Bosa
Tra fiume e mare
Comune di bosa
solo centro storico
(Provincia di Oristano)
Altitudine
m. 2 s.l.m.
Abitanti
7880 (2000 nel borgo)
Patrono
SS. Emilio e Priamo, 28 maggio
info turismo
Pro Loco, via Manin – tel. 0785 376107
Comune, piazza Carmine – tel. 0785 373114
Porticciolo turistico, loc. Isola Rossa – tel. 0785 375550
Centro Informazione Trenino Verde, viale Colombo
tel. 0785 376107 – www.comune.bosa.nu.it
Il nome
Il nome fenicio era Bs’n, che significa semplicemente “il popolo di Bosa”, dunque un nome etnico collettivo, riportato in un’epigrafe del IX-VIII sec. a. C.
La storia
IX-VIII sec. a. C., la fondazione fenicia di Bosa è testimoniata da un’epigrafe rinvenuta nell’area in cui sarebbe poi sorta la Bosa Vetus romana, sulla riva sinistra del fiume Temo.
VIII-IX sec. d. C., l’antico municipium romano, dopo essere stato capoluogo della “curadorìa” della Planargia, viene abbandonato a causa delle scorrerie dei predoni saraceni.
1122, il giudice di Torres concede il feudo di Bosa ai marchesi Malaspina, signori della Lunigiana, che edificano il castello dotandolo di una prima cinta muraria con quattro alte torri.
1300 ca., la cinta muraria viene ampliata a seguito della minaccia costituita dagli Aragonesi, che contendono Bosa ai giudici d’Arborea; nel 1308 Bosa è ceduta dai Malaspina ai Catalani e nel 1328 entra a far parte dei territori degli Alborea.
1330, con la conquista catalano-aragonese Bosa è concessa in feudo al catalano Pietro Ortiz. La città poi torna agli Arborea con Mariano IV e rimane alla casata sarda finché, dopo la sconfitta dell’ultimo giudice d’Arborea nel 1409, è riconquistata dai catalano-aragonesi, dai quali viene infeudata all’ammiraglio aragonese Giovanni de Villamarì nel 1468.
1559, alla morte dell’ultima erede dei Villamarì, la baronia di Bosa torna alla Corona di Spagna con uno statuto giuridico di autonomia.
1807-21, sotto il governo sardo-piemontese, la comunità di Bosa è capoluogo di provincia.
1836, dopo la soppressione dei feudi, si sviluppa l’attività di concia delle pelli nel quartiere Sas Conzas e vengono rinnovati e abbelliti i palazzi del corso.
1877, inaugurazione dell’acquedotto.
L’intera vita di Bosa si svolge sull’acqua. Fondata dai marinai e dai mercanti fenici sulla costa nord-occidentale della Sardegna, la cittadina si snoda tra fiume e mare. Nel contrasto tra acqua dolce e salata, è riuscita a far convivere il pastore col pescatore, le reti a maglie larghe di quest’ultimo con le piccole reti del ricamo femminile cui ancora si dedicano le donne anziane sulla soglia di casa. L’acqua immobile del Temo che attraversa Bosa, le barche ancorate, le vecchie concerie ottocentesche, le case sul lungofiume, i colli intorno e, dall’altra parte, la marina: è una visione d’incanto che, per essere apprezzata appieno, deve proseguire dentro il quartiere Sa Costa, con il suo intreccio di vicoli e slarghi, con le sue case colorate che scendono fino alla riva del fiume, animata dal leggero movimento delle palme al vento. Molti i ricordi che si possono conservare dopo una visita: la suggestiva processione sul fiume delle barche addobbate a festa, l’incanto romanico della chiesa di San Pietro extra muros, certe luci sulla spiaggia gelata dal temporale, le strade lucenti, come se un velo d’acqua le rinfrescasse sempre.
