MORIMONDO_StemmaMorimondo
Aratro e preghiera

Comune di MORIMONDO
(Provincia di Milano)
Altitudine
m. 120 s.l.m.
Abitanti
1.200 (450 nel borgo)

Patrono
San Bernardo, 20 agosto
info turismo
Comune, Piazza Municipio 1 Tel. 02 94961941
www.comune.morimondo.mi.it

Lo spirito del luogo

MORIMONDO_StemmaIl nome
L’abbazia cistercense di Morimondo è una filiazione di quella francese di Morimond, da cui prende nome anche il borgo. Morimond, a sua volta figlia di Cîteaux (Cistercium), fu l’ultima delle quattro abbazie-madri da cui partirono i monaci per fondare altre abbazie in tutta Europa. Il suo nome deriva dal latino moritur mundus, “morire alle cose del mondo”.

 

La storia
1134, arrivano a Coronate, nella valle del Ticino, dodici monaci guidati dall’abate Gualcherio, provenienti da Morimond, in Borgogna. Morimond era – con La Ferté, Pontigny e Clairvaux – una delle quattro abbazie-madri dell’ordine cistercense fondato nel 1098 a Cistercium (Cîteaux) da Roberto di Molesme per ristabilire l’austerità della regola benedettina; l’abate Stefano Harding fu l’organizzatore dei cistercensi; all’ordine diede poi forte impulso dal 1113 Bernardo di Clairvaux. Nel 1136 i monaci francesi giunti due anni prima presso il Ticino, scelgono un luogo chiamato Campo Falcherio per fondarvi la nuova abbazia, cui danno il nome di Santa Maria di Morimondo. Si occupano direttamente delle attività agricole, disboscano, bonificano e irrigano l’area intorno al Ticino, trasformandola in zona fertile con coltivazioni a marcite.
1182, inizia la costruzione della chiesa abbaziale: a causa di guerre, saccheggi e problemi con la proprietà del terreno, i lavori terminano solo nel 1296.
XIV sec., è la fase di massima espansione dell’abbazia che, grazie a donazioni di terre, arriva a raggiungere circa 24 km quadrati tra coltivi e bosco, con un gran numero di grange, mulini e cascine.
1450, il declino inizia con la trasformazione dell’abbazia in commenda del Vescovo di Milano; nel 1490 Giovanni de’ Medici (futuro Papa X) divenuto commendatario di Morimondo, per ricondurre il monastero alla stretta osservanza della regola di San Bernardo, fa assumere la guida dell’abbazia a otto monaci provenienti dal cenobio cistercense di Settimo Fiorentino.
1561, Carlo Borromeo, cardinale della diocesi di Milano, sopprime la commenda, istituisce la parrocchia di Morimondo e trasferisce la maggior parte dei possedimenti dei monaci all’Ospedale Maggiore di Milano.
1648-52, l’abate fiorentino Libanorio tenta la rinascita culturale e spirituale di Morimondo.
1798, la soppressione napoleonica del monastero causa la dispersione del patrimonio librario e dei preziosi codici miniati; l’abbazia è messa all’asta e venduta nel 1805.
1982, il Comune di Morimondo acquista il monastero e inizia una rigorosa opera di recupero architettonico, conclusa nel 2008.

Tutto è iniziato dalla colonna ottagonale in pietra (l’ottavo giorno, simbolo della rinascita) che i monaci francesi venuti da Morimond piantarono nelle zolle del Ticino, come atto di fondazione della nuova abbazia, quasi novecento anni fa. I cistercensi, a differenza dei confratelli cluniacensi, da cui si erano staccati, tornano alla regola di San Benedetto, al lavoro manuale: “croce e aratro” è il loro motto. Bonificano le terre intorno al fiume, costruiscono canali d’irrigazione, inventano l’uso del prato a marcita per avere più raccolti d’erba, cioè più fieno per il bestiame. E innalzano un’abbazia impastando argilla di fiume che, cotta nella fornace, darà loro i mattoni. Il mattone lombardo col suo colore rosso s’impone sul cielo mutevole, quando l’orizzonte, come in uno sfumato leonardesco, si vela per la nebbiolina che sale da rogge, fontanili e risorgive. Questo paesaggio di fiume, prati, boschi, risaie e cascine ha ricevuto dai monaci la sua vocazione agricola. E c’è continuità tra i filari di pioppi, le lanche e le marcite lungo il filo argenteo del fiume, e l’architettura cistercense che esprime la spiritualità dell’ordine, fatta di preghiera, studio, lavoro e rispetto della natura. Il monastero ha generato il borgo di Morimondo, e oggi il borgo vuole rigenerare il monastero: non solo l’ha restaurato, ma ne ha fatto proprio il linguaggio. Così, a Morimondo sono spariti i cartelloni pubblicitari dalle strade, i cavi aerei, i piani rialzati delle case. Il paesaggio deve restare quello che vedevano i monaci dalle monofore aperte dell’abbazia.

