Montefabbri
Il borgo dei sogni
Comune di vallefoglia
(Provincia di Pesaro – Urbino)
Altitudine
m. 319 s.l.m.
Abitanti
14988 (70 nel borgo)
Patrono
Santa Marcellina, ultima domenica di luglio
info turismo
Ufficio Informazioni Turistiche
Piazza del Popolo n. 5
Tel. 0721 496254
partecipate@comune.vallefoglia.pu.it
www.comune.vallefoglia.pu.it
Il nome
MONTEFABBRI, di origine incerta, deriva presumibilmente dal Monte Fabrorum, ovvero il castello della famiglia (dei) Fabbri. Il castello di Montefabbri appare per la prima volta in un documento ufficiale nel 1216.
La storia
Il primitivo nucleo abitato di Montefabbri si sviluppò attorno all’antica pieve di San Gaudenzio (IX-X sec.). Nell’anno mille vennero costruire le mura a difesa del luogo e, dalla prima metà del XIII secolo, la dinastia dei Fabbri, primi feudatari da cui il paese prese il nome, avviò la costruzione del nuovo castello, mentre l’originario castellare (che era sopra una collina che sormonta il borgo di Cagolino) fu progressivamente abbandonato. La struttura castrense venne appositamente costruita in posizione strategica, sul poggio in cui già sorgeva l’antica chiesa madre, dotata di cinta muraria, di una porta con ponte levatoio e fossato, ma priva di torri e di fortificazioni più robuste, difatti nel momento in cui si diffuse l’uso delle armi da fuoco, la roccaforte perse potere. Dopo l’estinzione della famiglia comitale, nella seconda metà del XIII secolo, il castello fu soggetto a Urbino. Gli eserciti nemici, prima di attaccare la città ducale, dovevano occupare questo fortilizio, che costituiva un propugnacolo verso il mare, un territorio di frontiera tra Romagna ed il pesarese, che si contrapponeva al castello malatestiano di Montelevecchie (attuale Belvedere Fogliense). Nel corso del 1300, nel territorio di Urbino si avvicendarono i Montefeltro e i rappresentanti dello Stato Pontificio, con continue scorrerie, assedi e saccheggi, ad opera delle milizie che imperversavano in queste contrade. Nel 1446, poco dopo la battaglia di Monteluro, seguì un feroce attacco dei Malatesta, che conquistarono Montefabbri e poi anche Colbordolo e Talacchio. Negli anni successivi questi territori tornarono, però, in mano ai Montefeltro e, dalla seconda metà del 1400, iniziarono quarant’anni di pace per Urbino e un grande momento economico, che si riflettè anche sui montefabbresi. Il 5 maggio 1578, Francesco Maria II della Rovere, duca di Urbino, subinfeudò il castello al valente architetto militare Francesco Paciotti in cambio di seimila scudi d’oro e due pernici l’anno, come simbolico censo. La dinastia detenne il potere fino al 1744 e, tra i discendenti del Paciotti che si avvicendarono nel governo, Guidobaldo, terzo conte, venne maggiormente ricordato, tanto da meritarsi la dedicazione della principale via che conduce alla pieve: via del Baldo. Nella seconda metà del 1600, grazie all’operato di Guidobaldo Paciotti, Montefabbri conobbe un periodo di prosperità: con una florida produzione di ceramiche (documentata dal 1620 agli inizi del 1700), la nascita dell’archivio notarile e del monte frumentario, l’ampliamento e l’ammodernamento della pieve e del palazzo baronale e l’acquisto del mulino ducale di Pontevecchio. Dopo il 1744, con l’estinzione della famiglia comitale, Montefabbri venne unita a Urbino. A fine secolo, giunse l’esercito napoleonico che, dopo aver assediato e invaso la città ducale, cercò rifugio sulle mura del castello, ma venne attaccato e fatto prigioniero dagli insorti, accorsi dalle campagne circostanti. Durante il XIX secolo, per breve tempo, Montefabbri entrò a far parte del Regno d’italia e, con la Restaurazione pontificia, venne appodiata a Urbino. Fu, suo malgrado, protagonista della storia del brigantaggio (la banda di Terenzio Grossi occupò il paese nel 1861) e nel 1869 il comune venne soppresso per essere unito a quello di Colbordolo. Nel corso del secondo conflitto mondiale, il paese venne sfollato per imposizione nazista; è rimasto però miracolosamente illeo dai bombardamenti e ancora oggi conserva il suo aspetto di borgo quattrocentesco.
