Cervo
Sogni d’oltremare
Comune di CERVO
(Provincia di Imperia)
Altitudine
m. 67 s.l.m.
Abitanti
1215 (470 nel borgo)
info turismo
Ufficio IAT, presso il castello Clavesana
Piazza Santa Caterina, 2
Tel/Fax 0183 406462 Int.: 3
https://comune.cervo.im.it/
www.cervofestival.com
comunecervo@cervo.com
Il nome
L’origine del toponimo Cervo non è chiara: derivato con buona probabilità dal latino servus, potrebbe riferirsi al torrente Cervo, che scorre vicino al borgo, ma anche ai boschi che si aprivano alle spalle del borgo, popolati da animali selvatici tra cui anche cervi. Le origini di Cervo sono avvolte da misterioso fascino: in epoca romana nell’area tra Capo Berta (attuale Diano Marina) e Capo Cervo, sorgeva una stazione di sosta romana sulla via Julia Augusta. Era la mansio del Lucus Bormani. Questo era infatti il nome dell’insediamento romano del I sec. a.C., che prese il nome Lucus Bormani dalla fitta foresta che si estendeva nella vallata di Diano fino a Capo Cervo e che era sacra al dio Bormanus, divinità celtoligure il cui nome rimanda a delle fonti. Al culto indigeno si sostituì in età latina quello di Diana, da cui i toponimi attuali.
La storia
Pensare a Cervo significa tornare indietro al periodo medievale, tra castelli, mura fortificate e torri di avvistamento. La storia del borgo, tuttavia, inizia molto tempo prima, in età preromana. Sulle alture di Cevo, il cosiddetto Colle Castellaretto, sono stati infatti individuati i resti di alcuni villaggi fortificati – i cosiddetti castellari – abitati da popolazioni preromane insediate sul territorio.
Ma è il Medioevo il periodo storico che più caratterizza il borgo. Le tracce dell’epoca medievale si leggono ancora oggi nel Castello dei Clavesana o nell’oratorio di Santa Caterina, edificio religioso in stile Romanico.
Tra il 950 e il 1000 d.C., il Castrum Cervi, chiuso e protetto da mura ancora in parte visibili oggi, è rocca e feudo dei marchesi di Clavesana, che vi costruiscono il Castello, oggi sede dell’ufficio I.A.T. e del Polo Museale costituito dal Museo Etnografico del Ponente Ligure “Franco Ferrero” e dalla mostra permanente “Donne di Liguria – Un secolo di storia (1850-1950)”. Il Castello ha subito nel tempo varie trasformazioni architettoniche (l’aggiunta delle tre torri, per esempio) e ha cambiato più volte destinazione: nel Cinquecento è stato chiesa dedicata a Santa Caterina, nel 1700 è diventato ospedale civile.
Nel 1204 Cervo si proclama libero Comune ponendosi sotto la protezione della Repubblica di Genova, di cui segue le sorti fino al 1797. Tuttavia, nel 1330 la Repubblica lo assegna come feudo ai Cavalieri di Malta. Questi, a loro volta, vendono il feudo al marchese Lazzaro Doria. Conquistato successivamente dal marchese Enrico Del Carretto, discendente dei Clavesana, soltanto nel 1384 Cervo ritorna ai Genovesi, cui rimarrà sempre fedele, tanto da ottenere nel 1425 il diritto di eleggere direttamente il proprio podestà.
Il Cinquecento è il periodo delle invasioni e scorrerie dei pirati barbareschi, alle quali anche Cervo è esposto. Soltanto dopo la battaglia di Lepanto del 1571 il pericolo sulla terraferma e sul mare si fa meno pressante. Comincia allora l’epoca d’oro di Cervo, che si arricchisce con il commercio dell’olio ma soprattutto con la pesca del corallo, spingendo le sue navi “coralline” tra la Corsica e la Sardegna per raccogliere il prezioso materiale. Nel Seicento, periodo segnato dagli infiniti scontri fra Genova e i Savoia, anche Cervo, come tutti i paesi della Riviera, viene saccheggiato, depredato e messo a ferro e fuoco.
Con l’avvento di Napoleone diventerà un comune dell’impero francese e nel 1814 sarà annesso al Regno Sabaudo di Sardegna. Nel 1923 è accorpato, assieme ad altri 8 comuni della zona, nell’unico Comune di Diano Marina. Ma dopo la Seconda Guerra Mondiale, con un decreto del 1947, Cervo viene ricostituito come comune autonomo con il primitivo territorio.
