Orvinio
Razza sabina
Comune di orvinio
(Provincia di Rieti)
Altitudine
m. 840 s.l.m.
Abitanti
427
patrono
San Nicola di Bari
info turismo
Comune di Orvinio, via Nuova 10
Tel. 076592007
comuneorvinio@libero.it
www.comune.orvinio.ri.it
Pro Loco
prolocodiorvinio@gmail.com
Il nome
Il nome di Orvinio ha subito delle interessanti variazioni nel tempo. Si crede, nonostante non ci siano prove sufficienti per accertarlo, che Orvinio derivi dal più antico “Orvinium”, antica città sabino-romana risalente al periodo in cui la popolazione dei Siculi occuparono le terre della Sabina. Marco Terenzio Varrone e Dionigi di Alicarnasso, nel I sec.a.C. fanno cenno ad una Orvinium con il Tempio di Atena nella sua rocca e sepolcri sulle alture dei colli , distante 230 stadi da Rieti.
Cosa certa è che, in secondo tempo, nel medioevo, il villaggio prese nome di “Canemorto” ma anche qui, il termine, ha origini non accertate che fanno riferimento a tre leggende. La prima leggenda narra che nel IX secolo, durante la battaglia di Carlo Magno contro le truppe dei Saraceni, il capo di quest’ultimi, di nome Can, venne ucciso ed il popolo esultò intonando “Can è morto”, da qui la contrazione in “Canemorto”.
La seconda leggenda narra di un dispotico tiranno locale che venne ucciso dalla popolazione stanca delle sue angherie, in azione al grido di “Il cane è morto!”. E una terza, in fine, narra di un vero cane che, idrofobo, avrebbe mietuto molte vittime fra la popolazione fino alla sua uccisione.
Biondi, nel 1842, illustrando un’antica iscrizione rinvenuta sul monte di “Petra Demone”, il villaggio che insieme a Vallebona si spopolò, la cui popolazioni, scendendo, unendosi e dando vita ad Orvinio, dice che nel medioevo venne addirittura chiamata “Malasorte” .
Il luogo dove Can era morto rimase col nome di Canemorto finché nel 1863, con l’avvento del Regno d’Italia, si decise di dare credito alla convinzione dell’antica Orvinium e Canemorto cedette definitivamente il passo alla attuale “Orvinio”.
La storia
Orvinio è fatta risalire al periodo in cui i Siculi occuparono la Sabina. A partite dal 1075, il “Castello di Canemorto” veniva citato come semplice toponimo nella carte farfensi, il castello fu fondato probabilmente nel XII secolo dagli ultimi discendenti dei conti Marsi nei pressi della potente Abbazia Benedettina di Santa Maria del Piano. Orvinio rimase di dominazione benedettina ed il dominio del castello passò ai Signori di Canemorto che con buona probabilità erano una frammentazione del lignaggio comitale borgognone dei conti Marsi e di Rieti I Canemorto, esponenti minori della nobiltà rurale sabina, mantennero il possesso dell’insediamento fortificato fino al subentro degli Orsini che costruirono ed affrescarono un palazzo signorile detto “Granarone”. Nel frattempo, il villaggio si era popolato grazie allo svuotamento dei due borghi vicini, Vallebona e Petra Demone. Gli Orsini vennero seguiti poi dagli Estoutville, i Muti, che edificarono la Rocca ed una torre di difesa, andata purtroppo distrutta. Dal 1632 in poi il feudo passa ai Borghese che lo terranno per oltre due secoli e che ristruttureranno il castello donandogli l’attuale aspetto. La residua influenza di Farfa su Orvinio fu del tutto abolita da Papa Sisto V che, nel 1689, tolse ogni giurisdizione di Canemorto.
Durante il dominio francese, Orvinio fu incluso nel dipartimento di Clitunno, cantone di Poggio Nativo (1798/99) poi passò al dipartimento di Roma, circondario di Rieti, come capoluogo di cantone che comprendeva anche Percile e Collalto.
