Introdacqua
Nascosto tra due pinete 

Comune di introdacqua 
solo centro storico
(Provincia de L’Aquila)
Altitudine
m. 670 s.l.m.
Abitanti
2053 (500 nel centro storico)

Patrono
San Feliciano, penultima domenica di agosto
info turismo
Comune, tel. 0864 47116
www.introdacqua.gov.it
www.introdacqua.info
www.introdacquaonline.it

Lo spirito del luogo

Il nome

Introdacqua deriva dal latino inter aquas, ossia “dentro le acque”, a significare l’abbondanza di sorgenti nel territorio.

 

La storia

IX sec., la grande disponibilità di acque utili per l’agricoltura, grazie alla presenza di numerose fonti in montagna e ruscelli che scorrono nelle colline poste tra le valli di Sant’ Antonio e di Contra, inducono i monaci della potente abbazia di San Clemente a Casàuria, a mandare coloni in questo luogo per coltivarvi le terre di loro proprietà. Nasce così una prima comunità organizzata che dipende dall’abbazia e sarà poi feudo di diverse nobili famiglie, tra le quali sono da ricordare i D’Aquino e i Trasmondi.
Nel XIII sec. sorge il castello con funzioni difensive, trovandosi Introdacqua coinvolta nelle lotte interne sulmonesi.
1400 ca., viene eretto il palazzo marchesale.
1474, inizia la costruzione della chiesa madre, che sarà terminata intorno al 1510.
1654, si verifica il primo dei terremoti di cui si ha notizia; seguono quelli del 1703, 1704, 1706, 1915.
XIX-XX sec., tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e gli anni ’50 del Novecento, molti introdacquesi sono costretti dalle cattive condizioni di vita ad emigrare, soprattutto negli Usa. Per tutti coloro che vivono all’estero, le feste d’agosto in onore dei Santi Protettori sono l’occasione per tornare nel borgo.

“Tra du pinéte vèrde sta nascuoste, mmiézz’a na valle nu pajese bbelle”, recitano i versi di Nicolò D’Eramo: tra due pinete verdi sta nascosto, in mezzo a una valle un paese bello. È una canzone dedicata al “paese”, perché questo è Introdacqua: un paese com’erano quelli della nostra infanzia, anche di quella immaginaria (ognuno di noi ha nel cuore il suo “natìo borgo selvaggio”). Il paese è il luogo in cui tornare per sentirsi parte di una comunità di volti, gesti, abitudini che abbiamo lasciato ma non dimenticato; è la vita come un lungo fiume tranquillo, dove alla vita si chiede esattamente ciò che può dare.
Se si chiede di più, bisogna trasferirsi in città, e il paese resta allora lì, sullo sfondo, in un angolo, in un cantuccio dell’anima, come l’immagine de lu castiélle, la torre di Introdacqua, sentinella silenziosa ai nostri pensieri. Il territorio degli antichi Peligni è ricco di acque fluenti, che scorrono là dove lasciavano tracce le divinità dei boschi. Sorgenti, torrenti, ruscelli: il luogo non poteva chiamarsi che Inter Aquas. Ma il suo cuore – la sua radice geologica, archeologica e storica – è ancora più su rispetto all’abitato attuale. Va cercato in montagna, tra le pinete della Plaia, dove avevano probabilmente dimora i più antichi abitanti, prima della fondazione di Introdacqua. Lì ci sono i misteriosi geòdi e le sbrònze, resti di muraglia megalitica. Lì c’è il cuore duro della pietra nascosto sotto il verde manto ingannevole dei boschi. Dalla Plaia, dice una leggenda citata da Gabriele d’Annunzio, si vedrà un giorno il sole rotolare insanguinato nel cielo. Sarà l’alba di un 24 giugno, il giorno che rotolò la testa tagliata di San Giovanni Battista.