Cervo racconta storie di mare e di terra, di natura modellata dall’uomo, nel corso di una storia millenaria. Tradizioni, cultura e arte hanno segnato la fisionomia di questo territorio fino a definire i contorni di un’identità che ancora oggi caratterizza le attività e le attrattive del borgo e del territorio circostante. A partire dall’antichità, la presenta antropica ha plasmato la conformazione naturale di Cervo mescolando elementi economici, politici e artistici e dando vita al suo paesaggio culturale. Un paesaggio che, al contempo, ha trovato nel lavoro di innumerevoli artisti una conferma del proprio valore, come pure un contributo inestimabile al proprio patrimonio, unico per diversificazione dei linguaggi, attenzione alla contemporaneità, ed espressione profonda dell’identità della comunità.
L’identità culturale di Cervo ruota intorno al suo borgo medievale e ai suoi luoghi simbolo, che nel corso dei secoli hanno attirato personalità del mondo artistico e culturale. È un patrimonio materiale e immateriale, costituito dai beni artistici e architettonici, ma anche dalle manifestazioni, cresciute intorno al fermento culturale generato dai cenacoli intellettuali che qui presero vita a partire dagli anni ’50 del XX secolo. Un’identità che viene oggi sviluppata in una prospettiva di sviluppo territoriale armonico. Lento è un ambizioso progetto di valorizzazione che il Comune di Cervo ha lanciato nel 2022 per incrementare lo sviluppo del borgo, del suo territorio e della sua comunità, basandosi sui principi del turismo sostenibile e della comunità inclusiva.
Il progetto vuole rendere Cervo uno spazio dove la cultura, la natura e la bellezza costruiscono e saldano le relazioni, attirano persone da vicino e da lontano a un ritmo lento, che contrasta con quello frenetico delle città e dei grandi eventi. Al centro di tutto la cura del territorio e delle persone, con la finalità di dare vita a un luogo dove convivano insieme abitanti, turisti di passaggio o frequentatori abituali.
Cervo ha mantenuto intatte le sue originalissime caratteristiche di borgo medievale sul mare, protetto da torri e mura medievali e circondato da verdi colline. Il centro storico è praticabile solo a piedi ed è stato conservato con i suoi edifici antichi e i suoi vicoletti ciottolati – i carruggi – dove si possono incontrare botteghe di artigiani e artisti.
Il litorale è caratterizzato dalla presenza di piccoli stabilimenti balneari: arenili e scogliere sono liberi e discreti e si aprono su un tratto di mare caratterizzato dalla presenza di un posidonieto, ricco di biodiversità, e di diversi siti di immersione interessanti per i subacquei.
A monte del paese, tra testimonianze preromane e sentieri, si apre il Parco Comunale del Ciapà. Non solo un polmone verde che offre un tuffo nella macchia mediterranea affacciata sui panorami incantevoli del Golfo dianese, ma un luogo di storia. Dal Colle di Cervo si può infatti arriva al Colle Castellaretto, elevato promontorio in cima al quale si incontrano strutture murarie ad andamento circolare: sono i resti del muro di cinta e delle capanne dell’originario insediamento preistorico, rudimentali fortificazioni di difesa contro i pericoli di invasioni. Il castellaro, vicino all’antica via Eraclea (l’attuale Via Aurelia), era in posizione strategica e consentiva la visuale su un’ampia porzione di mare, tra Capo Mele e Capo Berta, fondamentale non solo per i rapporti commerciali con altri popoli del Mediterraneo, ma anche per attaccare le navi onerarie che andavano o tornavano dalla Gallia e dalla Penisola Iberica.
Si trovano inoltre nel Parco del Ciapà alcune antiche “caselle”, costruzioni a pianta circolare o quadrata, coperte da cupole realizzate con pietre aggettanti, in base a una tecnica antica, che fungevano da ricovero temporaneo durante i mesi della transumanza, come deposito per gli attrezzi da lavoro o riparo dalla pioggia.
La visita del borgo antico emoziona con i suoi giochi d’ombra tra i vicoli stretti, gli alti archi, i saliscendi mozzafiato tra angoli di storia e gli accordi di pini e ulivi sullo sfondo, a contrasto con l’azzurro del mare. Si inizia dalla Salita al Castello, con la Porta Marina della Montà, che segna fino alla fine del XVIII secolo il limite meridionale delle mura. Il palazzo del Cinquecento, sopra i portici bassi e stretti, riecheggia le costruzioni genovesi dell’epoca.
