Forza D’Agro’
Tra cielo e mare

Comune di forza d’agro’
(Provincia di Messina)
Altitudine
m. 420 s.l.m.
Abitanti
900 (250 nel borgo)

patrono
SS. Crocifisso, 14 settembre

info turismo

Ufficio Informazioni Turistiche
presso il Comune, Piazza Giovanni XXIII, 1;

orari di apertura e chiusura:
martedì, mercoledì e venerdì dalle ore 8.00 alle ore 14.00
lunedì e giovedì dalle ore 8.00 alle ore 18.00
Tel. 0942 721016
E-mail:  info@comune.forzadagro.me.it

www.comune.forzadagro.me.it

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Lo spirito del luogo

Il Nome

Forza da “Fortezza”. L’antico “Fortilicium d’Agrò”, cioè Fortezza d’Agrò abbreviato in Forza d’Agrò. Agrò dall’antica denominazione  Ἄrghennon (argenteo), data dai Greci al promontorio di S. Alessio, trasformato in  Ἄrgòn, in Agròn e quindi in Agrò.

La storia

Sulle colline dove si estende il territorio forzese forse vissero i Sìculi (circa 1000 a.C.). Presso la Valle d’Agrò sorgeva un porto commerciale fenicio di nome Phoinix; sulle alture esisteva una cittadella (Kallìpolis o Agrilla), andata distrutta. I Greci, tra i secoli VIII e V a. C., colonizzarono la zona. Dopo la conquista romana del 135 a. C., la specificazione greca di “Agrò” fu sostituita da quella latina di Agrylla. La zona poi passò sotto il dominio dei Bizantini rimanendovi per tre secoli (536-827). Sui poggi dell’Agrò i monaci Basiliani esercitarono il culto di rito greco-orientale, favorendo la nascita del Monastero e della Chiesa dei S.S. Apostoli Pietro e Paolo d’Agrò. Nel sec. VIII divennero sempre più frequenti le incursioni saracene e fu distrutto dagli Arabi il Monastero dei S.S. Pietro e Paolo. Al Gran Conte Ruggero il normanno si attribuisce la costruzione del Castello di Forza d’Agrò e la riedificazione del Monastero dei S.S. Pietro e Paolo. In un diploma di Re Ruggero II del 1117 si fa per la prima volta menzione del “Vicum Agryllae”, il villaggio esistente ai margini della Fiumara d’Agrò. Quando il “Vicum” non risultò più sufficiente ad un popolo in espansione ed in cerca di sicurezza, la gente si spostò più a monte, prima in contrada Casale e poi presso l’attuale collocazione.

In contrada  Màgghia, un quartiere è cresciuto su una radura di fronte all’Etna. Attorno all’austera Guardiola del Castello è sorto anche il pittoresco borgo del Quartarello e Università d’Agrò è stata detta la “comunità” forzese, che oggi  chiamiamo “Comune” di Forza d’Agrò. Nella “Rivolta del Vespro” del 1282 contro i Francesi, Forza d’Agrò ha dato il suo contributo inviando 20 arcieri a sorvegliare la via da Taormina a Messina. E’ nel sec. XIV che il paese ha cominciato a prendere forma nel luogo che ha conservato per sempre,  intorno al Castello. Dopo la rivoluzione del 1674, che ha visto coinvolti Spagnoli e Francesi, Forza d’Agrò, fedele alla Spagna, sconfitta, è stata trattata come terra di conquista. Assorbita dalla vicina  Savoca, ha perso i privilegi donati da Ruggero II. Agli inizi dell’800, gli Inglesi hanno occupato il Castello. Forza d’Agrò ha partecipato ai Moti del 1848. Nei primi anni del ‘900 molti forzesi sono emigrati verso le Americhe. Nel 1948 è avvenuta la separazione di S. Alessio da Forza d’Agrò; la località Scifì è rimasta nel territorio forzese come pure il tratto costiero che va da Capo S. Alessio fino al torrente Fòndaco Parrino. Dopo la nuova emigrazione degli anni ’50 e ’60, la cittadina ha cominciato ad assumere un aspetto moderno con la realizzazione di strade, ville e piazze, il restauro di importanti beni culturali, l’avvio degli esercizi pubblici ed è stata location di importanti film come “Il Padrino” parte 1, 2, 3.

Le case si addossano l’una all’altra affacciandosi sulle strette vie; esse si innalzano alte e strette e si distinguono per i portoncini ad arco in pietra arenaria, in cui la “chiave” ha forme varie. Anche le finestre, architravate, sono costituite da blocchi di arenaria. I balconcini in ferro battuto sono sostenuti da mensole sagomate e sono caratteristici per i reggi vasi fioriti o che sostengono le piante di basilico e quelle di aloe. Sono case costruite con terra e pietre locali.

