Frosolone
Pietre parlanti e ferri taglienti
Comune di frosolone
(Provincia di Isernia)
Altitudine
m. 890 s.l.m.
Abitanti
3.255 (650 nel borgo)
Patrono
Sant’Egidio, 1 settembre
info turismo
Pro Loco, piazza Municipio, 1 – tel. 320.8865038
www.prolocofrosolone.it
info@comune.frosolone.is.it
Il nome
Potrebbe derivare da Frosinone: fonti dell’abbazia di Montecassino fanno riferimento a una colonia di immigrati proveniente dalla città ciociara. Chiese e monasteri benedettini presenti in zona dall’XI secolo confermerebbero il legame con Frosinone e Montecassino, anche se un’altra fonte fa risalire il toponimo al frisone, l’uccello che compare nello stemma comunale.
La storia
V-IV sec. a.C., popolazioni osco-sannitiche sono presenti sul territorio in epoca pre-romana; a nord del paese, in località Civitelle, sono visibili resti di mura megalitiche.
VII-VIII sec. d.C., con la dominazione longobarda il territorio appartiene alla contea di Isernia; documenti dell’VIII sec. citano i monti Freselona nelle vicinanze di Montecassino; un altro documento del 1020 con la medesima espressione Freselona designa un affluente del Trigno che nasce dai monti di Frosolone, rendendo espliciti i legami di discendenza con la zona di Frosinone e l’abbazia di Montecassino, attraverso la via Latina percorsa dai monaci benedettini nell’XI sec.
XII sec., sotto i Normanni, Frosolone è feudo dei Borrello di Agnone; successivamente ritorna ai conti di Isernia.
1339, una lapide con la scritta “siste et bibe, viator” è quanto resta dell’antico monastero di Sant’Onofrio.
XVI sec., i conti di Montagano diventano i nuovi feudatari; a seguire, i Marchesano e i Della Posta.
1805, il terremoto provoca la distruzione di quello che, con 6mila abitanti, era il secondo centro del Molise dopo Campobasso.
1907, la comunità di Frosolone negli Stati Uniti conta molte vittime nella tragedia mineraria di Monongah nella Virginia occidentale.
In un angolo tra i più belli dell’Appennino centrale, purtroppo sfiorato dalle pale eoliche, sta questo piccolo borgo dal fascino rurale. Delle antiche transumanze restano i profumi del caciocavallo e l’arte dei coltellinai, le stradine sul cui selciato passavano le mandrie, la pietra e la roccia che fanno da contorno. In primavera, i prati esplodono dei colori dei crochi e delle margherite calpestati da docili mucche al pascolo. Le balle di fieno raccontano l’estate, l’autunno si legge nei rami delle faggete, l’inverno è il caminetto di una fattoria che fuma. Gerani fioriti si affacciano dalle finestre e dai balconi, e il grande tiglio rende la piazza un po’ francese. Lo straordinario altare intarsiato della chiesa di Santa Maria delle Grazie è l’ultima visione che conserviamo, prima che la sera scenda sul borgo rendendolo ancora più intimo e raccolto, stretto intorno alle sue pietre, che parlano – se si vuole ascoltarle.
Disteso sull’altopiano del colle dell’Orso, ai piedi di una montagna di faggete e prati dove mucche e pecore pascolano in libertà, il borgo ha mantenuto il suo fascino bucolico. Il visitatore è colpito subito dalla stupefacente falesia della Morgia Quadra con le sue rocce dalle forme bizzarre e le stalattiti interne. Un mondo di pietra che si sposa con il verde dei pianori e dei boschi in cui si nasconde la volpe.
La scoperta del borgo può iniziare dalla centrale piazza Alessandro Volta con l’ottocentesca e monumentale Fonte Grossa e i suoi mascheroni a testa di leone. Tutta in pietra calcarea squadrata, espressione dell’artigianato locale, la fontana riporta lo stemma comunale con l’uccello frisone. Il monumento al pastore ricorda al visitatore che questo fu luogo di transumanze su antichi tratturi.
In paese, tra stradine selciate e portali in pietra che dichiarano l’età delle abitazioni, la prima chiesa che incontriamo è la parrocchiale di Santa Maria Assunta, leggermente sopraelevata e dalla facciata barocca con doppio orologio e statua frontale. L’interno, a una sola aula ma fastoso nei sei altari laterali, presenta due tele di Giacinto Diana (1731-1804). Scendendo dalla doppia scalinata, si accede al palazzo di fronte dove è ospitato il museo del Costume. Procedendo lungo il corso, la casetta del Pastore è la dimostrazione dell’abilità dei maestri casari e della bontà dei loro formaggi. Poche decine di metri più sotto, la chiesa di San Pietro e Paolo ha due tele della scultrice Amalia Duprè (1842-1928). Alla fine del corso è possibile visitare il museo dei Ferri Taglienti dove i maestri artigiani di Frosolone mostrano l’antica arte di “forgiar le lame”.