Il campanile seicentesco, costruito in pietra locale, ben simboleggia la solidità di Introdacqua, se è vero che ha resistito, senza nemmeno scalfirsi, a quattro o cinque terremoti. Gli fa da pendant, nella parte alta del borgo, la torre medievale (XIII sec.) che qui chiamano “il castello”. Si tratta in realtà di un dongione, una tipologia difensiva poco diffusa, non adatta a contenere la dimora del feudatario. Il muro di cinta, a pianta esagonale, ha il lato di m. 7,30, mentre la torre, a pianta quadrata, ha il lato di m. 5,20. Intorno a lu castiélle si sviluppa la parte antica dell’abitato, con i suoi scorci caratteristici, con le case che fanno da corona alla torre che è l’icona di Introdacqua, l’immagine che subito entra nella visuale percorrendo il viale d’accesso al borgo. La chiesa Madre è stata costruita intorno agli anni 1474-1510.
Ha l’interno basilicale a tre navate, di armonica solennità, con un bell’altare barocco. Vi sono custodite le spoglie di San Feliciano, protettore del paese. A destra del portale sud c’è un affresco dedicato a San Cristoforo. La sua attuale collocazione al di sotto del piano stradale è dovuta ad un’alluvione che ha colpito il paese. Aveva il soffitto a lacunari con 1200 riquadri raffiguranti ognuno una testa d’angelo, perduti in occasione dei restauri.
La chiesa della Santissima Trinità, edificata sulle rovine della chiesa di San Panfilio, che era stata sommersa dalla stessa alluvione che colpì la chiesa Madre, fu ultimata nel 1706. La chiesa campestre di San Giovanni Battista si può far risalire intorno al Mille e conserva alcuni affreschi originari.
La fontana vecchia è una costruzione in pietra viva, costituita da un parapetto a cortina con una vasca-abbeveratoio rettangolare per la raccolta dell’acqua. Sotto la cornice di coronamento presenta lo stemma in pietra del paese, con la data di costruzione, 1706, e la scritta in latino con i nomi dei massari dell’epoca. Furono loro a volere la grande fontana che è stata per lungo tempo l’unica fonte di approvvigionamento per gli abitanti, altrimenti costretti a recarsi alla sorgente detta la fonte delle streghe.
La chiesa di Sant’Antonio, posta in amena posizione a m.735 s.m., fu costruita nel 1518 in onore del santo invocato come protettore contro il cosiddetto fuoco di Sant’Antonio.
La chiesa dell’Addolorata, si trova nel nucleo urbano. Al suo interno vi si conservano le statue di Cristo Morto e dell’Addolorata, che vengono portate in processione il Venerdì Santo.
Il palazzo marchesale, detto anche Trasmondi dal casato degli ultimi feudatari di Introdacqua, risale al 1400. Piazzato al centro del paese con la sua mole imponente, è custode di segreti legati al potere feudale. Per la gente del posto è Còcciatuòste, dal soprannome di un membro della famiglia Susi, che nel 1855 qui fece nascondere lo scrittore e patriota Panfilo Serafini, fuggiasco da Sulmona. In anni lontani vi si era rifugiato, ospite dei D’Aquino, anche Giovanni Quatrario, l’umanista amico di Petrarca.
Delle due porte dette della terra, in passato munite di pesanti battenti che venivano chiusi al sopraggiungere della notte o in caso di pericolo, la più interessante è quella rivolta a nord, posta a ridosso del palazzo marchesale. Lo stemma quadripartito in pietra che la sovrasta è quello della famiglia Trasmondi. Tutt’intorno, i boschi degli antichi Peligni sono ricchi d’acqua, di ombra e di frescura.

Piaceri e Sapori

Escursioni sul Monte Plaia (m. 950), alle sorgenti di Capolaia (m. 700), al sentiero Forma del Mulino, al Rifugio Pelino (m.1646) e alla cima del Monte Genzana (m. 2170). Inoltre, trekking, mountain bike e sport invernali nel comprensorio sciistico Roccaraso – Rivisondoli, a 38 km dal borgo.

Acque limpide e fresche, verdeggiare di boschi e pinete, pace indescrivibile: per provare queste emozioni basta salire da Introdacqua al Monte Plaia (m. 950) o al Monte Genzana (m. 2170), facendo magari una sosta al Rifugio Pelino (m. 1646) che prende nome dal sindaco promotore nel 1924 della sua costruzione. La vegetazione intorno al borgo è costituita principalmente da macchie di querce e faggi e dal raro pino nero. Molti sono i percorsi che permettono attività sportive quali trekking e mountain bike.

Museo Regionale dell’Emigrante Pascal D’Angelo, via Piana: collocato in palazzo Trasmondi, è dedicato all’epopea dell’emigrazione italiana e, in particolare, al poeta locale Pascal D’Angelo (1894-1932) emigrato negli Usa nel 1910.
Galleria Senz’Arte Né Parte:
via L. Susi, tel. 334 9366624, www.senzarteneparte.com

Fuochi di Sant’Antonio Abate,
17 gennaio: festa tradizionale legata al culto di Sant’Antonio con benedizione degli animali.

Venerdì Santo:
processione con le statue del Cristo Morto e dell’Addolorata custodite nella Chiesa dell’Addolorata.

Domenica di Pasqua:
è la festa della Madonna che véle, che vola, andando incontro al Cristo Risorto. Secondo la credenza popolare, la caduta della statua durante la corsa sarebbe un cattivo presagio. Nel resto dell’anno, la statua della Madonna è custodita nella chiesa della Trinità, quella del Cristo Risorto nella chiesa Madre.

Festa del Sole,
24 giugno: è antica tradizione delle genti della Valle Peligna – ricordata anche da Gabriele D’Annunzio ne “La figlia di Iorio” – salire sul Monte Plaia per assistere al sorgere del sole sulla Maiella nel giorno di San Giovanni Battista Decollato, circondati dal profumo delle ginestre in fiore e dei pini.

Muntagninjazz Festival,
agosto: manifestazione musicale per valorizzare il paesaggio abruzzese.

Feste Estive,
luglio – agosto: eventi vari accompagnati dalla banda musicale, dal coro e dalle donne in costume con il caratteristico copricapo (la mantrécchie in dialetto).

Festa del Ringraziamento,
seconda domenica di novembre: manifestazione enogastronomica con stand di prodotti locali e artigianali. Per informazioni: www.futuraintrodacqua.it

Processione e Concerto di Santa Cecilia,
novembre.

Festività Natalizie:
addobbi, eventi e concerti.

I frescheriélle sono un impasto di farina di granturco e acqua, cotto in un paiolo di rame, che somiglia alla polenta, ma meno compatto. Il miglior condimento è con la salsiccia. La sera dei fuochi di Sant’Antonio Abate si assaggiano i renèti (granturco bollito). Dolce tipico locale è la malterràte, un amalgama di cioccolato denso e mandorle dolci abbrustolite.

Olio extravergine d’oliva, salumi, formaggi, aglio rosso, ceci, cereali.