Le trame che tessono i fili del mondo mettono insieme il cielo e il mattone rosso di Lombardia, un’agricoltura fiorente e l’abbazia fondata nel 1136 da un gruppo di monaci venuti dalla Borgogna. Con l’abito bianco di lana grezza di pecora, questi edificarono presso le rive del Ticino l’abbazia di Santa Maria di Morimondo, restituita alla storia dal recente restauro. Una storia lunga secoli, perché il lavoro diretto dei monaci fu la condizione per lo sviluppo dell’agricoltura e la custodia degli ambienti naturali che contraddistinguono il territorio del parco del Ticino.

Le poche case del borgo sorto a ridosso dell’abbazia, in corrispondenza delle fattorie e delle grange (i centri agricoli del monastero) create dalle bonifiche dei cistercensi, sono state coinvolte nell’azione di recupero, come i vicoli e la piazzetta, pavimentati con la tradizionale “rizzata”, le cascine e le pertinenze del monastero. Il risultato è un complesso omogeneo nella calda tonalità del cotto, che si sposa alla perfezione con i cieli sopra il Ticino, il verde di orti, prati e boschi, e l’abbazia che è all’origine di tutto.
Morimondo è un’architettura cistercense già evoluta verso lo stile gotico, come evidenziano le volte a crociera. La lunga fase di gestazione (1182-1296) ha risentito degli sviluppi dell’architettura, con il passaggio dal romanico alla verticalità del gotico. Ma l’abbazia di Morimondo conserva tutti i caratteri di una bellezza che parla all’anima più che ai sensi, quindi è principalmente architettura monastica, priva di fronzoli, essenziale (il senso di ordine è dato dai mattoni a vista), basata sulla mistica della luce nel rapporto con l’ombra e della geometria nelle dimensioni degli edifici.
La facciata della chiesa, terminata nel 1296, è lombarda per la forma “a capanna” e “a vento” (con le finestre aperte verso il cielo) e rivela alcune asimmetrie che sono la cifra del linguaggio cistercense: la perfezione appartiene solo a Dio, quindi sono ammessi, anzi voluti, errori quali bifore e rosone non simmetrici e, all’interno, colonne di differente altezza o con capitelli diversi, come diversi sono i costoloni delle volte a crociera e gli stili delle navate laterali, una romanica e l’altra gotica. Gli errori, secondo il credo cistercense, sono assorbiti dalla bellezza dell’insieme e dello stare insieme (la vita di comunità): la chiesa abbaziale presenta, infatti, una sobria bellezza, data dalle proporzioni armoniche e dalle opere murarie, eleganti nonostante la povertà dei materiali usati. All’assenza di decorazioni si supplisce con l’acustica per l’ascolto della parola di Dio e con la capacità di catturare la luce in fasci che scendono dall’alto come la grazia divina e la salvezza.
Nella chiesa sono da vedere il coro ligneo dietro l’altar maggiore, con il particolare delle incisioni a ferro rovente e delle tarsie certosine realizzate da Francesco Giramo nel 1522; il crocifisso ligneo di scuola toscana della metà del XV secolo; l’affresco, strappato al chiostro, della Madonna col Bambino e san Giovannino tra i santi Benedetto e Bernardo, della scuola di Bernardino Luini (1515).
Come tutti i monasteri cistercensi, anche Morimondo presenta una regolare distribuzione degli ambienti intorno al chiostro quadrato. Il porticato ha un lato romanico, appartenente alla primitiva abbazia, e tre rinascimentali, costruiti dai monaci fiorentini. Si possono visitare tutti gli ambienti: lo scriptorium, dove i monaci amanuensi tra il 1170 e il 1210 circa, realizzarono una novantina di volumi miniati (sul muro è rimasta l’ingenua rappresentazione geografica del mondo com’era immaginato nel Duecento); la Sala del Capitolo, dove veniva eletto l’abate e si esercitava il governo del monastero, sopra la quale è ancora esistente il dormitorio dei monaci; il locutorium, dove l’abate assegnava gli incarichi; il refettorio, risistemato nel Settecento.
All’interno del Parco del Ticino, merita una visita la cascina Fiorentina, la grangia fondata alla fine del XV secolo dai monaci riformatori fiorentini, dove si possono ancora vedere il mulino e il forno che un tempo funzionavano a pieno ritmo.
Conserva la vecchia struttura della cascina lombarda anche il borgo di Fallavecchia, in realtà un piccolo paese che ha perduto le centinaia di lavoranti e la vita di un tempo: ci sono ancora, però, negozio, osteria, chiesetta e le stalle per le vacche, a ricordare l’insediamento agricolo che ruotava intorno al cascinale e alla casa padronale. Insomma, la campagna com’era una volta.

