Vallo di Nera
Una bellezza che non s’abbandona
Comune di vallo di nera
(Provincia di Perugia)
Altitudine
m. 437 s.l.m.
Abitanti
430 (150 nel borgo)
info turismo
Comune, tel. 0743 616143
Pro Loco, tel. 0743 616242
SAT Cascia, tel. 0743 71127
CEDRAV, tel. 0743 922129
Comunità Montana Valnerina, tel. 0743 816938
www.comune.vallodinera.pg.it
www.laterradeiracconti.it
Il nome
Di origine romana, l’antico nome del borgo era Castrum Valli, e poteva significare sia “castello della valle” sia “castello del vallo”, ossia luogo fortificato (vallum). Il riferimento al fiume Nera è stato aggiunto dopo l’Unità d’Italia.
La storia
IV-II sec. a.C., i Romani penetrano nel territorio abitato dalle tribù Naharci (il cui etimo è riferibile al fiume Nahar, il Nera), secondo alcuni storici imparentate, dal punto di vista etnico e linguistico, con i Celti.
IV-VI sec. d.C., testi agiografici parlano di cristiani fuggiti dalla Siria e arrivati in Valnerina dove, vivendo come eremiti, fondano insediamenti anacoretici e bonificano la valle. L’insediamento di Vallo con la chiesa di San Giovanni dipende dalla pieve di Santa Maria di Narco, una delle più antiche della Valnerina.
1217, l’8 settembre il podestà di Spoleto concede agli uomini di Vallo il diritto di erigere un castello sotto la sua signoria, in cambio di protezione e difesa. Vallo entra così nell’orbita di Spoleto e s’impegna a versarle tributi e a fare guerra o pace secondo le sue direttive.
1361-1490, in questo periodo il castello di Vallo – riferiscono documenti del Comune di Spoleto – è il più popoloso e munito della Valnerina. A seguito di un aumento demografico, si ha una prima espansione edilizia nel XV sec. intorno alla chiesa di Santa Maria, e un’altra nel XVI, quando al di fuori delle mura sorge il borgo dei Casali, con le botteghe artigiane e le case-torri (poi trasformate in colombaie).
1522-23, si forma una coalizione dei castelli della valle contro Spoleto capeggiata da Petrone da Vallo e Picozzo Brancaleoni. Petrone uccide il governatore pontificio venuto per sedare la rivolta. Il castello di Vallo – scrive uno storico – “è preso, fatto tutto pieno di rovine e di sangue e spogliato d’ogni cosa”. Petrone è bruciato vivo e nel 1527 passano a depredare anche i Lanzichenecchi, che vi lasciano la peste. Il paese rinasce più tardi, come testimoniano molti architravi cinquecenteschi e l’affresco di Jacopo Siculo del 1536 nella chiesa di Santa Giovanni, in cui Vallo è raffigurata con le mura intatte e le case-torri.
Vallo è un sogno medievale, una perfetta sintesi dell’incontro tra natura e cultura. La calda atmosfera della pietra che custodisce il passato, lascia spazio ai ciuffi d’erba che tenacemente spuntano dalle fessure a rappresentare la vita che continua, e s’intona con il cielo turchese e il verde dei monti circostanti. Al visitatore, il borgo apre lo scrigno del suo dedalo di vicoli, archetti, mensole, finestrelle, loggette rampanti. Non un’automobile, non un rumore che non sia quello dei gesti domestici o del gocciolare delle fontanelle, a disturbare la passeggiata per le scalette del borgo. Le case si aggrappano l’una all’altra sul poggio lambito dal fiume Nera, a formare un ventaglio di pietra racchiuso dalla cinta muraria e dalle torri. Le stradine si aprono su minuscole piazze dove l’arte romanica ha eretto chiese sorprendenti, non immaginabili in un posto così piccolo.
Vallo di Nera è un paese monumento. E’ un borgo che emerge a stento dai boschi con le sue case di pietra chiara, straordinariamente conservato dal 1217, da quando la città di Spoleto concesse agli uomini di Vallo di costruire un castello a difesa della valle, sul colle dove in precedenza sorgeva una rocca. Si presenta, dunque, come una fortezza medievale con un impianto urbanistico a pianta ellittica, eretta su un colle del versante sinistro del fiume Nera. Le mura possenti e le antiche torri circondano le case in pietra che sono addossate le une alle altre e interrotte solo da ripide viuzze, da archi e sottopassaggi. Due porte simmetriche, Portella e Portaranne, permettono l’accesso al paese-castello, dove il transito è consentito solo ai pedoni.