Arrivati in largo Vittoria, si resta sorpresi dall’aspetto provenzale della piazza, con il grande tiglio che la ombreggia e i gerani alle finestre. In posizione centrale, la croce viaria in pietra del 1660, restaurata nel 1825, con due leoni stilofori in stile romanico, rappresenta l’elemento di maggiore pregio del centro storico. Vicino a un’altra croce viaria, nel piccolo slargo con il monumento ai Ferri Taglienti e un tiglio ultracentenario, si trova la chiesetta di San Rocco, ad aula unica con due piccole navate laterali, organo settecentesco e statua lignea del santo. Scendendo per un breve tratto si raggiunge il convento dei Cappuccini edificato nel 1580, abbellito dal giardino, dal tiglio monumentale e dalla croce viaria del 1732. Chiuso il convento nel 1811, è rimasta la chiesa di Santa Maria delle Grazie, datata 1533, a mostrare l’opera d’arte più notevole del borgo: il magnifico altare in legno intarsiato e intagliato con nove dipinti su tavola e due su tela, di scuola umbra a cavallo tra XVI e XVII secolo.
Si completa la visita con il quartiere che si dipana intorno alla chiesa di San Michele Arcangelo, il più antico luogo di culto di Frosolone. Poco fuori del borgo, lungo la strada che porta in montagna s’incontra nella pace assoluta il piccolo eremo di Sant’Egidio.
Ai piedi della Morgia Quadra, in un posto che sembra fuori dal mondo, una casupola è racchiusa da un recinto in pietra e tante pietre collocate sui muri da un inconsapevole autore di land art, il pastore e contadino Pasquale Paolucci.
Guarda tutti i video sulla pagina ufficiale Youtube de I Borghi più belli d’Italia.
Arrampicata libera sulle pareti rocciose della Morgia Quadra; trekking a cavallo; deltaplano sull’altopiano di colle dell’Orso, passeggiate lungo il sentiero Altair.
Il paesaggio roccioso della Morgia Quadra con le sue pietre parlanti, il pianoro del colle dell’Orso con il suo laghetto, il sentiero Altair che si snoda attraverso la faggeta, rendono piacevole il soggiorno a Frosolone, grazie anche alle numerose strutture in grado di accogliere i visitatori.
Museo dei Ferri Taglienti,
via Mazzini: custodisce centinaia di oggetti recuperati dagli eredi dei lavoratori delle forbici e dei coltelli del secolo scorso; nella bottega creata all’interno del museo, maestri artigiani mostrano l’arte di forgiare le lame a Frosolone.
Museo del Costume,
piazza Municipio: espone antichi costumi della tradizione popolare di Frosolone e delle sue borgate, tovaglie e coperte di pregevole fattura.
Casetta del Pastore,
via Garibaldi: si assiste alla lavorazione della pasta filata da parte dei maestri casari e si degustano i migliori prodotti di questa tradizione, come il caciocavallo, la ricotta, la manteca.
Sant’Antonio Abate,
17 gennaio: tradizione molto sentita soprattutto nella frazione Acquevive, dove per tutta la notte gruppi di cantori intonano canti davanti alle case del paese accompagnati da organetti e fisarmoniche, ricevendo in cambio salumi, scamorze, vino e dolci per i più piccoli.
Sfilata dei Carri Allegorici,
1 agosto: i carri evocano momenti di vita collettiva e luoghi che ormai appartengono alla sfera della memoria, ma la Sagra dei Peperoni e Baccalà che ha inizio dopo la sfilata riporta tutto in vita.
Mostra mercato delle Forbici e dei Coltelli,
agosto: botteghe artigiane allestite all’aperto a dimostrazione dell’antica arte dei ferri taglienti.
La Forgiatura,
agosto: nei vicoli del paese risuonava il battito del martello sull’incudine; e anche se oggi non è più così, il ricordo della forgiatura rivive in una manifestazione di grande successo.
La Quagliata,
agosto: l’abilità dei pastori locali nel lavorare la pasta filante ha dato origine a numerose varianti della stessa, come la “treccia”.
Tartufi & Molise,
dicembre, mostra-mercato del tartufo bianco. Il territorio è ricco di tartufo scorzone, bianchetto, Moscatum e del prezioso Tuber magnatum.
Come un tempo i contadini lasciavano la pignatta borbottare sul fuoco del caminetto, così oggi sagne e fagioli sono ancora il piatto della tradizione, che anche nei ristoranti si cuoce nella pignatta di terracotta. Anche la polenta coi cicori e la pizza di grandinie conservano i sapori di un tempo, per non parlare della minestra di cascigni o dei peperoni con baccalà.
Due sono le produzioni di eccellenza: quella di coltelli e forbici – l’arte dei “ferri taglienti” tramandata di generazione in generazione – e quella di latte delle mucche in alpeggio, che gli allevatori trasformano in un pastoso e profumatissimo caciocavallo, e in genuine scamorze, manteche, ricotte. Dal territorio vengono anche tartufi e funghi in gran varietà.