Mondavio
Pratica militare e culto del bello
Comune di MONDAVIO
(Provincia di Pesaro-Urbino)
Altitudine
m. 280 s.l.m.
Abitanti
3.980 (140 nel borgo)
Patrono
San Michele Arcangelo, 29 settembre
info turismo
IAT, Corso Roma 1 – Tel. 0721 977758
www.comune.mondavio.pu.it
Il nome
Lo stemma comunale con l’immagine della colomba riprende la tradizione secondo la quale il borgo sarebbe sorto intorno a un convento francescano fondato su un terreno donato a San Francesco dalla famiglia Ricci. Il santo avrebbe apprezzato il luogo, per la natura e la varietà degli uccelli: da qui, il nome Mons Avium,”monte degli uccelli”.
La storia
I sec. a.C., la città di Suasa diventa municipium romano, comprendente anche l’attuale territorio di Mondavio.
VI-VII sec. d.C., il territorio fa parte della Pentapoli bizantina di Ravenna.
1178, il toponimo compare per la prima volta in una bolla papale, e una seconda volta in un registro del Vaticano anteriore al 1289.
1355, il territorio è riconosciuto come vicariato della Santa Sede dal cardinale Albornoz; dopo la conquista da parte di Francesco Sforza passa in dote a Sigismondo Malatesta nel 1442.
1474, Papa Sisto IV concede a suo nipote Giovanni della Rovere la signoria di Senigallia e il vicariato di Mondavio, che comprende 24 castelli marchigiani; il matrimonio del Della Rovere con la figlia di Federico da Montefeltro, Giovanna, consente l’alleanza tra i due casati e di unire la signoria di Senigallia al ducato di Urbino; nel 1482 Giovanni Della Rovere si fa “prestare” dal suocero Federico da Montefeltro il più grande architetto militare del tempo, il senese Francesco di Giorgio Martini, per la costruzione della Rocca.
1503, il vicariato passa in successione al ducato di Urbino sotto il quale, fino alla devoluzione alla Santa Sede, conosce il periodo di maggior prosperità.
1631, con l’estinzione della famiglia Della Rovere, il vicariato di Mondavio e il ducato di Urbino tornano allo Stato Pontificio, fino all’unificazione d’Italia.
È un saliscendi di morbide colline, la via che dal mare porta alla valle del Cesano e al borgo di Mondavio, annunciato da lontano dai campanili di San Francesco e della Collegiata. Fossati e macchie di querce segnano i dolci declivi delle terre coltivate, su cui il cielo sembra appoggiarsi con tenerezza. È incredibile come il profilo del borgo sia cambiato poco o nulla rispetto all’acquerello, conservato nella Biblioteca Vaticana, del pittore pesarese Francesso Mingucci, che lo “fotografava” nel 1626.
Si entra nel borgo sentendosi avvolti e protetti dalle mura rustiche di cotto rosso antico, dal mattone nudo e rossastro che porta tracce di piccola e grande storia, nelle case affacciate sui vicoli come nella straordinaria poesia architettonica della Rocca. E’ un paradosso, questa macchina da guerra mai usata, sorta di macchina celibe alla Marcel Duchamp che non ha mai provato la sua utilità: la pratica militare si è messa al servizio del bello, creando un’architettura severa ma armoniosa, quasi un giocattolo per lo spirito. La Rocca si integra con il paesaggio circostante: il centro della circonferenza in cui è iscritto il mastio è in asse con le tre strade principali e con il rettifilo di via Roma alle sue spalle. E’ l’ordine geometrico, mentale, che i duchi di Urbino, amanti dell’arte e della guerra, ci hanno consegnato.
Porta San Francesco è l’ingresso principale del borgo. L’ultimo varco rimasto, dei tre che si aprivano sulla cinta muraria, è ricavato nel torrione della Rocca; e già dalla rampa d’accesso è possibile ammirare le magnifiche proporzioni del mastio con la sua base scarpata. La rocca è il capolavoro di Mondavio. Voluta da Giovanni della Rovere, fu costruita tra il 1482 e il 1492 dal più grande architetto militare del tempo, il senese Francesco di Giorgio Martini, ed è ritenuta una delle massime espressioni italiane di arte delle fortificazioni. Ideata per adeguare i sistemi di difesa quattrocenteschi alle conseguenze della scoperta della polvere da sparo, questa macchina bellica in realtà non sperimentò mai il fuoco delle bombarde. Non un colpo fu ricevuto o sparato: balisticamente perfetta, è frutto di calcoli geometrici e virtuosismi architettonici. Il rivellino è stato interrato per consentire la costruzione di piazza Della Rovere. Sul torrione semiellittico è collocata una catapulta, mentre nel torricino trova spazio il Museo di Rievocazione Storica. Il mastio ha dieci facce e ingloba la preesistente torre quadrangolare malatestiana che è stata sopraelevata di tre piani. L’ingresso è al terzo piano; nel quarto, nella sala di rappresentanza, è stato ambientato un banchetto storico; nel quinto e ultimo piano è collocata l’armeria.