Con la Restaurazione e la riforma nel 1816 fu costruita la baronia che durò fino al 12 ottobre del 1816, allorché il Principe Camillo Borghese rinunciò ai suoi diritti feudali su Orvinio. L’anno successivo Orvinio divenne distretto di Poggio Mirteto e divenne sede di governatorato. Dal 1841 Orvinio passò da diocesi di Sabina a quella di Tivoli.
Dopo l’annessione al Regno d’Italia, nel 1860, Canemorto fu compreso nella provincia di Perugia fino al 1923 anno in cui passò provincia di Roma, fino alla successiva annessione alla neo-istituita provincia di Rieti, nel 1927.
Lo spirito di Orvinio è nell’intrecciarsi delle sue diverse anime, è nella sua dualità. La profonda sacralità religiosa, che si manifesta nel silenzio delle sue tre chiese e nel Santuario di Vallebona ma anche nei ruderi del suo antico insediamento e nel pagano Petra Demone. Nei ricordi del sapiente lavoro dei monaci benedettini e nelle gesta dei soldati di Carlo Magno. Nelle sue sentite processioni e nelle sagre festose che scandiscono ogni periodo dell’anno. Orvinio è nella rudezza delle sue pietre e nella dolcezza delle sue orchidee selvatiche. Luci ed ombre, come quelle che si trovano girando per le vie del borgo e che si riflettono su antiche costruzioni, dall’aspetto diverso a seconda dell’orario in cui lo si visita: di giorno sottolineando la vita, gli odori di cucina, le voci che scandiscono la quotidianità in un dialetto ben conservato e ancora vivo e di notte donandogli un aspetto fiabesco, romantico, quasi sognate, nel cui silenzio, si riescono a sentire rumori e passi di altri tempi.
Il suo segreto è nella sua gente, nella particolare predisposizione all’accoglienza, che permette a chiunque di sentirsi parte integrante, di sentirsi a casa fin dal primo istante. Spirito contadino capace di coltivare preziosi beni della terra, come il farro e le patate e spirito artista, che ha dato i natali allo scrittore Virgilio Brocchi, al pittore secentesco Vincenzo Manenti, all’incisore Girolamo Frezza, che hanno lasciato, in questo piccolo borgo, l’amore per l’arte e per i suoi artisti passati e moderni.
Paese di calligrafie perse, chiese sostituite, castelli modificati, nomi leggendari, forte e ventoso, gentile e delicato come le sue montagne.
L’entrata principale del Borgo, protetta da mura che sorreggevano anticamente un portone ormai scomparso, da due torri con al centro un orologio dai meccanismi remoti ed ancora intatti, si apre sulla via principale ed alla sue vie nascoste che si fanno apprezzare per il loro tipico aspetto di agglomerato rurale medievale, fatto di scale fiancheggiate da antichi portoni di cantine, porte d’entrata, fitta rete di vicoletti che sfociano su piazze e belvedere.
Le tre chiese:
- Poco prima dell’entrata nel borgo, alla fine di una suggestiva scalinata, si erge Santa Maria dei Raccomandati dove il Manenti ha lasciato, con gli affreschi, pregevoli testimonianze della propria arte pittorica. La chiesa è sede della Confraternita del Gonfalone
- All’interno, percorrendo la via intitolata al pittore Manenti, possiamo proseguire fino a raggiungere la Chiesa del Santo Patrono, San Nicola di Bari consacrata nel 1536 ed al suo successivo rifacimento nel 1842. Sulle mura esterne è visibile una nicchia in cui è incastonato un tabernacolo, rappresentante il suo aspetto prima del restauro. La chiesa è sede della Confraternita del SS. Spirito
- All’esterno del borgo è presente la chiesa sconsacrata di San Giacomo, edificata nel 1612 probabilmente su pianta disegnata dal Bernini, sull’altare maggiore una statua lignea rappresentante il santo, risalente al XVII secolo. La chiesa contiene affreschi di Vincenzo Manenti:
Il borgo
- Percorrendo via Manenti ed arrivando alla piazza del comune si può ammirare la lapide-ricordo posta sulla casa natale del pittore.
