stemma-carloforteCarloforte
Anima ligure

Comune di carloforte
(Provincia di Sud Sardegna)
Altitudine
m. 211 s.l.m.
Abitanti
5993

Patrono
San Pietro Apostolo, 29 giugno
info turismo
Pro Loco, Corso Tagliafico – tel. 0781 854009
Comune, tel. 0781 8589237
www.comune.carloforte.ca.it

Lo spirito del luogo

Il nome

Carloforte deve il suo nome al re di Sardegna Carlo Emanuele III che ne favorì la fondazione nel 1738.

 

La storia

VIII sec. a. C., risale a questo periodo lo stanziamento fenicio nell’isola di San Pietro, già frequentata in età neolitica e abitata dall’età del bronzo, come testimonia l’esistenza di diversi nuraghi.
VI sec. a. C., la presenza cartaginese nell’isola di San Pietro è documentata dal ritrovamento di ceramiche, tombe a camera, monete di bronzo e resti di edifici.
III sec. a. C., un’iscrizione punica rinvenuta a Cagliari riporta l’antico nome dell’isola – ‘YNSM, ovvero Inosim, “isola degli sparvieri” – che probabilmente ricalcava quello del primitivo abitato fenicio; l’iscrizione fa riferimento a un luogo di culto dedicato al dio Baal-Shamim (o Beelshamên).
I sec. a. C., monete di età imperiale attestano la presenza dei romani: il nome da loro dato al luogo – Accipitrum insula – ha lo stesso significato di quello fenicio-punico: “isola dei falchi”, degli sparvieri.
1720, con il trattato dell’Aia la Sardegna è assegnata a Casa Savoia.
1738, fondazione di Carloforte da parte di una colonia di pescatori genovesi provenienti dall’isola di Tabarka, al largo di Tunisi, dove si erano stabiliti dal 1541 per sfruttare i ricchi banchi di corallo. A favorire il ripopolamento dell’isola di San Pietro è il re Carlo Emanuele III, che affida il progetto all’ingegnere La Vallée. Carloforte è edificata su una piccola altura vicino alla marina, con rete stradale a maglie regolari e protetta da bastioni.
1798, l’ennesima incursione dei pirati barbareschi, che si conclude con la deportazione in Tunisia di quasi mille persone, richiede la costruzione nell’area del porto di una nuova cinta muraria, iniziata nel 1806 e conclusa nel 1810.

Inosim era il nome cartaginese dell’isola di San Pietro. I greci la chiamavano Hieracon Nésos, i romani Accipitrum Insula, ma il significato era sempre lo stesso: “isola degli sparvieri”. Il veleggiare dei falchi sulle rocce laviche della piccola isola disabitata, adagiata su un mare blu scuro e spazzolata dal maestrale, è il primo atto di fondazione. La seconda presa di possesso porta la data del 1738, quando vi sbarcarono gli abitanti di Tabarka, isola tunisina e colonia ligure, per fondarvi una città.
Ancora oggi Carloforte appare come un pezzo di Liguria trapiantato in Sardegna: liguri sono i colori delle case, il dialetto, le abitudini, i modi dell’abitare. L’architettura è mediterranea con ballatoi, scalinate, carruggi e inserti arabi (a sbarrare le mura di cinta ai pirati barbareschi c’era la Porta Cassebba, da kasba). Case e palazzetti sette-ottocenteschi di un certo decoro fanno da quinta alla marina, lasciandosi alle spalle le nuove e anonime edificazioni. Carloforte, isola nell’isola, è l’esempio di una comunità marinara aperta ai traffici e capace di sintetizzare le diverse culture del Mare Nostrum, dai remoti fenici e cartaginesi ai naviganti greci, dai romani che qui facevano rifornimento di grano ai liguri tunisini, che vi hanno lasciato l’ultima e definitiva impronta.

