolo, venne costruita sul luogo di sepoltura di San Felice impiegando materiale di spoglio romano; di particolare interesse la cripta, dove è custodito il sarcofago con le spoglie del Santo venerato per la guarigione dal mal di ossa. Il chiostro cinquecentesco è il centro del complesso, decorato con affreschi del XVII secolo che raccontano il martirio di San Felice; si affacciano su questo ambiente l’Aula capitolare e il Refettorio. L’Abbazia inizialmente abitata da monaci Benedettini, passò ai Francescani e agli Agostiniani, oggi è presente la Congregazione del Preziosissimo Sangue.

 

LA VILLA ROMANA DI RUFIONE

Lungo l’antico tratto della Via Consolare Flaminia è stata ritrovata una grande villa rustica risalente alla tarda età repubblicana con continuità d’uso fino al IV secolo d.C.. La vicinanza alla Flaminia, il materiale finora restituito dalle indagini archeologiche suggeriscono una grande struttura costituita da più padiglioni, la cui estensione si calcola per intero su un’area di circa 7000 metri quadrati. La villa, realizzata in un luogo panoramico e strategico, a metà strada tra Massa Martana e Bevagna è stata attribuita, grazie al rinvenimento di un’iscrizione conservata nel museo archeologico di Montecchio, a Gaio Iulio Rufione, figlio di un liberto di Cesare.

 

I CASTELLI

Nel territorio di Giano sono presenti alcuni castelli, piccolo borghi fortificati, che caratterizzano ancora oggi il paesaggio collinare circostante e che nel Medioevo furono importanti tanto da dotarsi, tutti, di uno Statuto.

MONTECCHIO, in posizione dominante lungo la via Flaminia Vetus, divenne un importante castrum, inglobato nella cosiddetta Normandia. Il castello, un tempo diviso in quattro contrade conserva ancora oggi parte della cinta muraria, sulla piccola e graziosa piazza che ci accoglie si affacciano il palazzo del Comune, del XVI secolo con lo stemma del castello, raffigurante tre monticelli, e la chiesa di San Bartolomeo che conserva ancora la struttura medioevale, in conci di pietra bianca e rosa.

CASTAGNOLA, immerso in un paesaggio incontaminato, lega la sua storia, come quella degli altri castrum alle vicende del Comune di Giano, con il quale intesse spesso rapporti non pacifici, fu conteso inoltre dalla città di Foligno, Spoleto e Todi. Nei pressi degno di nota il Santuario della Madonna del Fosco, sorto sul luogo di una miracolosa apparizione della Vergine avvenuta nel ‘400.

MORCICCHIA

Il castello di Morcicchia, uno dei meglio conservati, ha mantenuto ancora la divisione in due contrade: San Silvestro e Castello, ed è protetto dalle antiche mura medioevali, rimane all’interno la piccola chiesa di Santa Croce e nei dintorni, la Torre di Clarignano, risalente al XV secolo che fungeva da torre di avvistamento.

 

L’OLIVO SECOLARE  DI MACCIANO

Simbolo del territorio è anche l’Olivo secolare di Macciano, un maestoso esemplare di circa 900 anni che si trova in prossimità dell’attuale frazione di Macciano, con tronco massiccio, appartenente alla varietà ‘Raja’. Dopo quello celebre di Sant’Emiliano di Trevi, è ritenuto il secondo olivo più vetusto dell’Umbria.  Fino al 1954 dall’olivo di Casariccio si recideva un ramo alla fine della raccolta delle olive, per comporre la ‘frasca’ per la festa della ‘bonfinita’: il ramo veniva ornato con fiocchi e doni (in maggioranza dolci e frutta) da offrire al caposcala e al proprietario dell’olivo. I raccoglitori in corteo, accompagnati dal suono di una fisarmonica, cantando canzoni contadine, si recavano alla casa del fattore o del proprietario della pianta per festeggiare l’avvenimento con balli e storni.  Tra le feste più importanti che ricordano questa tradizione infatti c’è la Mangiaunta e la Festa della Frasca, entrambe organizzate nel periodo di raccolta delle olive e legate a all’olio di oliva con degustazioni, visite ai frantoi ed eventi culturali.

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Piaceri e Sapori

L’OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA, cultivar SAN FELICE

Tra i prodotti tipici del territorio c’è sicuramente l’olio di oliva extra vergine, in particolare in questa zona si produce la cultivar San Felice, che prende il nome proprio dall’antica produzione di olio iniziata dai monaci dell’Abbazia di San Felice. In ricordo della sua origine questa cultivar autoctona venne chiamata San Felice e ancora oggi è una delle eccellenze del territorio, è una Dop Umbria, sottozona “Colli Martani”, insieme al Moraiolo e ad altre cultivar come Leccino, Frantoiano e, in misura minore, Rajo e Vocio. La combinazione fra diverse varietà e l’ambiente microclimatico particolarmente favorevole garantiscono la qualità organolettica e l’unicità dell’olio di Giano dell’Umbria, esportato già a partire dal XVIII secolo in Toscana, Romagna e nelle Marche, e ancora oggi apprezzatissimo.

 

I VINI: LA DOC COLLI MARTANI

La Colli Martani Doc include una produzione di vini rossi e bianchi, prodotta anche nel territorio di Giano dell’Umbria, come testimoniano le numerose cantine presenti. La zona è storicamente importante per il vino, fin dall’epoca degli Etruschi, che stabilirono i primi collegamenti stradali, facendo sì che i vini di questa regione fossero tenuti in grande considerazione nel corso dei secoli. Il Colli Martani Bianco di base è basato sul Trebbiano, che con il Grechetto è il vitigno emblema di quasi tutti i vini bianchi Umbri. I Colli Martani Rosso si basa invece su un blend di uve Sangiovese (almeno il 50%) e  Montepulciano. Tipico della zona anche il Trebbiano Doc, questo vitigno è coltivato da secoli in questa zona e ha origini antichissime. Si tratta di una varietà di uva bianca da cui si producono vini di grande qualità e personalità, capaci di esprimere al meglio il territorio in cui nascono. Il Comune di Giano fa parte anche dell’Unione delle Terre del Sagrantino, grazie alla produzione del celebre Montefalco Rosso Doc e del Montefalco Sagrantino Docg; di fama ormai mondiale. Il Sagrantino Docg viene prodotto nelle tipologie Secco e Passito ed è sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno 33 mesi.

 

Il TARTUFO

Il territorio di Giano dell’Umbria è ricco anche di tartufi che vengono sapientemente cucinati per preparare bruschette e strangozzi, prelibatezza umbra per eccellenza. Si può trovare nei boschi di lecci sia il tartufo nero pregiato, che si raccoglie di solito nella stagione invernale, sia lo scorzone; in base alla stagione è chiamato scorzone estivo o autunnale: due tipologie che presentano analogie nella forma pur avendo differenti periodi di maturazione.