Si giunge a Forza d’Agrò percorrendo la S.P. 16, che si parte dal Capo S. Alessio. I 4 km costituiscono un viaggio incantevole. Man mano che la strada va in alto, sempre in vista del mare, si ammirano scorci paesaggistici unici. La “salita” è costituita da una serie di terrazze coltivate a ulivi, mandorli, fichi, che fanno gustare, oltre che sentire, il profumo di una realtà che sembra sia rimasta nei secoli intatta. Dal Belvedere “Dammuseddu”, posto su un’estremità rocciosa, a picco sul mare, si abbraccia con un solo sguardo quasi tutta la costa sicula e quella calabrese posta di fronte. Ecco il tempo di finire un sogno e già un altro si fa largo nella mente: il paese. Dalla Piazza S. Francesco si può iniziare il “giro” turistico del borgo, ammirando il paesaggio, l’architettura, le opere d’arte. In particolare le chiese, i palazzi, le case che si addossano alla via SS. Annunziata, i panorami che si ammirano ad ogni passo, i luoghi-location di tanti film, primo tra tutti “Il Padrino”.

 

Cosa vedere:

 

Chiesa di San Francesco: Sec. XVI – Nel tabernacolo del 1682, sopra l’altare maggiore, era collocata la statua di marmo di S. Caterina d’Alessandria (ora nella Chiesa Madre).

Arco Durazzesco: di stile gotico-catalano, risalente alla fine del ‘400. Vi si accede tramite una scenografica scalinata in pietra arenaria. Vicino ad esso l’arco “agostinicchiu”.

Chiesa della SS. Trinità: ricostruita nel 1576 sull’ossatura del ‘400. E’ la chiesa della Confraternita omonima. Sull’altare maggiore c’è il quadro “Abramo nel deserto” (copia).

Ex Convento degli Eremiti di S. Agostino con chiostro: risalente al 1591, anno di concessione ai frati agostiniani della chiesa della Triade da parte della Confraternita omonima.

Cripta nel convento agostiniano: colatoi in muratura e disegni che decorano il piccolo ambiente adibito alla mummificazione (restauro del 2000).

Piazza Vincenzo Cammareri, dedicata all’illustre medico di Forza d’Agrò morto nel 1911; al centro c’è una fontana con stele turrita.

Chiesa Madre: dedicata a S. Maria Annunziata e Assunta, in stile barocco, dell’inizio del ‘700, ricostruita sulla “vecchia chiesa” del ‘400. Restaurata nel 2001. E’ ricca di opere.

Quadro dell’Annunciazione nella Chiesa Madre (primi decenni del ‘500). Opera antonelliana, larga 2,15 m ed alta 2,50. In una maestosa cornice del 1560.

Croce dipinta su tavola: il SS. Crocifisso, patrono. Nella Chiesa Madre, di autore ignoto, sec. XV. Dimensioni: 2,15 m per 1,56. L’immagine miracolosa è portata in processione.

Coro in noce intagliato nell’abside della Chiesa Madre, del sec. XVIII, d’autore ignoto: è costituito da 24 stalli raffiguranti scene di vita della Vergine e di Gesù.

Case di via Roma: case settecentesche appartenute all’aristocrazia forzese (Guarnera, Giardina, Quagliata, Miano) col vicino ottocentesco frantoio Muscolino.

Casa Crisafulli-Gussio: Sec. XVIII, in piazza Duomo, è caratteristica per i balconcini aggiranti ed i  ferri reggi tende.

Vicolo delle carceri: coperto da costruzioni, con sotterranei per potersi nascondere e difendere, con le inferriate degli angusti ambienti adibiti a luogo di reclusione.

Via SS. Annunziata, con le case alte e strette, addossate le une alle altre, caratteristiche per i portoncini ed i balconi; i principali palazzi si affacciano su di essa.

Palazzo Miano-Pizzolo: Sec. XVII, nella via SS. Annunziata, è caratteristico per il balcone sostenuto da larghe mensole in pietra arenaria aventi motivi geometrici e floreali.

Palazzo Mauro: Sec. XVII, in via Laino, dalla mole maestosa, con ampie finestre architravate e portico con grandi arcate ad angolo. Di fianco sono i resti di un frantoio.

Palazzo Bondì: Sec. XVII, all’inizio di via Portello, con balcone in ferro bombato sorretto da mensole sagomate e con due finestre ellittiche in pietra arenaria.

