Lollove
Un borgo rurale che non cresce e non muore
Borgo Ospite

Comune di Nuoro
(Provincia di Nuoro)
Altitudine
m. 227 s.l.m.
Abitanti
12 (nel borgo)

patrono

Santa Maria Maddalena, 5 agosto

info turismo

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Lo spirito del luogo

Il nome

Lollove potrebbe provenire dai termini sardi arcaici lo’ ò, il cui significato è “corso d’acqua”, e lòbe, “ghianda”. Il riferimento è alla collocazione del paese in un’area attraversata da un corso d’acqua e dove è presente un bosco di querce ricco delle ghiande di cui si nutrono i suini.

La storia

All’origine dello spopolamento di questo piccolo borgo distante una quindicina di chilometri da Nuoro, di cui è frazione, c’è una leggenda. Un gruppo di monache (forse francescane penitenti) cacciato dal villaggio per comportamenti indecenti, avrebbe lanciato una maledizione: Lollove as a esser chei s’abba è su mare, no as a crescher nen parescher mai! Tradotto dalla lingua sarda: Lollove sarai come acqua del mare, non crescerai e non morirai mai”. Quasi disabitato, il borgo tuttavia non muore: rimane in piedi, per quanto a stento, acciaccato ma vivo, preziosa testimonianza di un passato che non si è ancora sgretolato completamente, come invece è accaduto a tanti altri villaggi spersi nelle campagne della Barbagia. Case basse in pietra, vicoli stretti in acciottolato: l’origine del luogo è chiaramente medievale. Nel 1615 Lollove contava 25 abitanti ma oltre due secoli dopo, nel 1838, aveva raggiunto i 180 e l’economia era quasi tutta incentrata sull’allevamento: le cronache riferiscono che 25 agricoltori e 20 pastori si dividevano 600 mucche, 500 capre e duemila pecore. A fine secolo, nel 1896, il poeta nuorese Sebastiano Satta scrive: «Lollobe, cinto da poche siepi di leccio, da alcuni mandorli intristiti e da molte agavi e pallidi olivastri, appare giù nella valle, abbandonato, come un morto nella bara. In quel paese nessuna traccia del passaggio del Re Magi, i bei vegliardi dallo scettro d’oro». Allora gli abitanti erano 397 e tali, più o meno, rimasero fino alla metà del Novecento. Nel 1919 Grazia Deledda ambienta nell’antico borgo rurale il romanzo La madre. I tetti sfondati o coperti da tegole d’argilla, i rampicanti che si aggrappano ai muri diroccati, le rare case abitate da anziani che esibiscono un vaso di fiori o una finestra contornata d’azzurro: Lollove fa tanta malinconia ma ha in sé i semi della rinascita. Nel 2008 è stata aperta una locanda, due corse giornaliere di autobus collegano la frazione al capoluogo Nuoro e, grazie a fondi comunitari e regionali, il Comune e la Regione Sardegna sono impegnati nel recupero e nella valorizzazione del piccolo villaggio rurale.

Il villaggio, quasi del tutto disabitato, conserva la struttura urbanistica medievale e l’architettura degli antichi borghi rurali sardi.

La chiesetta seicentesca della Maddalena è frutto dell’ampliamento di un preesistente edificio di culto. Si presenta in stile tardo gotico, con archi a sesto acuto in trachite rossa.

L’antico monastero di via Bixio, abitato dalle monache fino a tutto l’Ottocento, è oggi riutilizzato come casa privata. La stessa via Bixio ricopre un ruscello che attraversava il borgo dividendolo in due rioni, quello al di qua del rio, chiamato Custa Banna, e quello di Cudda Banna al di là del rio.

La casa museo è un percorso alla scoperta delle tradizioni e del modo di vivere di cento anni fa.

Le cascate di Pupurughine si raggiungono con un facile trekking dal centro del paese all’altipiano sovrastante, dal quale si apre un ampio orizzonte che arriva sino al mare.

La Locanda Lollovers organizza pacchetti personalizzati per tutti i visitatori. Il menu del ristorante varia a seconda di ciò che offrono la fattoria e la stagione; tutti i prodotti sono a chilometro zero.

Lollove si anima nelle feste religiose: a inizio febbraio si svolge quella dell’attuale patrono San Biagio, il 22 luglio si celebra l’antica patrona Santa Maria Maddalena, il 25 agosto San Luigi dei Francesi e infine il 16 settembre si festeggia Sant’Eufemia, venerata dai pastori.