Una volta dentro è più che mai medioevo: feritoie, mensoloni, passaggi stretti, vicoli bruniti e serrati, le preziose chiese romaniche e i portali in pietra, la casa-torre del fiero Petrone che guidò la rivolta dei castelli della valle contro Spoleto. Tre chiese romaniche, poste nel castello ai vertici di un immaginario triangolo, sono i tesori artistici di Vallo di Nera. San Giovanni Battista domina il paese sulla parte più alta del colle. Originariamente romanica (sec. XIII), fu ampliata e in parte ricostruita intorno al 1575 (la data è incisa sull’angolo sinistro della facciata). A questo periodo risalgono la facciata con il campanile, il portale e il rosone. All’interno, l’affresco del catino absidale è una splendida opera del 1536 di Jacopo Siculo, dedicata alla Morte della Madonna. Sul fronte dell’arco il maestro ha dipinto una delicata Annunciazione e le figure di San Sebastiano e San Rocco a grandezza naturale. La chiesa francescana di Santa Maria è stata iniziata nel 1273 e si presenta con un bel portale gotico e un campanile turrito. L’interno sorprende per la quantità di affreschi che ancora la adornano, opera di artisti di scuola giottesca. Tra questi, spiccano la Processione dei Bianchi, dipinta da Cola di Pietro nel 1401 (l’affresco è una delle fonti più complete del movimento penitenziario dei Bianchi che attraversò l’Italia nel 1399) e il Martirio di Santa Lucia, di un pittore di Camerino del XV sec. Qui sono ancora i campanari a suonare manualmente le campane, collocate nella possente torre quadrata, su scale di accordi immutati nel tempo. La terza chiesa intra moenia è quella dedicata a Santa Caterina, eretta nel 1354, in cui oggi trova spazio un piccolo auditorium. Al di fuori delle mura, si trovano il quattrocentesco borgo di Santa Maria con la chiesa francescana, e il borgo dei Casali d’origine cinquecentesca con la chiesetta di San Rocco, l’edicola dell’Immagine delle Forche, l’eremo di Sant’Antonio e con le vecchie botteghe artigiane a dente, le fonti, le edicole campestri, le torri colombaie. Interessante è pure la chiesa di Santa Maria dell’Eremita, antica abbazia benedettina sorta su celle eremitiche presso la frazione di Piedipaterno.
Da visitare, infine, la pieve di Paterno e la chiesa di San Michele Arcangelo a Meggiano, dopo aver ritrovato in questi antichi villaggi l’elegia del tempo passato.
Qui si ammirano portali e cornici in pietra, mensole sporgenti (con al centro il foro che serviva per asciugare le pannocchie e appendere i drappi), ci si imbatte negli orti e nei forni per cuocere il pane. Pietra, legno e mattoni parlano a Vallo di Nera. In questo paesaggio fuori dal tempo, i cui abitanti stanno lottando contro l’abbandono, vengono in mente tre parole di Dostoevskij: mir spasët krasota, la bellezza salverà la terra. La bellezza è un tremendo retaggio, che non si abbandona.
Pesca a mosca, rafting, escursionin canoa, trekking sui monti Coscerno e Maggiore, escursioni con i muli, passeggiate a piedi, in bicicletta e a cavallo, piscina.
Dal borgo si sviluppa una fitta rete di sentieri a quote diverse da percorrere a piedi, in bicicletta o a cavallo. Sono incantevoli le vedute panoramiche di Vallo dalla vecchia strada per Spoleto e dalla strada della montagna. Vallo di Nera è inserita in una terra – la Valnerina – ricca di verde e di silenzi che invitano alla meditazione, ma anche pronta ad imbandire tavole in allegria con i prodotti del luogo. Dagli eremi e dalle abbazie benedettine alla buona cucina, la zona intorno a Vallo è in grado di soddisfare sia i bisogni spirituali sia quelli materiali. Seguendo il percorso del fiume Nera e dei suoi affluenti si possono raggiungere centri carichi di storia e tradizioni, come Ferentillo, Cascia, Norcia. Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, che culmina nei quasi 2500 m. del monte Vettore, è un’altra splendida meta per i visitatori.
La Casa dei Racconti,
via della Scuola, tel. 0743616143,
alessandra.ricci@comune.vallodinera.pg.it |
Centro multimediale di ricerca e documentazione sulla letteratura popolare, la Casa è un luogo fisico e virtuale insieme, perché da un lato raccoglie il materiale cartaceo, editoriale, audiovisivo e digitale prodotto dalle ricerche e dai depositi degli studiosi e degli appassionati della cultura popolare, dall’altro permette attraverso un sito Internet agli interessati di consultare e, soprattutto, depositare le proprie storie. www.laterradeiracconti.it, concorso@laterradeiracconti.it
Archivio storico,
via della Scuola. Conserva manoscritti dal XVII al XX secolo.
Fior di Cacio, www.fiordicacio.com
giugno, rassegna di formaggi con degustazione e seminari.
La Terra dei Racconti,
luglio-agosto. Il calendario prevede una rassegna di teatro in piazza, gli incontri con gli autori, una rappresentazione di storie itineranti (un percorso narrativo per le strade di Vallo, con soste nei luoghi che sono stati teatro di storie e leggende), una kermesse popolare di poeti a braccio, l’assegnazione del premio letterario.
FestiVallo e Sagra della Lumaca, agosto, cene e divertimenti in piazza.
Presepe Vivente e Canto della Pasquarella,
24 dicembre e 5-6 gennaio.
La Bisaccia di San Silvestro,
dicembre, mostra dell’artigianato e di prodotti locali.
L’offerta è variegata. Si va dagli strengozzi col tartufo, al tortino di farro con zafferano e funghi, dall’agnello locale tartufato, alla trota di fiume cotta alla brace. Ottimi gli gnocchi al castrato (da assaporare in estate nelle sagre organizzate in piazza sotto il cielo stellato) e il pecorino alla griglia.
Tra i dolci, squisiti quelli con la ricotta e la ‘ttorta di Natale che si ottiene avvolgendo nella pasta sfoglia croccante, mele cotte, frutta secca tritata, cioccolato, cannella e noce moscata.
L’intera Valnerina è una generosa dispensatrice di profumi e sapori, a partire da quelli inebrianti del tartufo nero pregiato – che qui è incontrastato sovrano – a quelli inconfondibili del formaggio pecorino, dei salumi, del farro, della lenticchia, delle trote del fiume. Non mancano, in un posto così ricco di tradizioni, le lavorazioni artigianali, come quelle dei canestri intrecciati a mano, dei merletti, del ferro battuto, dei mobili. Presso qualche agricoltore è possibile acquistare l’olio extravergine d’oliva prodotto sulle pendici sassose e assolate.