Palazzo Garufi-Schipilliti: Sec. XVII, ristrutturato nel 1771, in via SS. Annunziata. Insieme ad ambienti finemente decorati aveva palmento, cantina e magazzino dell’olio.

Piazza Pasquale Carullo, vera e propria “terrazza sullo Stretto di Messina”, da cui è possibile ammirare nelle tiepide sere di agosto le “stelle cadenti”.

Chiesa di S. Antonio Abate: Sec. XVI, alla fine del borgo, ha un portale in pietra arenaria lavorata. E’ oggi adibita a Museo d’Arte Sacra.

Rocca: quartiere con case erette su roccia, con caratteristica piazzetta tonda detta “u tunnu” con vista panoramica e sedile circolare accogliente per una chiacchierata in gruppo.

Quartarello, borgo dall’impianto urbanistico tipico medioevale, addossato alla rupe del Castello,  con le stradine a zig zag, le scalinate di pietra, le case con i tetti di tegole.

Casetta cinquecentesca al Quartarello, con il portone d’ingresso racchiuso da modanature sporgenti e con mensole antropomorfe che sorreggono il balcone fiorito.

Castello normanno, eretto secondo la tradizione dal Conte Ruggero nel sec. XI, con torre campanaria e mura provviste di feritoie. E’ stato ristrutturato nel 1595.

Guardiola del Castello: si erge ad un tiro di schioppo dal forte. Strumento di offesa e di difesa, con feritoie, svetta con la sua sagoma massiccia dominando su tutto l’orizzonte.

Magghia, antico borgo. Le case, incollate le une alle altre, erette su roccia, si affacciano su stretti viottoli. Eccelle il dipinto dell’Onnipotente nella chiesa di S. Sebastiano.

Palmenti rupestri scavati nella roccia e rurali, nella campagna forzese, con vasche larghe e profonde, su due livelli, per la pigiatura dell’uva e la raccolta del mosto.

Aie, nei luoghi ventosi della campagna forzese. Rotondo terreno spianato e contornato da pietre in esso ficcate, usato per la trebbiatura.

Macigni “mammellonati” con grotte scavate dagli agenti atmosferici ed usate nel tempo come eremitaggi e come ricovero per persone e cose.

Monte Rocca Scala: stretti viottoli e ripide scalinate di pietra, protetti da massi di arenaria, in un continuo saliscendi, portano alla campagna forzese, a Santoleo e a Recavallo.

Ville Comunali “G. Falcone” e “D. Lombardo”, terrazze con aiuole fiorite, alberi e fontane, con vista sullo Stretto di Messina, la Calabria e la Baia di Taormina.

Piaceri e Sapori

Nel 2016 è stato inaugurato nella Chiesa Madre il Museo Parrocchiale di Arte Sacra, dedicato a p. Antonino Catanese, arciprete nei primi decenni del ‘900.

Nel Museo sono esposti oggetti liturgici opera di argentieri messinesi. Un Ostensorio d’argento del sec. XVII custodisce una reliquia del “legno della Santa croce” (cm 38×19).

Varie opere sono esposte nella Chiesa Madre.

 

L’opera d’arte principale del Comune è una Croce dipinta su tavola  d’autore ignoto di ambito messinese, sec. XV,  corrente antonelliana, cm 206 x 164, tecnica a tempera.

 

Presentazione – Il SS. Crocifisso, proveniente dall’omonima chiesa sita nel castello normanno, è dal 1834 collocato presso il 4° altare di sinistra nella Chiesa Madre. Il prof. Stefano Bottari, nel suo libro Forza d’Agrò (1927) ha fatto dell’opera d’arte la seguente descrizione: «L’artista ha fuso in questa croce l’umano e il divino: l’umano in quella forte rimarcazione delle viscere come contratte dallo spasimo di un dolore inespresso; il divino nella calma serena e mirifica che piove da quegli sguardi reclinati – ché di una natura superiore partecipano anche la Vergine ed il precursore – in quelle braccia immobili del Cristo – distese su di una lista di nero che li risalta – che sembrano sciogliersi dal martirio per riunire in un solo dolorante abbraccio la folla degli adoranti.

Integra questo senso profondo e mistico di “Pietas” la scena solitaria e simbolica del pellicano, che pasce con il sangue zampillante dal petto, squarciato dal suo stesso becco, i piccoli nati.»

 

Nell’abside della Chiesa Madre, in una cornice del 1560, c’è una Annunciazione dipinta su tavola, di scuola antonelliana; inizio sec. XVI; dimensioni: 250 x 215 cm; olio su tavola.