Salendo, s’incontra palazzo Morchio, ora municipio, appartenuto a Tommaso Morchio, ammiraglio comandante di dieci galee genovesi, che nel 1371 conquistò alla Repubblica l’isola di Malta e la città di Mazara in Sicilia. Il palazzo risale alla fine del XVII secolo e presenta un portale d’ardesia di stile genovese.
Si entra nella cerchia delle mura e si continua la salita voltando a destra per lasciare la via Romana. Procedendo, s’incontrano le imponenti mura che costituivano gli spalti del castello nei secoli XV-XVI. Nella piazza si apre la maestosa e barocca chiesa di San Giovanni Battista, detta “dei Corallini” perché edificata con i proventi delle compagnie di pescatori che esercitavano la pesca del corallo nei mari di Corsica e Sardegna, uno dei monumenti più importanti del Barocco nel Ponente Ligure. In realtà, le offerte per la fabbrica arrivarono da tutti gli abitanti – pescatori e marinai, armatori, possidenti, commercianti di olio, artigiani – che contribuirono anche a trasportare quassù dalla spiaggia, a spalla d’uomo, le opere d’arte e i preziosi marmi giunti via mare. L’originale facciata concava del tempio domina un ampio braccio di mare con straordinario effetto scenografico e la sera il suo campanile sembra un faro che indica l’approdo ai naviganti. La chiesa fu iniziata nel 1686 e conclusa nel 1734 dal figlio dell’architetto Giobatta Marvaldi, l’autore del progetto, morto nel 1706 a lavori in corso. Trent’anni (1758-1778) è invece durata la costruzione dell’elegante campanile, disegnato dal pittore Francesco Carrega. Entrati in chiesa, una scritta in latino ricorda: “Dal mare assunta / sorsi su questa punta”. I corallini hanno fatto le cose in grande: sono splendidi l’altare maggiore del Pittaluga, con il suo tabernacolo di scuola lombarda dell’inizio sec. XVI e il pulpito in marmo bianco con bassorilievo della Pietà (sec. XVI), l’intaglio del coro ligneo dietro l’altar maggiore, gli affreschi sul coro del Carrega, e il crocifisso ligneo sopra l’altar maggiore, un capolavoro intagliato e scolpito di Anton Maria Maragliano.
Usciti dalla chiesa dei Corallini, si sale la gradinata a destra e s’imbocca via Grimaldi-Salineri, percorsa da archivolti ogivali o a tutto sesto che ornano le entrate delle abitazioni. Tutta la zona conserva caratteristiche medievali. Ci si trova in breve in piazza Santa Caterina, davanti al castello che nel XII secolo i marchesi di Clavesana edificarono come propria dimora. Nel XVII secolo l’edificio fu sventrato e diviso in due parti: la superiore a volta unica conserva un affresco raffigurante Santa Caterina, l’inferiore, ridotta, ha ospitato l’ospedale e oggi è sede del Museo Etnografico.
La chiesa in basso su un poggio è l’antica parrocchiale dedicata a San Giorgio di Cappadocia, il cui culto i marinai avevano appreso in Oriente all’epoca delle crociate. Fu abbandonata verso la metà del sec. XV perché esposta agli assalti barbareschi, nella sua linea conserva qualcosa di moresco. La chiesa di San Nicola, leggermente decentrata rispetto al borgo antico, risale al XVII secolo e fu eretta dai Frati Agostiniani
della Consolazione di Genova. Da qui si apre il sentiero si inerpica sulla strada del Poggio e giunge in località Costa di Villa, antico insediamento di cui oggi restano a testimonianza alcune costruzioni in pietra tra cui l’antico oratorio di San Giuseppe, antecedente al XVI secolo.
Rientrati per la Porta Bondai nel cerchio delle mura, si scende per via Romana per ritrovarsi poco più avanti di fronte al palazzo Balleydier costruzione settecentesca affrescata dal Carrega. Si arriva poi all’oratorio di Santa Caterina, soffocato da costruzioni che in epoca medievale per penuria di spazio e motivi di difesa venivano addossate le une alle altre. Edificato in pietra a vista intorno al XII e XIII secolo ad opera dell’ordine ospedaliero di San Giovanni, che governava il territorio, è un classico esempio di struttura romanica in origine a croce latina.
Il bastione di mezzodì è una torre antibarbaresca costruita per proteggere Cervo dal pericolo delle scorribande turco-barbaresche intorno al 1557-158: era caratterizzato da una stanza interna dotata di un punto di fuoco con cui si controllavano i pericoli in arrivo dal mare. Il bastione è stato acquistato e ristrutturato dall’amministrazione ed è utilizzato per attività culturali.
