Boville Ernica
Oltre i bastioni e le torri 

Comune di boville ernica
(Provincia di Frosinone)
Altitudine
m. 500 s.l.m.
Abitanti
8925 (600 nel centro storico)

Patrono
San Pietro Ispano, 11 marzo
info turismo
Comune, corso Umberto I 3 – tel. 0775 379004
www.comune.boville-ernica.fr.it

Lo spirito del luogo

Il nome

Deriva dall’antica cittadina volsca, o osco-sannitica, e poi romana, di Bovillae, così chiamata perché vi si praticava il culto del dio Bove (Bovis Villae = città del bove). L’aggettivo Ernica è stato aggiunto con il cambio di nome del 1907 per distinguere il Comune da un omonimo e per rilevare l’appartenenza al territorio abitato dagli Ernici, antica popolazione laziale. Dal medioevo e fino al 1907 il nome del paese era Bauco, da Baculus, che designava probabilmente il nome del proprietario del fondo, oppure da Buca per la presenza di buche (o grotte) nel terreno.

 

La storia

X sec. a.C., il ritrovamento in una collina adiacente all’attuale centro storico di mura poligonali megalitiche evidenzia un primo insediamento, confermato nei sec. VIII-VII a.C. dalla scoperta di due rustiche tombe accompagnate da vasi e anfore: si tratterebbe, secondo alcuni storici, della cittadina ernica di Boville (gli Ernici erano un’antica popolazione del Lazio, di probabile origine osco-sannitica) citata da Cicerone, dove si venerava il dio Bove, come testimoniato dal rinvenimento di numerose statuette fittili; altri, prendendo spunto da Tito Livio che parla di eserciti provenienti da “Luca dei Volsci” (303 a.C.), ritengono che gli originari abitanti del luogo fossero i Volsci, poi sostituiti dai Sanniti (ancora oggi esiste il toponimo “La Lucca”); in età romana, parte della popolazione si sarebbe spostata un po’ più a valle, in località oggi chiamata Sasso.
IX-X sec. d.C., l’insediamento di Sasso (Saxum), distrutto dai Saraceni e dagli Ungari (939), prenderebbe nome dall’abbandono del luogo, ridotto a un mucchio di sassi, mentre la popolazione sopravvissuta si sarebbe stabilita nel colle più alto di Babucus, da cui il nome del villaggio, Bauco; qui visse, in una grotta, il santo pellegrino Pietro, proveniente dalla Spagna.
XI-XII sec., il sito è fortificato con un’imponente cinta muraria, che non basta, però, a proteggere l’abitato, saccheggiato nel 1170 dal Barbarossa, nel 1186 da Enrico VI e nel 1194 dalle truppe germaniche; un assalto nemico viene invece respinto dagli abitanti nel 1204: ciò determina la riconoscenza di Papa Innocenzo III, che premia il fedele popolo di Babucus con il dono dell’autonomia amministrativa, tanto che per quasi quattro secoli il Comune è retto da una sorta di repubblica oligarchica – quella dei domini consortes -, con le principali famiglie che a turno, ogni nove mesi, delegano un loro rappresentante ad amministrare la giustizia civile e penale e a governare la comunità.
1583, Papa Gregorio XIII revoca definitivamente l’autonomia e pone Boville sotto il diretto controllo dello Stato Pontificio, con governatori nominati da Roma.
1861, i soldati piemontesi sono respinti dagli sbandati borbonici che hanno trovato rifugio nei domini del Papa dopo il crollo del Regno delle Due Sicilie.
1907, il Comune di Bauco assume il nuovo nome di Boville Ernica.

Cosa proteggono le tre cinta di mura e le diciotto torri dell’antica città del bove? Frammenti di bellezza che l’Angelo di Giotto, col suo sguardo reso primitivo dalle tesserine di mosaico, vuole conservare. Sembra volato, l’angelo, dalle mura ciclopiche sotto le quali sostavano i misteriosi Volsci e Ernici, le popolazioni originarie di questa parte del Lazio. La sonnolenta vita ciociara nelle acqueforti macchiaiole di Fattori riporta la memoria alla terra, solcata dagli aratri dei venerati buoi e poi benedetta dall’eremita spagnolo che voleva morire di consunzione. Prima di lui, un artista ignoto scolpisce sul pesante sarcofago di marmo dei primi secoli del cristianesimo una transenna a incroci diagonali che sembra il cancello d’ingresso al paradiso. Al quale forse si accede dal vicolo della Posterula che porta il visitatore di Boville ad affacciarsi, oltre i bastioni e le torri, sull’intera Ciociaria con i suoi uliveti e vigneti.