 

Presentazione – L’autore, che secondo il critico Brunelli sarebbe il pittore messinese Stefano Giordano, nel lato destro del quadro ha dipinto la Vergine vestita di rosso con un mantello azzurro e recante sul capo uno scialle bianco. Ella, seduta, legge un libro che tiene aperto sulle gambe ed ha le braccia come in segno di preghiera. Alla sua destra, su un inginocchiatoio, c’è un altro libro aperto. Nel lato sinistro del quadro è dipinto un angelo con la veste legata alla vita, col manto damascato rosso ed oro e mantello verde svolazzante sulle spalle. Egli tiene nella mano destra uno scettro, mentre con l’altra mano indica con forza il cielo alla Vergine. La scena è chiusa sullo sfondo da un paesaggio montuoso mentre in alto, tra le nubi, Dio benedice la colomba che irradia la sua luce sulla Vergine e sulla terra, dove un uomo ed una donna sono rappresentati nella concezione umana dell’amore. Nella parte superiore del soffitto, che regge un lampadario a raggiera, è rappresentato Mosè con le tavole dei Dieci Comandamenti. In primo piano, una piantina d’erica ravviva l’ampio pavimento.

Il prof. Bottari, che nel 1942 ha visionato l’opera, ha scritto: «A noi invece par di leggere un chiaro influsso di Girolamo Alibrandi.»

 

Nella Chiesa Madre, dietro l’altare maggiore, si estende un Coro in noce intagliato, a due ordini di sedili. Autore ignoto, manifattura siciliana del sec. XVIII, dimensioni 3 x 16,50 m.

 

Presentazione – I dossali dei 24 “stalli”, che ornano la parte inferiore dell’abside, ciascuno di circa 90 x 58 cm, rappresentano, nell’esuberante apparato plastico-decorativo, “momenti” della vita della Vergine, dal concepimento fino alla glorificazione in cielo, e di suo figlio Gesù. Ogni specchiatura ad arco è delimitata da elementi decorativi, lesene percorse da eriche e culminanti con capitelli tuscanici sui quali c’è sempre una faccetta d’angelo alata, reminiscenza secentesca.

I dossali sono percorsi da due fasce decorative delle quali quella inferiore è più larga.

Un fregio ornato, sempre in legno intagliato, si adagia sulla sommità degli stalli, con motivi fogliacei e floreali. I seggi sono separati da braccioli finemente lavorati ad intarsio con volute in diverse varianti, che la luce naturale variamente illumina nell’arco della giornata.

 

Statua di S. Caterina d’Alessandria. Nel 1559 per la chiesa di S. Caterina, Martino Montanini e Giuseppe Bottone hanno scolpito la statua in marmo alta 195 cm.  Oggi è collocata sul 3° altare di sinistra della Chiesa Madre.

 

Presentazione – La statua rappresenta la Vergine come una giovane vestale romana. Un ampio mantello le copre il vestito aderente ed è tenuto, insieme ad un libro, dal braccio e dalla mano sinistra della Santa. La mano destra, invece, sospinge una lunga spada nella testa dell’imperatore che ne ha ordinato il martirio. Il viso della giovane è ovale ed il collo lungo.

Così ha scritto Stefano Bottari nel suo libro Forza d’Agrò (1927): «Gli occhi, percorsi da un fremito vibrante di vita, sfuggono dalle nitide sagome lunate delle sopracciglia e si affissano, un po’ duramente, al cielo, dove tutte le tempeste umane svaniscono in una serenità senza confine.»

Nel plinto sono raffigurate scolpite la storia “che fu messa alla ruota”, la storia “di come fu decollata” e la storia “di come glia angeli presero la sua santissima anima”.

 

Nella Chiesa Madre sono presenti quadri dei secoli XVII e XVIII di noti pittori siciliani come Placido Celi e Paolo Filocamo. Il primo è autore del “San Gaetano e la Vergine”, il secondo di una “Sacra Famiglia”. Notevole è pure il quadro di Giovanni Comandè raffigurante la “Madonna del Rosario tra i S. S. Domenico e Caterina” (secolo XVII).

Nelle feste religiose si è mantenuto gran parte del patrimonio socio-culturale forzese. In particolare ricordiamo le feste del SS. Crocifisso, della SS. Trinità e dell’alloro.

 

Festa del SS. Crocifisso (patrono): si svolge il 14 settembre. Al grido di “E chiamàmulu sempri ‘o spissu! Evviva lu Santissimu Crucifissu!”, l’immagine miracolosa è portata in processione.

Festa della SS. Trinità: negli anni dispari, nel suo giorno o in estate. Caratteristico è l’incontro tra le Confraternite di Forza e Gallodoro, col bacio degli stendardi e la distribuzione delle cuddure.