Molti sono i palazzi padronali che testimoniano la passata agiatezza della popolazione e inducono a vagabondare nei carruggi con gli occhi rivolti in alto: quelli della Meridiana, della Merla e i settecenteschi palazzi Viale, De Simoni, Alassio e Arimondo. Palazzo viale fu costruito nella prima metà del Settecento da Ambrogio Viale, capostipite di una famiglia importante per la storia cervese, arricchitasi con il commercio di corallo e olio, e dunque desiderosa di mostrare il proprio prestigio economico e sociale con una dimora di prestigio. Il palazzo fu decorato nella seconda metà del Settecento dai maestri della bottega di Francesco Carrega, la cui firma ricorre anche nella chiesa dei Corallini. il piano nobile del Palazzo è di proprietà del Comune e viene utilizzato per attività culturali: l’intero appartamento è completamente affrescato con scene mitologiche e religiose. Palazzo Viale è uno dei luoghi letterari di Cervo: qui visse Ambrogio Viale, pronipote del capostipite, un esponente del preromanticismo, ma anche il noto critico letterario Pietro citati (emblematico il suo ricordo di Cervo in “Elogio del pomodoro”), fino ad Antonio Scurati, in residenza artistica in queste sale nell’estate 2022.
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Le colline che si estendono alle spalle di Cervo sono interamente terrazzate e coltivate a olivo, secondo una millenaria tradizione che ha cambiato l’aspetto stesso del paesaggio, la cui aspra natura è stata piegata, col lavoro di infinite generazioni, fino a diventare adatta alla coltivazione. Più in alto, l’argenteo colore degli olivi lascia posto alla verdeggiante, folta macchia mediterranea e a boschi di pini.
Alle spalle del Borgo, verso est, si apre infatti il Parco Comunale del Ciapà, che costituisce la naturale cornice di Cervo. Il Parco si estende su circa 30.000 mq di terreno alle spalle del borgo antico, ed è popolato da una moltitudine di specie animali e vegetali. Il nome deriva dalla parola dialettale “ciappa”, usata per indicare l’ampio lastrone di roccia affiorante dal terreno che caratterizza la zona. È un luogo di pace e armonia, affacciato sul mare: qui in ogni stagione si può andare alla scoperta di una vegetazione in costante evoluzione. L’area rappresenta uno splendido esempio di macchia mediterranea dove crescono spontaneamente carrubo, lentisco, ginestra, mirto, ruta, timo oltre ad alcune varietà di orchidee selvatiche endemiche. E sono proprio le orchidee ad aver dato il nome al sentiero che dal paese si inoltra fra i pini d’Aleppo per raggiunge il colle di Cervo (324m.) da cui si può salire alla successiva cima, colle Dico (378m) o continuare in direzione Est verso la frazione Rollo di Andora.
Il parco è dotato di panche, tavoli in legno e fontanelle, nonché di un’area spettacoli dove si svolgono eventi culturali tra cui concerti del Festival Internazionale di Musica da Camera. Paradiso per amanti dell’outdoor e appassionati di MTB, il Parco si trova al centro di una fitta rete escursionistica.
Il Museo Etnografico del Ponente Ligure si trova in piazza Santa Caterina 2. Ospita, all’interno del castello dei Clavesana, duemila reperti che illustrano la cultura contadina e marinaresca: mobili e suppellettili originali permettono di ricostruire ambienti d’epoca.
Tel. 0183 406462 int. 3 . Aperto dal martedì alla domenica, dalle 10.00 alle 13.00, dalle 15.00 alle 17.00. Ingresso 3 euro
A Cervo l’arte spazia, in tutte le sue forme. L’identità culturale del borgo si lega soprattutto alla storia del Festival Internazionale di Musica da Camera di Cervo, iniziativa che ha contribuito a rendere celebre questo luogo. Nato da una felice intuizione del grande violinista ungherese Sándor Végh nel 1964, il Festival Internazionale di Musica da Camera di Cervo è oggi una manifestazione affermata a livello nazionale e internazionale. Végh scoprì infatti la straordinaria acustica del Sagrato della Chiesa dei Corallini quasi per caso. Decise allora, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale e con alcuni amici musicisti, di dare vita a una manifestazione musicale: così Cervo divenne il punto di richiamo di personalità del mondo della cultura e dell’arte e uno dei punti di riferimento per le attività socioculturali e turistiche del territorio.