Le palme del lungofiume mosse dal vento, la linea di casette basse delle Concerie, i viottoli in sasso di fiume del quartiere medievale; e oltre, il verde nelle sue sfumature, il mare azzurro e, se si è fortunati, il volo del grifone intorno al Castello dei Malaspina. Questa è Bosa: luogo dal fascino strano, incerto tra fiume e mare, dai colori indefinibili, dai sentimenti forti ma introflessi, come di chi si sente ben radicato nella propria cultura.
Nata fenicia, quando le navi dei cartaginesi solcavano il Mediterraneo, Bosa si trova sulla costa nord-occidentale della Sardegna, capoluogo della Planargia, regione a vocazione agricola. La città romana sorgeva lungo il corso del fiume, nei pressi (anzi, un po’ più a monte) dell’attuale basilica di San Pietro extra muros, ormai in aperta campagna, edificata in forme romaniche nel 1062, con bellissima facciata del XIII secolo. Dopo l’abbandono causato dalle scorribande dei pirati saraceni, il nuovo insediamento – quello odierno – ha origine dal castello dei Malaspina, fortezza militare costruita nel 1112, al cui interno si trova la chiesetta di Regnos Altos con interessanti affreschi di ambiente italo-provenzale del XIV secolo. Intorno al colle dominato dal castello si è sviluppato il borgo medievale, corrispondente al quartiere Sa Costa, caratterizzato da un intreccio di vicoli che seguono le curve del colle, raccordati da scalinate in trachite, e su cui si affacciano case nell’apparente disordine dell’architettura spontanea, in cui si mescolano abitazioni povere e edifici di pregio, in un amalgama urbano che è tra i più originali della Sardegna. Vi abita gente paziente, dedita ad un artigianato del ricamo e della filigrana in oro, che necessita di gesti antichi: di quando le donne intrecciando fili scongiuravano ritualmente i pericoli affrontati dagli uomini in mare. Guardando frontiere e arrembaggi, questa comunità è cresciuta accumulando tesori: palazzi, chiese e opere d’arte e i profumi della Malvasia ricavata dai vigneti assolati, quasi nascosta nelle cantine nella parte bassa di Sa Costa, dove oggi si può degustare.
Il salotto buono del borgo è Sa Piatta, ossia il corso Vittorio Emanuele dove, vicino al Ponte Vecchio, si trova la cattedrale dell’Immacolata risalente al XV secolo ma ricostruita ai primi dell’Ottocento, con decorazioni pittoriche di Emilio Scherer (che ha eseguito le decorazioni anche della chiesa di Santa Croce). Uscendo, si incontrano la chiesa del Rosario, sormontata da un orologio bifacciale del 1875 e con la parte inferiore della facciata in trachite rossa, e la piazzetta con la fontana in marmo, circondata dagli
archi del seicentesco palazzo Delitala e dal settecentesco palazzo Don Carlo. Da vedere anche la chiesa del Carmine con annesso Convento (oggi sede del Comune) edificata nel 1779 in stile barocchetto piemontese perché qui – è bene ricordarlo – dal 1720 dominavano i Savoia. Nella penombra dell’interno risplendono i preziosi marmi policromi dell’altare maggiore (1791) e della cappella della Madonna di Mondovì.
Dirigendosi verso il mare, sulla sponda opposta del fiume, di fronte al borgo medievale di Sa Costa, si affaccia il quartiere conciario di Sas Conzas, il complesso architettonico della Bosa ottocentesca. Oggi le concerie sono monumento nazionale in quanto splendido esempio di archeologia industriale. Arrivati a Bosa Marina, sono da vedere la chiesa di Stella Maris (Santa Maria del Mare), completata nel 1689 fondendo elementi gotico-catalani e forme rinascimentali, e la grande torre Aragonese dell’Isola Rossa, che sorveglia l’ampia spiaggia ed è un esempio di architettura militare del Cinquecento. Tante sono, alla fine della nostra passeggiata, le immagini di Bosa che ci portiamo via: il lungofiume languido al tramonto, la veduta di Sas Conzas dal ponte pedonale e quella dell’Immacolata dal Ponte Vecchio, i misteriosi affreschi di Regnos Altos, la facciata di San Pietro in trachite rossa, le cupole della Stella Maris, i volti della gente stagliati sui fondali delle case di Sa Costa, i dipinti di Melis, il colore ocra della trachite che disperde il buio delle notti aragonesi.