Terminata la visita al mastio, un passaggio immette in piazza Della Rovere consentendo la vista del fossato e di altre macchine d’assedio. Sulle mura castellane di nord-ovest, mimetizzato tra gli edifici, si apre l’ingresso del piccolo teatro Apollo in stile liberty (1887), recentemente restaurato riportando a nudo gli affreschi che decorano gli interni.
Una costruzione dalle pure linee rinascimentali, palazzo Giorgi Pierfranceschi, mette in collegamento piazza Della Rovere e piazza del Municipio: su quest’ultima si affacciano la chiesa e il chiostro di San Francesco, le cui vicende si snodano dal 1292 al 1860, anno di soppressione del convento. La facciata della chiesa, in cotto rosso antico, è movimentata dall’alternarsi di fasce di mattoni sporgenti e rientranti: in cotto era anche l’originario edificio cinquecentesco, in parte visibile nella sacrestia; il rinnovamento settecentesco non ha quasi intaccato la primitiva semplicità e austerità del complesso francescano. Notevole il campanile, addossato all’abside poligonale, con la sua struttura quadrangolare e la particolare copertura a pannocchia. L’interno a navata unica presenta opere interessanti, prima tra tutte la tavola sul secondo altare a sinistra raffigurante l’Immacolata Concezione, che il pittore Giuliano da Fano (al secolo Giuliano Presutti) dipinse tra il 1525 e il 1535 sotto influsso del Perugino, di cui fu allievo. Uscendo dalla chiesa a destra s’incontra il chiostro del convento, con diciotto arcate a tutto sesto e basse volte a crociera. Al piano terra ospita il museo civico dove, oltre a tre preziosi incunaboli, sono da vedere un tabernacolo secentesco e, soprattutto, uno splendido ciborio ligneo della stessa epoca, realizzato da Frate Liberale da Macerata in legno di ciliegio e osso.
Da piazza del Municipio si percorre via Garibaldi per poi voltare su via Mazzini, dove a ridosso delle mura si trova la collegiata dedicata ai santi Pietro e Paterniano, fondata nel 1444 e apprezzata per la facciata disegnata dall’architetto Bartolomeo Genga (1563). La chiesa, elevata a Collegiata nel 1741, conserva di quel periodo le pregevoli tele dell’Angelo Custode del cremonese Giuseppe Bottani (notevoli l’angelo e il paesaggio sullo sfondo) e dei Santi Protettori di Mondavio del fanese Sebastiano Ceccarini (il borgo è raffigurato in basso a destra).
A 1,5 km da Mondavio merita di essere vista la chiesetta extraurbana di Santa Maria delle Querce, per i suoi affreschi cinquecenteschi in cui compaiono più volte i santi Sebastiano e Rocco, invocati dai fedeli contro le malattie. La visita può prolungarsi fino al borghetto collinare di Sant’Andrea di Suasa, a una decina di km da Mondavio: un castello medievale circondato da mura, in cui i monaci benedettini radunavano e proteggevano la popolazione sparsa per le campagne.
Guarda tutti i video sulla pagina ufficiale Youtube de I Borghi più belli d’Italia.
Cicloturismo, passeggiate, località balneari a meno di 30 km.
Sono i paesaggi disegnati da Tullio Pericoli quelli che ammiriamo andando su e giù per le colline marchigiane, in auto, in moto o in bicicletta. Panorami pieni di luce si aprono sui borghi e i luoghi d’arte della valle del Cesano, in un percorso ad anello che da Mondavio porta a San Lorenzo in Campo, con la chiesa romanico-gotica di San Lorenzo figlia dell’antica abbazia benedettina e il cinquecentesco palazzo Della Rovere.
