Albori
Un bianco avamposto di paradiso

Comune di albori
nel Comune di Vietri sul Mare
(Provincia di Salerno)
Altitudine
m. 300 s.l.m.
Abitanti
8475 (350 nel borgo)

Patrono
Santa Margherita, 20 luglio
info turismo
Comune di Vietri sul Mare, tel. 089 763811 – fax 089 212336
C.T.A. Centro Turistico Acli, tel. 089 211285
cta@xcom.it – www.comune.vietri-sul-mare.sa.it

Lo spirito del luogo

Il nome

Incerte le origini del toponimo: l’ipotesi più affascinante è quella che lo fa derivare da Arvo, un argonauta al seguito di Giasone che, attratto dalla bellezza del luogo, vi si sarebbe stabilito dopo una tempesta. Albolo sarebbe invece il personaggio goto o longobardo che avrebbe dato il nome al casale. Il nome potrebbe anche designare il luogo in cui anticamente si andava a far legname – albores, alberi – per costruire le navi. O infine richiamare Albola, una sorgente di acqua minerale esistente nella zona.

 

La storia

Prima della storia c’è il mito. La bellezza struggente del luogo ha fatto sorgere leggende sulle sue origini. Come quella di Giasone, che con i suoi cinquanta Argonauti sarebbe stato sbalzato qui dalla collera del vento, il dio Eolo. Innamoratosi di questi lidi, Giasone fondò Marcina e vi edificò un tempio dedicato a Hera Argiva. Un’altra leggenda racconta che i due maestosi scogli al largo della costa furono posti da Poseidone, dio greco del mare, per ricordare i due fratelli pastori che si immolarono per salvare una fanciulla dalla furia del mare. In realtà, furono la posizione raccolta e facilmente difendibile e l’abbondanza d’acqua a convincere gli Etruschi a fondare qui un avamposto per i loro commerci. Occupata dai Sanniti e poi abitata dai Romani, l’antica Marcina – questo il nome latino – era collocata dove oggi è la Marina di Vietri. Rinomata per ricchezza, eleganza e lusso, Marcina, antenata classica di Vietri sul Mare, fu un importante centro di commercio marittimo e terrestre. La città fu rasa al suolo dalle orde vandaliche di Genserico intorno al 455 d.C., oppure da un alluvione o un maremoto, come quello che distrusse buona parte di Amalfi. Gli abitanti superstiti risalirono l’entroterra e, più tardi, occuparono anche la zona di Àlbori per allontanarsi dalla marina infestata dai predoni turchi.
IX secolo (prima metà), si hanno le prime notizie di insediamenti nella zona di Àlbori.
1324, in un documento viene citato per la prima volta il casale di Àlbori, sorto a 300 metri di altitudine per sfuggire alle incursioni costiere dei Saraceni.
1500 ca., è istituita per regio decreto l’imposta detta “gabella del pane”, in base alla quale nel casale può vendere il pane solo l’appaltatore o persona da lui delegata.
1610, è costituita la parrocchia di Àlbori.

Per riprendere fiato dopo aver camminato per vicoli e scalinate, possiamo sostare sui muretti in pietra di fronte alle case, dove la stanchezza ci assopisce in un leggero dormiveglia. Rinfrescati dalla leggera brezza del maestrale proveniente dal mare, sollievo alla calura, ci sembra di sentire le voci della ciurma di Khair-ad-Dyn, il pirata Barbarossa, capo dei Mori e signore di Algeri che, per buona parte del Cinquecento, terrorizzò con le sue scorribande gli abitanti del luogo. Ad agosto nelle notti di luna piena, ci giunge l’ultimo canto delle passere di mare che, ingannate dai riflessi argentei e dorati, simili a un campo di grano, delle onde del mare, si lanciano in picchiata verso un pasto sicuro trovando, invece, la morte.