Guarda tutti i video sulla pagina ufficiale Youtube de I Borghi più belli d’Italia.
Esplorazioni subacquee (snorkelling), vela, trekking, bird watching (per ammirare i grifoni), gite in battello sul fiume.
Intorno a Bosa ci sono oltre 40 km di coste incontaminate, di acque limpide e cristalline che lambiscono insenature e spiagge dove gli appassionati subacquei possono trovare fondali ricchi di coralli e aragoste. Tra le spiagge migliori, quelle di Cumpoltittu (5 km a nord), Porto Alabe (sulla litoranea che si dirige a sud) e Porto Foghe, un’insenatura scavata nella falesia. Da Magomadas a Tresnuraghes la costa è impervia, mossa, con scogli che si alternano a spiaggette, ma molto affascinante. A 5 km. da Bosa lungo la strada per Alghero, si trova il sito archeologico S’Abba Druche, testimonianza di un insediamento abitativo che va dall’epoca nuragica all’età romana imperiale. Nei dintorni anche le Domus de Janas di Coroneddu e la necropoli ipogeica di Chirisconis.
Museo Civico Casa Deriu,
corso Vittorio Emanuele 59, tel. 0785 377043. Al primo piano sono ospitate esposizioni temporanee. Al piano nobile si rivive l’atmosfera di un appartamento alto borghese dell’Ottocento, con l’arredo d’epoca. L’ultimo piano ospita la mostra permanente dell’opera di Melkiorre Melis, artista bosano.
Pinacoteca Atza,
tel. 0785 377043. L’edificio di fronte alla Casa Deriu ospita al primo piano l’opera pittorica di Antonio Atza.
Torre Aragonese,
all’interno della torre dell’Isola Rossa, nel periodo estivo espongono i loro lavori artisti contemporanei. Del periodo di costruzione, anteriore al 1572, sono rimasti il grande camino, la volta a cupola e gli elementi decorativi catalano-aragonesi.
Museo delle Conce,
ha sede in un’antica conceria questo museo privato che raccoglie attrezzi da lavoro e fotografie d’epoca.
Carnevale,
giovedì grasso c’è la sfilata dei carri, sabato l’apertura delle cantine dei privati nel centro storico, martedì grasso i due riti carnascialeschi del S’Attittidu (ci si veste di nero dal mattino alla sera) e del Gioldzi (al calar del sole s’indossa un lenzuolo bianco).
Festa Santa Maria del Mare,
prima domenica di agosto: tradizionale festa dei pescatori con processione di imbarcazioni lungo il fiume; la notte, il borgo è animato da una fiera che propone prodotti di ogni tipo; si chiude con i fuochi d’artificio.
Nostra Signora di Regnos Altos,
secondo fine settimana di settembre: alla vigilia della festa, le stradine del rione medievale di Sa Costa sono addobbate dagli uomini con frasche, canne e bandierine, mentre le donne negli spiazzi e nei vicoli che conducono al castello, allestiscono dei piccoli altari (altarittos), ornati di fiori e preziosi ricami, sui quali poggia il simulacro della Vergine. La veglia e le preghiere sono accompagnate dalla festosità delle tavolate e dalle degustazioni di Malvasia.
La zuppa di aragosta, in dialetto s’azzada.
Le vigne della Malvasia fanno da corona a un centro storico dove si vede ancora qualche donna anziana intenta a lavorare al telaio il filet di Bosa, ricamando antichi disegni. Altra tradizionale attività è la lavorazione della filigrana in oro.
Ristorazione
Ristorante – Pizzeria Da Muà
Menù a base di pesce e piatti tradi- zionali della Sardegna.
Viale Alghero, 58
+39 0785 373009
info@ristorantedamua.it
www.ristorantedamua.it