Ora che il centro storico, con la sua fitta rete di stradine, vicoli, piazzette, è stato finalmente liberato dalle automobili come si conviene a un borgo d’arte, possiamo andare alla scoperta di Boville in tutta tranquillità. Cominciamo la visita da porta San Nicola, dove balza subito agli occhi l’imponenza della cinta muraria con le sue torri. Entrati in via Roma, ammiriamo il palazzo Liberati e svoltiamo per via della Ripresa per arrivare al palazzo Filonardi, il più grande complesso architettonico del borgo, ricco di splendidi portali, di trifore, di preziose pavimentazioni, di maestosi scaloni. E stato eretto sull’antico castello dal cardinale Ennio Filonardi per la villeggiatura della corte pontificia e dedicato nel 1532 al suo benefattore Paolo III. Artefice di tanta bellezza il grande architetto rinascimentale Jacopo Barozzi detto il Vignola, il cui stile è impresso nel portale d’ingresso.
Arriviamo ora all’abbazia di San Pietro Ispano, inglobata nell’architettura del palazzo Filonardi, sorta probabilmente nel X o XI secolo sul luogo in cui dimorò l’eremita giunto dalla Spagna dopo aver combattuto i Mori. Si visitano la cripta costruita sulla grotta del santo e la cappella Simoncelli, dove sono custodite le preziose opere d’arte provenienti dall’antica basilica costantiniana di San Pietro in Vaticano, tra cui l’Angelo di Giotto – l’unica opera a mosaico dell’artista fiorentino giunta sino a noi -, il bassorilievo in marmo della Madonna del Sansovino, un busto argenteo attribuito al Cellini e contenente la reliquia di San Pietro Ispano, una croce in porfido trecentesca murata nella parete. Recentemente vi è stato portato un sarcofago paleocristiano (330-350 d.C.) con una particolare decorazione a bassorilievo, rinvenuto nel 1941 tra i campi di contrada Sasso.
Proseguiamo per Corso Umberto I su cui si affacciano il prospetto della chiesa del Battista, aperta al culto nel 1633 (ora sconsacrata) e recante, sul grande arco dietro l’altare maggiore, il Battesimo di Cristo affrescato dal Domenichino; il secentesco palazzo Simoncelli, eretto dall’omonimo prelato e ora sede del Comune; l’elegante palazzo De Angelis appartenuto alla famiglia del letterato e poeta Desiderio.
Arrivati nel salotto a cielo aperto di piazza Sant’Angelo, troviamo, di fronte alla lunga quinta architettonica dei palazzi Emilio e Velio Filonardi (XV secolo), la collegiata di San Michele Arcangelo, ricostruzione settecentesca, su disegno di Giuseppe Subleyras, di un precedente edificio di culto nominato già nel 1125. Contiene il monumento funebre del cardinale Ennio Filonardi, un pregevole San Sebastiano del Cavalier d’Arpino e altre notevoli tele di vari periodi, tra cui la settecentesca Addolorata di Antonio Cavallucci. Riprendiamo il cammino da piazza Sant’Angelo imboccando di nuovo il Corso verso la via Capo Croce, per giungere in piazza Santo Stefano con la chiesa di Santo Stefano ricca di tele settecentesche di scuola bolognese e il palazzo Bulgarini. Scendiamo ora verso piazza San Francesco per ammirare la torre Bulgarini, la chiesa di San Francesco (ora sala mostre) e il monastero di San Francesco. Dai lavori di restauro della chiesa sono emersi affreschi tre-quattrocenteschi e alcuni riconducibili all’arte bizantina; c’è pure un ciclo trecentesco attribuito a un allievo di Giotto. Percorriamo ora la via Nuova fino a via Tritoni per sbucare in piazza Santa Maria con la chiesa di Santa Maria, la torre Cometti e il palazzo Vizzardelli (XVIII secolo). Raggiungiamo ora la porta Santa Maria attraverso l’omonima via, che ci conduce fuori dal centro storico. La visita, però, non è finita, perché costeggiamo per un buon tratto le mura medievali intervallate da torrette, fino ad arrivare alla piazza dell’antico lavatoio, e di qui a porta San Francesco, inglobata nel convento posto alla sua sinistra, e più avanti a un’altra porta più piccola, la Posterula con la sua scalinata.
E non è finita, perché da qui può proseguire la passeggiata intorno alle mura con vista sul paesaggio delle colline ciociare.

Piaceri e Sapori

Visite alla città d’arte di Boville con le guide turistiche dell’Associazione Xenia (tel. 347 0143060).

Boville può essere il punto di partenza per conoscer le altre bellezze della regione ciociara, più o meno identificata con il Lazio meridionale e la provincia di Frosinone. Interessanti località vicine sono Veroli, per il centro storico e l’abbazia di Casamari, Isola del Liri per le cascate del fiume Liri, e Sora.

Museo Civico San Francesco,
piazza San Francesco: mostre temporanee ed eventi culturali.

Gara del Cacio,
il giorno di Carnevale: tradizionale competizione nel corso della quale si fanno ruzzolare lungo le strade del paese forme di cacio pecorino, avvolte in fogli di carta paglia e in una gabbia di spago.

Festa del Patrono,
11 marzo: San Pietro Ispano è ricordato con una grande fiera.

La Passione,
festività pasquali: il rito del Venerdì Santo in costume storico.

BovillEtnica,
primadecade di agosto: rassegna di musica e danza etnica.

Boville Città Museo,
prima decade di agosto-seconda decade di settembre: rassegna di arte contemporanea.

L’olio degli uliveti ciociari è la base dei piatti tradizionali come l’abbacchio (agnello) al forno con le patate, che a Boville si consuma nel periodo pasquale, la polenta con verdure o con salsicce e fagioli, o ancora il timballo alla baucana, che in questo borgo viene preparato in modo originale.

Tra le poche attività artigianali che sopravvivono a Boville c’è il ricamo, un’arte diffusa dalle suore benedettine, che ancora realizzano con ago e filo corredi nuziali, tovagliee corredini per neonato.