Da lì si raggiunge Pergola, ricca di chiese e palazzi e del gruppo equestre romano dei “bronzi dorati” custodito al Museo Archeologico. Le tappe successive sono Isola di Fano, Sorbolongo e il castello di Orciano
di Pesaro, sorvegliato da due torri e custode di una delle più belle chiese rinascimentali marchigiane, con un portale in pietra disegnato secondo tradizione da Raffaello. Si ritorna a Mondavio per chiudere il cerchio, ma da Pergola è consigliabile un allungo di una decina di km per imboccare una valle solitaria e raggiungere, sperduto tra i boschi, l’Eremo di Fonte Avellana, in cui soggiornò Dante Alighieri.
Crossodromo di Cavallara (frazione di Mondavio) con gare di motocross a livello agonistico nazionale.
Museo Civico, presso il chiostro francescano: vi sono custoditi testi, tra cui tre incunaboli, provenienti dalla biblioteca dell’ex convento dei Cappuccini (1578) sulla via per Orciano, raccolti da Padre Filippo Antonio da Moldavio tra Sei e Settecento. Frate Antonio da Macerata è invece l’autore del ciborio ligneo, capolavoro di ebanisteria del XVII secolo.
Museo scenico di rievocazione storica: all’interno del torricino della rocca, sono proposti frammenti di vita quotidiana tra Quattro e Cinquecento in una fortezza rinascimentale.
Armeria della Rocca, all’interno del mastio: armi da difesa e da offesa, armi bianche, armature, bombarde, spingarde e alabarde, per tutti gli appassionati del genere.
TEATRO APOLLO
Vicinissimo alla Rocca, sulle mura castellane di nordovest, con ingresso da Piazza Della Rovere, si affaccia, al civico n. 7, il Teatro Apollo. Nonostante i limitati 120 posti, il teatro ha ospitato un’intensa attività per tutto l’Ottocento, con programmazioni talvolta di buon livello, a cura dell’Accademia del Teatro, fondata nel 1789.
L’assetto attuale è frutto di un rinnovamento del 1887 che implicò la costruzione del III ordine di palchi e l’ammodernamento dell’apparato decorativo, in linea con i dominanti canoni estetici della “belle epoque”. Tale fenomeno di “restyling” coinvolse diffusamente moltissime sale teatrali del territorio, come quella, per esempio, di San Lorenzo in Campo, distante da Mondavio appena 12 km, o come quella di Sant’Agata Feltria. Il teatro chiuse temporaneamente i battenti durante il I° conflitto mondiale, per essere destinato nel 1947, dopo alterne vicende, a sala cinematografica.
La platea e i trentasette palchi ai quali si accede tramite un atrio, vennero ricavati nello spazio della navata del preesistente edificio sacro e, nonostante le dimensioni così ridotte, tra il I e il II ordine si trovò persino il modo di aprire lo spazio per il caffè. Nell’ambiente dell’abside si realizzò il palcoscenico, al di sotto del quale trovarono collocazione i camerini e i meccanismi di manovre. Il piano della platea, inoltre, era stato concepito per poter essere sollevato fino al livello del palco, in modo da consentire lo svolgimento di feste danzanti. Tale destinazione d’uso fu, infatti, tra le più consuete del teatro, resa ulteriormente agevole dall’uniformità delle pavimentazioni in legno. Sul soffitto in gesso si può ammirare un raffinato velario dipinto, al centro del quale campeggia Apollo citaredo. Ulteriori decorazioni ingentiliscono le balaustre dei vari palchi, scanditi da paraste corinzie: sono losanghe da cui si affacciano racemi d’acanto, al II ordine, e ghirlande fiorite al III.
Rievocazione storica della caccia al cinghiale, 13-15 agosto: la rocca roveresca e il centro storico diventano il palcoscenico per la spettacolarizzazione della storia del borgo; gare di tiro con l’arco degli Arcieri Storici di Mondavio, musici e teatranti in costume rinascimentale, incendio simulato della rocca, sono gli eventi principali della manifestazione.
“Tacconi allo sgaggio”, piatto antico locale, a base di tagliatelle fatte a mano con farina di fave e condite con lardo.
Monili, gioielli e lavorazione di pietre dure.
Formaggi tipici locali stagionati in grotta, olio di oliva, miele artigianale. Laboratorio “Officina del cioccolato”in località San Filippo sul Cesano.