Attorno al Festival di Cervo sono nate, nel corso degli anni, numerose ulteriori iniziative legate alla musica da camera, come accademie e masterclass. Si tratta di proposte ideate e promosse da alcuni artisti che hanno conosciuto il borgo di Cervo grazie al Festival e che hanno poi deciso di eleggere questo luogo come residenza estiva. L’Accademia di Pasqua, per esempio, Cervo Chamber Music o l’Accademia Internazionale Estiva di Cervo. Sono iniziative che hanno portato a Cervo artisti e docenti di fama internazionale, contribuendo a generare un forte indotto economico per il territorio.
A partire dagli anni 2000 l’Amministrazione Comunale ha inoltre deciso di programmare attività dedicate alla letteratura e all’invito alla lettura, raccogliendo una prestigiosa eredità che lega il borgo ad alcuni dei più importanti scrittori e letterati del XX secolo. Tra questi Orsola Nemi ed Henry Furst, che vissero a Montepiano, sulle alture di Cervo, un “buen retiro”, luogo di soggiorni estivi e di incontri e cenacoli letterari con i maggiori intellettuali italiani del Novecento.
Da queste premesse, e dal legame di Orsola Nemi ed Henry Furst con Casa Bellonci, nasce nel 2014 Cervo Ti Strega, realizzato con la collaborazione e il supporto della Fondazione Bellonci, ente promotore del Premio Strega, che porta in Piazza dei Corallini la cinquina e il vincitore del prestigioso premio letterario.
Sulla scia di Cervo Ti Strega, il borgo amplia gli eventi letterari con la promozione della rassegna Cervo in Blu d’Inchiostro, ospitata all’Oratorio di Santa Caterina dove, nel corso di oltre dieci anni, si sono succeduti alcuni dei più affermati scrittori e intellettuali italiani tra cui Premi Strega, Premi Campiello, ma anche artisti come Philippe Daverio o Roberto Vecchioni. Anche grazie a questi eventi, la Città di Cervo ha ottenuto nel 2017 il riconoscimento di “Città che legge“.
La prima domenica di settembre è dedicata, da oltre 20 anni, alla pittura con l’estemporanea di pittura “Il Pennello d’Oro”, che testimonia il legame tra Cervo e le arti figurative. Si tratta di una tradizione che, dagli anni Novanta, riporta Cervo al fermento artistico degli anni Cinquanta. Era il 1956 e nel borgo si ritrovavano gli artisti della cosiddetta Scuola torinese, come Francesco Casorati, Piero Martina, Sergio Saroni, nomi che testimoniano l’atmosfera speciale dell’epoca. Cervo era definita non a caso “il paradiso degli artisti”: su questo slancio le istituzioni locali decisero di dar vita a un concorso nazionale d’arte: nasceva “Il Pennello d’oro”. Dal 1991 il concorso è stato ripreso e si svolge in forma amatoriale tra le vie del borgo.
Altre iniziative completano l’offerta cervese di cultura e intrattenimento: le “Notti romantiche dei Borghi”, , la festa patronale di S. Giovanni, e poi ancora serate di “Teatro a Palazzo” e visite didattiche guidate del Centro Storico.
Il Pestun di fave è una ricetta che a Cervo si tramanda da generazioni e che nel 2011 ha ottenuto da De.Co (Denominazione Comunae). Si tratta di una salsa realizzata al mortaio che da sempre caratterizza la tradizione gastronomica del borgo, specialmente a primavera, la stagione delle fave. La ricetta prevede, oltre ai legumi freschi, anche pecorino, aglio, sale, menta fresca e l’immancabile olio extravergine d’oliva del territorio. Come vuole la tradizione, il Pestun viene realizzato nel mortaio, sgranando le fave fresche prive delle buccia dura e unendo via via tutti gli altri ingredienti che vanno pestati fino a diventare una crema. Ottimo anche da solo, sul pane e sulle bruschette, il Pestun si abbina a carni lesse, pesce azzurro, baccalà e stoccafisso, verdure.
A tavola Cervo è rimasta serenamente fedele alla dieta mediterranea: olio di oliva taggiasca spremuto a freddo, vino prodotto con uve tipiche (pigato e vermentino) e piatti cucinati con il pescato di ogni mattina accompagnato da verdure ed aromi dell’orto. Il prodotto principe è l’olio extravergine di oliva con i suoi derivati: olive taggiasca in salamoia e paté di olive. Gli ulivi sono quelli delle colline alle spalle del borgo. Da un vitigno importato da Candia si ricava poi il vino bianco Vermentino.