Incastonato in un angolo del monte Falerio, sopra il tratto più meridionale della rocciosa costiera amalfitana, nella luce abbagliante del golfo di Salerno, il borgo appare sospeso tra mare e monte. Àlbori è una miniatura dell’eterno richiamo del Mediterraneo: un grumo di case colorate di fronte al mare, addossate le une alle altre e strette tra viuzze e vicoletti. Costruite in base alla strategia difensiva degli arabi, le abitazioni s’interrompono in uno slargo dove, ancora oggi, la sera, si ritrovano gli abitanti. Le donne recitano il rosario, gli uomini si raccontano la giornata, la brezza marina placa i dolori, il cielo si riempie di stelle. Se l’infedeltà alle forme, alle armonie, ai colori del Mediterraneo è grande nella caotica Vietri e, purtroppo, in molti punti della pur bella costa amalfitana, qui ad Àlbori, in posizione più appartata, a 300 metri d’altitudine, si respira l’aria dei tempi antichi.
Lo sguardo non abbraccia oscenità e incurie ma le verdi pendici del monte Falerio, dov’è bello passeggiare tra cappelle votive dedicate ai santi protettori e panorami di Campania Felix che includono sempre l’infinito azzurro del Tirreno. Il mare è uno squarcio tra le rocce, un punto di riferimento, una visione, ma basta voltare le spalle e ci si trova circondati da una rigogliosa vegetazione. È sicuramente marinara l’origine del borgo, come testimonia l’attuale Marina di Àlbori. Probabilmente gli abitanti, terrorizzati dai continui attacchi dei pirati saraceni, decisero di rifugiarsi più in alto dove costruirono l’attuale borgo, protetto dall’abbraccio del monte. Gli edifici sono in pietra e calce, sormontati dalle caratteristiche tegole napoletane. Il paese ha mantenuto l’architettura mediterranea originaria, con case a volta dai colori decisamente vivi, che servivano a farle riconoscere da lontano ai naviganti, quando si allontanavano dal borgo o vi ritornavano dopo lunghi periodi trascorsi in mare. Nel periodo invernale, quando la navigazione non era possibile, gli abitanti si dedicavano all’agricoltura, coltivando quel poco di terreno che riuscivano a strappare alla montagna. La felice combinazione di mare e monte è dunque la caratteristica di Àlbori, che non è nemmeno priva di tesori d’arte. Al centro del borgo, tra bianche case a terrazze e logge sormontate da cupolette, in una piccola piazza con gradoni sorge la chiesa dedicata a Santa Margherita, giovane martire di Antiochia. Al suo interno si possono ammirare pregevoli affreschi di scuola napoletana, di cui fu esponente illustre il decoratore barocco Francesco Solimena (1657-1747).Oltre Àlbori non si può procedere. Il tempo di una tazzulella ’e cafè al fresco del bar Àlbori, e dalla piazzetta si torna al bivio per Vietri, svoltando poi in direzione delle colline per proseguire il giro. Il primo villaggio che s’incontra è Benincasa, raccolto intorno alla sua chiesa; Dragonea, più in alto, è un immenso belvedere proteso verso la valle e base di partenza per i sentieri montani. Oltre Dragonea, superate alcune contrade, si giunge in cima alla collina Majani dove si trovano la chiesa e il convento di San Francesco. La strada di sotto porta alle gole del Bonea, luogo affascinante dov’è conservata una piccola casa, riprodotta come Vecchio Mulino in una sua stampa dal pittore e incisore tedesco Philipp Hackert, attivo a Napoli dal 1782 al 1799. Poco oltre è la chiesa della Avvocatella, della seconda metà del XVII sec., dove si ammira il pavimento in ceramica del 1758. Il paesaggio intorno è quello tipico della costa amalfitana, dove nel corso dei secoli alla vegetazione spontanea e ai boschi di castagno e leccio l’uomo ha affiancato la coltivazione della vite e degli agrumi, intervenendo anche nella sistemazione del suolo con i terrazzamenti.
A questo punto si può far ritorno a Vietri, almeno per vedere la seicentesca chiesa di San Giovanni Battista con a caratteristica cupola maiolicata, che sembra un miraggio, un sogno ottomano.
A Raito meritano una visita la chiesa della Madonna delle Grazie, posta in posizione panoramica, quasi sospesa sul mare, e il Museo della ceramica vietrese di villa Guariglia.

Piaceri e Sapori

Passeggiate ed escursioni sul Monte Falerio, attività balneari a marina d’Albori.

I dintorni consentono passeggiate sul Monte Falerzio, da cui è possibile ammirare la struggente bellezza della Costiera e del suo mare. La salita al monte è un’immersione nei profumi della macchia mediterranea.
Ad Àlbori è legata Marina d’Àlbori, breve tratto di costa amalfitana tra Vietri e Cetara, con una piccola e suggestiva spiaggetta su cui si affaccia una vecchia torre di avvistamento.
A Vietri, in ogni angolo del centro storico, botteghe e negozietti affollano le stradine, mentre le maioliche, incastonate nelle pareti dei tortuosi vicoli, sembrano rincorrersi vivaci come in un gioco di bambini, con i loro motivi verdi e celesti disegnati – retaggio bizantino e islamico – su fondo bianco.

Museo della Ceramica:
allestito nella torretta di villa Guariglia, edificio storico (ospitò i Savoia nell’ultima fase della monarchia) in frazione Raito, sulla strada per Albori, raccoglie reperti della ceramica vietrese dal Settecento alla prima metà del Novecento, documentando modi e stili di lavorazione della maiolica, di cui Vietri è uno dei massimi centri in Italia. L’artigianato della ceramica si sviluppò a partire dal medioevo ed ebbe vastissima diffusione: le ceramiche vietresi, nella caratteristica pasta vetrosa policroma, decorata con fantasia prendendo a prestito motivi dell’arte islamica, erano commercializzate in tutto il Mediterraneo, tanto da tenere in piedi l’economia locale anche nelle epoche più buie, come nel Cinquecento, quando le scorrerie dei turchi si fecero più frequenti e tragiche.
tel. 089 211835, ore 9-13 e 15-18 lun. chiuso.

Centro di Studi Salernitani:
è sempre villa Guariglia ad ospitare, a pochi passi dal Museo della Ceramica, questo centro di documentazione storica sulla celebre Scuola medica salernitana, fiorente centro culturale all’epoca della dominazione normanna (1100 ca.).

Festa patronale di Santa Margherita,
20 luglio

Albori Estate,
spettacoli musicali, luglio-agosto.

Presepe vivente,
periodo natalizio.

Il menu caratteristico prevede le penne “alla cuppitiello” (con salsa di verdure di stagione), le pietanze a base di pesce insaporite da succo di limone amalfitano, le “palle di ciuccio”, caratteristiche crocchette di patate agrodolci. Il tutto accompagnato da vini di produzione locale.

Siamo, come diceva Goethe, nella terra dove fioriscono i limoni, che qui hanno sapore e profumo speciali (si chiamano “sfusati”) e danno il classico limoncello della Costa di Amalfi.

Ristorazione

Ristorante Pascalò

Cucina mediterranea, terrazza esterna con vista mare.

  Via Giuseppe Pellegrino, 154
  +39 089 763062
  info@ristorantepascalo.it