L’estremo lembo occidentale d’Italia è la piccola isola di San Pietro, il cui unico centro abitato, Carloforte, fu fondato nel 1738 da pescatori liguri che duecento anni prima si erano trasferiti nell’isoletta di Tabarka, in Tunisia. A loro, impoveriti per il depauperamento dei banchi di corallo e quasi schiavizzati dal Bey di Tunisi, il re Carlo Emanuele III di Savoia offrì l’isola di San Pietro, affinché la popolassero e la facessero crescere.
La cittadina sorge in una mirabile posizione a ridosso di basse colline boscose, aperta a levante sul braccio di mare che separa San Pietro dall’isola madre, in vista delle falesie di pan di zucchero e delle isole dell’arcipelago del Sulcis. La parte più recente dell’abitato è stata edificata in una stretta lingua sabbiosa, mentre il centro storico risale al primo periodo della colonizzazione (1738-1780) e corrisponde al primo nucleo concepito dall’ingegnere militare Augusto de La Vallée.
Il vecchio centro storico è caratterizzato da stradine tortuose e gradinate che s’inerpicano dalla zona bassa verso l’altura, ed è costituito dai tre rioni di Castello, Calcinate e Cassebba. Nelle strette viuzze le piccole case sono per lo più imbiancate a calce, hanno un’unica apertura sulla strada e piccole finestre. Accanto ad esse si trovano alcune abitazioni signorili appartenute ai personaggi più importanti della colonia ligure di Carloforte. Salendo dal mare verso il quartiere Castello da una delle innumerevoli scalinate, ci si ritrova in un labirinto di vie, un rincorrersi di carrugi, di strade strette, una mai uguale all’altra, talmente capricciose che non si riesce a indovinarne l’andamento. Si sale e viene da chiedersi se qui siamo davvero in Sardegna. Le case, alte come per un desiderio nascosto di aria, di luce e di mare, hanno il sapore del Mediterraneo, colori che rievocano la patria ligure o quella terra d’Africa rimasta come origine inconscia della popolazione. Un tripudio di sfumature e tonalità ci accompagna fino alle mura di cinta, o a ciò che rimane delle fortificazioni costruite a inizio Ottocento per proteggere il paese dalla violenza dei pirati barbareschi. Le mura sono aperte dalla porta Leone, così chiamata perché sormontata da una testa di felino, divenuto simbolo, nel paese, del vento di maestrale che da lì s’insinua e soffia con forza leonina. Recentemente ristrutturate, le mura sono guardate a vista dal forte Santa Teresa, oggi abitazione privata, e dal meno appariscente fortino Santa Cristina, dal quale lo sguardo spazia sui tetti del paese, sui vicini stagni e sul lembo di terra in cui sorge la Stazione Astronomica, ospitata nel forte San Vittorio, costruito nel 1767 per proteggere l’ingresso del porto. La cinta muraria chiude in un abbraccio protettivo il nucleo abitativo originario in cui s’insediarono nel 1738 le prime famiglie di tabarchini, che qui costruirono anche la chiesa, gli edifici riservati alle truppe, la cisterna del re e il possente forte Carlo Emanuele, all’epoca sede del corpo di guardia e oggi adibito a Museo Civico Casa del Duca. La porta principale d’ingresso al borgo è l’arco di via Solferino, racchiuso tra antiche case, balconi e ballatoi, un tempo ingresso alla Casa Porcile, una delle famiglie più in vista della neonata cittadina. Pian piano ci si addentra nel rione delle Calcinate (o Cassinée) – il cui nome deriva dai forni da calce presenti qui in passato – in un saliscendi che riserva inaspettate sorprese, come i bastioni rocciosi o la curiosa croce del Gallo, situata all’interno di un giardino privato, simbolo religioso dove spiccano gli strumenti della passione di Cristo. Ci troviamo nella parte più tipica del paese, dove convivono abitazioni che sembrano uscite da cartoline d’altri tempi e altre più moderne. Seguendo il profumo di salsedine si arriva sul lungomare, in prossimità del quale si trovano l’appariscente palazzo Rombi, settecentesca dimora del console francese, e il cinema-teatro Cavallera, già Casa del Proletariato (1920-22). Sul lungomare i pescatori hanno i loro magazzini in cui continuano a rattoppare le reti e, quelli più anziani, a intrecciare le nasse. Sotto file parallele di oleandri, ficus e palme, e sotto gli occhi dei vecchi palazzi sette-ottocenteschi sorti nel periodo in cui Carloforte si espanse oltre le mura, si svolge la passeggiata di grandi e bambini, in un dipanarsi di vite continuo, diverso ma sempre uguale. E, con la chiesa di San Carlo Borromeo (1737-75) alle spalle, da lontano, a vegliare sul borgo, e quasi a chiudere il cerchio delle mura, c’è l’abbraccio monco di Carlo Emanuele III.

Piaceri e Sapori

Pesca turismo, escursioni a mare su imbarcazioni noleggiabili, trekking e passeggiate sui numerosi sentieri dell’isola, bird-watching del – presso l’Oasi Lipu, attività balneari e nautiche, regate di vela latina.