- Proseguendo si fiancheggiano le mura del Castello Malvezzi Campeggi di fondazione del X secolo, complesso di edifici e torri costruiti in varie epoche dagli Orsini, i Muti e i Borghese e ristrutturato agli inizi del ‘900. Elementi originari rimangono il maschio cilindrico e il muro di cinta. Si apprezzano gli affreschi di Ascanio Manenti: Storie della Vergine e profeti.
I belvedere
- Appena superato l’arco d’entrata del Borgo e svoltato a destra si percorre l’incantevole via Segni, alla fine della quale si sfocia sul belvedere di Piazza del sole.
- Proseguendo invece a costeggiare le mura del castello si arriva al belvedere principale.
Poco fuori il centro abitato:
- A circa due chilometri verso Pozzaglia, nella Valle Muzia, si trovano i resti dell’ imponente Abbazia di Santa Maria del Piano, fondata nel IX secolo, mostra ancora i ruderi del suo antico splendore e di quello dell’annesso convento di indubbia rilevanza monastica e storica.
- A meno di due chilometri verso Scandriglia il complesso di Vallebona, il Santuario edificato nel 1643 nel vecchio borgo di Vallebina dopo che i suoi abitanti lo avevano abbandonato. Anche qui affreschi di Vincenzo Manenti.
Natura
Stazione climatica, incastonato nel Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili possiede un paesaggio incontaminato di rara bellezza, facile perdere lo sguardo fra rovi di risa canina, cespugli di ginepro e fiori di sambuco. Salendo sui verso verso le Pratarelle, su un piccolo altopiano, da maggio a luglio si può assistere alla più alta concentrazione di fioritura delle orchidee selvatiche spontanee di tutto il Parco. Se d’inverno sentite i lupi ululare sappiate che provengono dal Monte Cima de Coppi, mentre d’estate sentirete riecheggiare il canto degli usignoli ed i campanacci delle mucche al pascolo. Se alzerete la testa al cielo non sarà insolito vedere Aquile e Poiane.
Birdwatching; Botanica; Archeoguida; Visite guidate. Si possono raggiungere zone di interesse geologico, cavità naturali, grotte, caverne, pozzi, e monti coperti di boschi di castagni e faggi tra i più antichi d’Europa.
Escursioni:
Dalle Pratarelle a Petra Demone (E)
Dalle Pratarelle al Nido delle Aquile (E)
Dalle Pratarelle al Monte Pellecchia (EE)
Dalle Pratarelle al Monte Castellano (E)
Dalle Pratarelle alla Cima Casarene (E)
Cammino di San Benedetto Tappa n°8 da Castel di Tora ad Orvinio (E)
Sport:
Winterwanderwege
Trekking
Nordic Walking
Fat –bike
Mountain Bike
Ippoturismo
Motociclismo
Ciclismo
Inverno:
Dicembre: Sagra del Pizzillu
Gennaio Sagra del Polentone
Primavera:
Aprile: Pasquetta orviniese
Maggio: Orvinio in fiore
Estate:
Giugno: Sagra dei cecamariti; Orvinio in arte
Luglio: Sagra della patata con mostra fotografica
Agosto: Sagra delle fettuccine all’aglione; Sagra della polenta; Carnevale estivo; Fiera del Borgo; Festa del Patrono
Autunno:
Ottobre: Enorvino
Novembre: Autunno orviniese
Pizzillu: impastato con farina di grano e cotto sotto “Il coppo” sotto la brace accompagnato dalla cicoria di campo
Polentone: di farina di mais, condito con cinghiale o maiale, funghi e verdure
Pizza Leveta: impastata con farina di grano
Sagne di farro all’aglione: impastate con la farina di farro e condito con tipico sugo ad alto contenuto di aglio
Cecamariti: pasta lavorata all’interno con ferro dal calza
Farro
Patata locale
Miele
Formaggi di pecora e capra
Liquori alle erbe locali
Cosmesi naturale
Infusi e tisane alle erbe locali