Piaceri e Sapori

morimondo campagnaCicloturismo, grazie alla ciclabile che costeggia il Naviglio di Bereguardo da Abbiategrasso a Bereguardo e da Abbiategrasso alla darsena di Milano, sul sentiero E1 che collega il Mare del Nord al Mediterraneo. Altre piste ciclabili: Sentiero del Giubileo, inaugurato nel 2000, e Sentiero delle Cinque Chiese, tra Morimondo e Besate passando per le strade vicinali della vallata. Visita alle cascine e alle fattorie didattiche.
Navigazione sul Naviglio Grande: si va in barca tra ville e abbazie con itinerari diversificati; tel. 02 94921177; www.consorzionavigli.it

Meta di gita domenicale dei milanesi, Morimondo è un’oasi verde nell’area più industrializzata e urbanizzata d’Italia. Non c’è niente, intorno, che possa sconvolgere la serenità di una giornata in campagna: niente improbabili condomini, brutture visive o cemento. Siamo nel Parco Regionale della Valle del Ticino, fiume gentile che nel tratto da Abbiategrasso alla Zelata mostra il meglio di sé sotto il profilo ambientale. La zona conserva la sua vocazione agricola: ovunque, cascine con orti e piante da frutto o terreni coltivati a riso, carne e latte a km zero. Qui resiste il paesaggio di acque preziose tipico della pianura padana: fontanili, marcite, risaie; e poi pioppeti, ontaneti (l’ontano nero è il re degli alberi), campi che si susseguono a perdita d’occhio. A Morimondo ci sono 14 cascine, alcune delle quali derivano direttamente dalle grange fondate dai cistercensi, come Fallavecchia, Fiorentina, Monte Oliveto, Coronate, Basiano, Ticinello; altre sono diventate agriturismi di qualità con produzioni proprie (cotechino, riso, carni bovine) come la cascina Lasso; altre ancora associano l’agricoltura alla cultura, ospitando nel fienile o nell’aia le proiezioni della rassegna itinerante “Cinema in cascina”.
Tutto il territorio si presta a essere visitato a piedi o in bicicletta.
Una passeggiata fino alle Conche del Naviglio di Bereguardo è d’obbligo. Sul Naviglio si può anche andare in barca.

morimondo interno chiesaMuseo dell’abbazia,
piazza Municipio 6, tel. 02 94961919: costituito dagli ambienti stessi del monastero cistercense, consente la visita al chiostro, alla sala capitolare, alle sale di lavoro dei monaci, alla sala dei fondatori, al loggiato, al refettorio e al dormitorio; www.abbaziamorimondo.it

Museo Civico Angelo Comolli: dedicato al pittore (1863-1943) che abitò nell’abbazia da lui comprata nel 1917.

Cascina Fiorentina, tel. 02 94961970: la meglio conservata delle antiche grange, è visitabile come fattoria didattica e su prenotazione.

Borgo di Fallavecchia: è un museo all’aperto della vita rurale del passato.

Museo di arte sacra e dei presepi, Via Comolli 2

Festa del Latte, aprile: vendita di prodotti caseari e latte fresco.

Trecentesca, maggio: una delle principali manifestazioni europee di carattere medievale; gruppi di diverse nazioni mettono in scena situazioni legate alla battaglia di Casorate del 1356 tra l’esercito milanese e quello filoimperiale di Carlo VI di Boemia. Battaglia notturna tra i campi medievali, cerca dei cavalieri, processione dalla chiesa ai campi. www.trecentesca.it

Cinema in Cascina, estate: alcune cascine sono tappa della rassegna itinerante di cinema nelle campagne del Parco del Ticino.

Festa del Forno Antico e del Pane, settembre: pranzo con specialità gastronomiche lombarde.

La specialità è la cassoeula con la polenta, piatto tipico lombardo che si ritrova, in realtà, in quasi tutte le trattorie, insieme con i risotti e il brasato.

Le fattorie di Morimondo forniscono il latte usato per lo stracchino e il gorgonzola. In una cascina si produce birra agricola con i cereali coltivati nelle campagne. I salumi che si gustano nelle trattorie sono tutti di produzione locale (ottimi il cotechino e il salame, crudo e cotto). Nelle cascine ci sono ancora le coltivazioni di riso (varietà Carnaroli).