FRANCESCO PACIOTTO (PACIOTTI) (Urbino 1521-1591), conte di Montefabbri, fu uno dei massimi esponenti ed operatori dell’architettura militare cinquecentesca, appartenente a quella schiera di professionisti che il ducato di Urbino esportò in quegli anni in ogni paese europeo. Si formò alla bottega di Girolamo Genga prima di approdare a Roma, presso quella Accademia Vitruviana ove affinò la sua arte. Geniale innovatore delle tecniche di edificazione, ma rispettoso dei modelli della classicità, il Paciotto fu apprezzato negli ambienti delle corti di maggior prestigio, sia in Italia che Oltralpe. Figura complessa e ricca di contraddizioni, come risulta dalle pagine del Diario, il Paciotto si cimentò anche nella composizione di un trattato di architettura inedito, che sembra essere propedeutico alla scienza fortificatoria, ove l’autore dà prova di una perfetta conoscenza della geometria e delle tecniche più moderne di misurazione.
Situato su una collina, lungo l’antica direttrice che collega Pesaro a Urbino, Montefabbri rivela subito al visitatore il suo antico impianto architettonico. Il castello, con la sua imponente porta urbica, la cinta muraria medievale, i suggestivi vicoli e la pieve di San Gaudenzio.
La porta d’ingresso al castello conserva l’antica arcata, che sorregge la rampa d’accesso, in sostituzione del medievale ponte levatoio i cui cardini sono ancora visibili nel vestibolo. Dal 1600, una formella in pietra arenaria, con un bassorilievo raffigurante la Madonna del latte (del XV sec.), si staglia sulla parte superiore del portale.
Oltrepassato l’androne, si accede al paese e, nella parte interna del vano, campeggia lo stemma araldico in marmo bianco del conte Francesco Paciotti, sormontato dalla torre portaia.
L’edificio in mattoni a vista, affacciato sulla piccola piazza dirimpetto all’ingresso, fino al 1833, era sede del Palazzo municipale (struttura non visitabile) e la sagoma tondeggiante in facciata ricorda l’originale collocazione dell’orologio che si trova alloggiato sulla sommità della torre campanaria della pieve di San Gaudenzio. Il girone di mura del XII secolo costituisce la prima fortificazione di Montefabbri, costruito per difendere l’abitato, non ancora castello. All’interno della cinta muraria, come anche nelle fondamenta di alcune delle piccole case del paese, sono state scavate anticamente alcune grotte, usate sin dal medioevo per sortire fuori dal castello in caso di pericolo.
Il sistema viario è rimasto pressochè immutato, con i pittoreschi vicoli che si snodano a raggiera lungo la cinta muraria, regalando allo sguardo del visitatore attento scorci da cartolina.
Dinanzi alla porta urbica si apre via del Baldo, l’arteria principale che conduce alla pieve, e, in fondo alla via, svetta la torre campanaria (XV sec.), con i suoi venticinque metri di altezza.
La pieve di San Gaudenzio, dedicata al primo vescovo di Rimini, sorse probabilmente intorno al IX secolo e viene menzionata nei documenti come una delle quattro pievi più antiche della diocesi di Urbino. Oltrepassando l’arco a tutto sesto del portale in bugnato si accede alla chiesa, con il suo impianto ad aula unica, in cui si aprono due cappelle sul lato sinistro e tre nicchie, dotati di altari, a destra. Sulle massicce pareti della pieve si sussegue un nutrito gruppo di tele del XVII e del XVIII secolo, ma la ricchezza e il fascino del luogo è costituito dai numerosi paramenti che ornano la cantoria, gli altari, così come le lastre, le cornici e le balaustre, finemente decorati in scagliola. La piccola vasca ricavata da un cippo marmoreo di età romana, nella parete sinistra della chiesa, costituisce parte dell’originale battistero della pieve. Nella seconda nicchia, a sinistra dell’ingresso, ricavata da un ambiente del campanile, si trova una cappella, realizzata in stile goticheggiante, che costudisce le spoglie di Santa Marcellina, martire e vergine romana morta nel V secolo d.c.
Uscendo dalla porta di accesso al castello, a ridosso della rampa, sulla sinistra c’è l’antico lavatoio pubblico d’inizio Novecento, dotato di tre vasche.
Per gli amanti del cicloturismo, si propongono itinerari cicloturistici per bici da strada e mountain bike.
“Museo della mezzadria” allestito presso l’antico mulino di Pontevecchio
“Mostra permanente Giovanni Santi” allestita presso il Centro culturale dedicato al padre di Raffaello
“Fiesta global” festival delle arti globali che ha luogo nel mese di luglio
Festa religiosa dedicata a “Santa Marcellina” che ha luogo l’ultima domenica di luglio
“La notte dei Castelli”, iniziativa turistico-culturale che ha luogo nel mese di luglio
Tagliatelle con funghi e tartufo, formaggio pecorino, piadina e crescia di Pasqua.
Prodotto tipico è la crescia di Pasqua, una specie di panettone salato a base di formaggio pecorino e parmigiano che si accompagna con salumi, uova sode e vino locale.