Il centro storico, chiuso al traffico, è composto di elementi estranei all’ambiente urbanistico sardo e riporta i caratteri di un’unità mediterranea frutto di una storia particolare e affascinante.
Al di fuori del centro, ci sono paesaggi marini di notevole bellezza: calette, insenature, scogliere e grotte sul mare. Da visitare anche la vicina isola di Sant’Antioco (collegata con il traghetto Carloforte-Calasetta), poco conosciuta ma con un mare che non ha nulla da invidiare a quello della Costa Smeralda. Nell’isola si trovano quattro domus de janas, grotte artificiali in cui erano seppelliti i defunti, e altre testimonianze dell’età pre-nuragica come i dolmen. La civiltà nuragica, che ha inizio intorno al 1500 a. C., è presente a Sant’Antioco con una trentina di nuraghi.

Museo Civico Casa del Duca:
allestito nel corpo di guardia della fortificazione più antica, raccoglie testimonianze del passato del borgo e gli strumenti di lavoro e quotidiani della comunità carlofortina.

Biblioteca Comunale Edmondo de Amicis:
raccoglie dal lontano 1909 testi e documenti storici, libri di narrativa e ludici; un angolo è appositamente attrezzato per la lettura dei bambini.

Museo multimediale torre san vittorio – allestito all’interno dell’ex osservatorio astronomico situato a sua volta all’interno di una torre di difesa del 1768.

Sagra del Cous-cous,
nei primi giorni di ottobre: il clou dell’evento è la degustazione del tipico piatto maghrebino nella variante carlofortina, preparato da casalinghe locali nei tre giorni della manifestazione, nel corso della quale si svolge anche una mostra mercato enogastronomica e dell’artigianato con esposizione di prodotti tipici e la partecipazione di produttori provenienti da tutta la Sardegna.

Girotonno,
inizio giugno: quattro giorni di incontri culturali ed enogastronomici, musica e spettacolo, convegni e dibattiti, per esplorare il magico mondo delle tonnare, compreso l’antico, emozionante e crudele rito della mattanza. Uomini, storie e sapori sulle rotte del tonno: questa rassegna, oltre a celebrare il tonno di qualità (come si mangia il tonno a Carloforte, è raro altrove), è anche un momento di confronto con le tradizioni culturali e culinarie degli altri Paesi in cui il tonno fa parte della tradizione gastronomica, quali l’Italia, il Messico, la Grecia e l’India, che si sfidano ai fornelli alla presenza di una qualificata giuria internazionale.

Estate Carlofortina,
giugno-settembre: ogni estate sono in programma eventi e spettacoli per allietare le vacanze dei numerosi turisti; la festa più sentita e partecipata è quella patronale di San Pietro Apostolo, con spettacoli pirotecnici e musicali e una suggestiva processione notturna a mare seguita da numerose imbarcazioni.

Marballu’s Festival,
dal 30 agosto al 5 settembre: cinque giorni dedicati al nuovo circo, al teatro di narrazione e di strada, alla musica (i concerti si svolgono in genere presso il Giardino di Note), al documentario d’autore. Il festival, nato nel 1997, è anche un modo per visitare l’affascinante abitato e scoprirne gli angoli nascosti e la cucina imperniata sul tonno.

Festival Creuza de Mà,
settembre: quattro serate all’insegna del binomio cinema e musica, con proiezioni di film e documentari, concerti, incontri e momenti di approfondimento con musicisti, compositori, registi e attori.

Ortoforte – villaggio espositivo dedicata alla biodiversità del territorio e alla sostenibilità agroalimentare (periodo luglio)

Asterischi – festival di idee e di dettagli

Il tonno alla carlofortina è il piatto principe di una cucina mediterranea che ha forti ascendenze liguri e arabe. Intorno al tonno proliferano decine e decine di ricette. Della Liguria la cucina tabarchina ha mantenuto la presenza del pesto, delle focacce e della farinata (fainò): ricordiamo quindi primi piatti come i cassulli cu pestu e i curzetti, e un piatto unico come la farinata di ceci. Di derivazione araba è il cashcà, una variante del cous-cous tunisino, fatta di sole verdure.

Il tonno rosso pescato con la tonnara fissa di Carloforte, tra le più antiche del Mediterraneo, è il prodotto locale per eccellenza. Il tonno, che entra nel Mediterraneo dall’Atlantico, passa davanti all’isola di San Pietro gravido di fecondità e promesse per i gourmet di tutto il mondo. Poi si dirige verso le coste della Sicilia, della Corsica o della Liguria, e quindi fa rotta alla volta del Mar Nero, dove si riproduce.