Festa dell’alloro: Lunedì di Pasqua, con processione dei Sacri Oli e degli stendardi di alloro realizzati dai giovani. Segue benedizione dell’alloro e distribuzione delle cuddure.

Distribuzione delle cuddure, piccole ciambelle realizzate nel centenario forno della Triade, donate alle feste della Trinità e dell’alloro, conservate in casa in segno di buon augurio e protezione.

Presepe vivente: il giorno dopo Natale le viuzze medioevali sono trasformate in … Betlemme, con la rappresentazione dei vecchi mestieri, gli zampognari e l’assaggio di prodotti tipici.

Vini In-chiostro: degustazione guidata di vini, si svolge in luglio nel chiostro del convento agostiniano, con la partecipazione di sommelier professionisti e cantine di prestigio.

Premio “Borgo fiorito”: balconi, finestre, vicoli sono resi più accoglienti attraverso l’utilizzo di fiori che accompagnano, nel loro giro del paese, i turisti.

Ottobrata forzese: tutte le domeniche di ottobre si svolge nella piazza Giovanni XXIII un evento gastronomico e artigianale che richiama negli stand tanta gente dai Comuni vicini.

Gemellaggio tra i Comuni di Forza d’Agrò e Marktoberdorf: patto di fratellanza, con scambi di visite, con la cittadina tedesca dove tanti forzesi sono nati ed hanno lavorato.

Il territorio collinare di Forza d’Agrò è adatto all’escursionismo a piedi, in bicicletta o a cavallo, potendo godere di un contatto diretto con la natura.

La luminosità dell’aria e la sua purezza consente agli appassionati di fotografia la ripresa di vasti orizzonti marini e montani, dei fiori e delle piante tipiche.

E’ possibile camminare lungo percorsi particolari quali sono i sentieri della campagna forzese. Alla vista dell’escursionista si offrono panorami indimenticabili e paesaggi naturali che si possono ammirare e fotografare. L’attività svolta dal “Gruppo Volontari Sentieri” ha permesso di ripristinare le mulattiere ed i sentieri percorsi un tempo dai contadini, a piedi o a dorso d’asino. In particolare sono adesso percorribili il sentiero che porta dal Vignàle a Monte Recavallo transitando per le Rocche a Scala ed il sentiero che conduce alla Chiesa dei S. S. Pietro e Paolo d’Agrò (oggi in Comune di Casalvecchio) passando per l’antico lavatoio del Canale e gli scavi archeologici di Scifì. L’Associazione ha riscoperto anche il sentiero Forza d’Agrò-Taormina e il sentiero Forza d’Agrò-Fòndaco Prete, che conduce al mare di Forza d’Agrò.

Qua e là si scorgono vecchi casali e palmenti abbandonati. Dalle alture si ammira un paesaggio unico, che va dal mare dello Stretto di Messina fino all’Etna innevato e fumante.

Cacciagione e pesce, ma anche carne (ovina, bovina e suina) costituiscono i secondi piatti del forzese e del forestiero che preferisce Forza d’Agrò per i suoi periodi di relax.

Coniglio all’agrodolce, braciole alla messinese, salsiccia col finocchietto arrostita, stoccafisso “a ghiòtta”, sarde “a beccafico” assieme ai classici e tradizionali maccheroni al sugo, il tutto bagnato dal “forte” vino rosso locale e accompagnato dai tradizionali antipasti e contorni forzesi a base di melanzane, peperoni sott’olio, olive bianche e nere, pomodori secchi, attendono chiunque abbia voglia di esaudire i propri appetiti con piatti antichi e genuini.

Il pesce fresco è preparato in tutta la sua varietà dai cuochi locali. II profumi e i sapori sono insomma ancora quelli di una volta.

Per rinfrescare la gola nei momenti di maggior arsura, sotto i pergolati dei bar, è sufficiente ricorrere alla classica “granita di limone” o ad una “caffè con panna e brioche”, sapientemente preparate dai baristi locali..

Oggi i principali prodotti del borgo sono quelli derivanti dall’agricoltura, in modo particolare olio e vino.

Già dal tempo dei Romani i vini del comprensorio di Taormina erano tra i più famosi del mondo antico, tanto da essere esportati ed apprezzati ovunque. Nella campagna forzese rimangono ancora tanti palmenti, rupestri e rurali.

Anche le guide turistiche dell’800 sottolineavano come a Forza d’Agrò si “esporta olio e seta”.

E ancora:

«Il suo primario commercio di esportazione consiste in olio ed in seta. L’aria è sana.»

La coltura del baco da seta e la produzione della seta è rimasta solo nei ricordi degli anziani.