Torre Alfina
Un castello nel bosco

torre alfina
nel Comune di Acquapendente
(Provincia di Viterbo)
Altitudine
m. 602 s.l.m.
Abitanti
5800 (490 nel borgo)

Patrono
San Bernardino da Siena, terza domenica di maggio
info turismo
Pro Loco torre Alfina, loc. Belvedere – tel. 0763 716206
www.prolocotorrealfina.it
Ufficio Turismo, piazza G. Fabrizio 17 – tel. 0763 7309206
turismo@comuneacquapendente.it – www.prolocotorrealfina.it
www.comuneacquapendente.it – www.torrealfina.net

Lo spirito del luogo

Il nome

La storia di Torre Alfina è tutt’una con quella del suo castello. Il borgo nasce infatti nell’alto medioevo attorno a una torre d’avvistamento già esistente sul punto più elevato dell’altopiano dell’Alfina.

 

La storia

VIII sec., secondo i Comentari Historici di Monaldo Monaldeschi, sarebbe stato Desiderio, ultimo re dei longobardi, a costruire la torre centrale, detta del cassero, intorno alla quale è sorto il borgo; gente dei luoghi vicini avrebbe cercato riparo intorno a questa torre fatta in fortezza.
809, intorno a quest’anno si sarebbe stabilito a Orvieto uno dei fratelli di Carlo Magno scesi in Italia, dando origine alla famiglia Monaldeschi; questa prese il controllo di molti castelli della zona estendendo il suo potere anche su Torre Alfina, almeno fino al 1314, anno in cui la famiglia rivale dei Filippeschi, di parte ghibellina, li costrinse ad abbandonare il territorio; nel 1316 i Monaldeschi ritornano al potere.
1527, durante il sacco di Roma il napoletano Fabrizio Maramao espugna il castello per saccheggiarlo, ma non riesce a conquistare il cassero, difeso strenuamente dalla gente di Trevinano, schierata con la popolazione di Torre Alfina.
1553, il castello con i suoi possedimenti passa in eredità a Francesco Sforza della Cervara, capitano di cavalleria per molto tempo al soldo dei Farnese, al quale si deve la trasformazione del vecchio maniero in ricca abitazione rinascimentale; estinta la casata dei Monaldeschi, il castello nella seconda metà del XVII sec. è trasmesso in eredità ai marchesi Bourbon del Monte, con i quali comincia il declino.
1867, il generale Giovanni Acerbi, luogotenente di Garibaldi, sceglie il castello come quartier generale ai confini dello Stato Pontificio per la sua posizione geografica tale da scoraggiare gli attacchi.
1880, il castello è acquistato, insieme alla tenuta di circa 30 km di circonferenza, da Edoardo Cahen, che per questo prende il titolo di marchese di torre Alfina; è lui ad iniziare l’opera di restauro e ristrutturazione del castello, che sarà completata dal figlio Teofilo Rodolfo secondo lo stile neogotico allora di moda.

Tutto è nato da una torre, dalla simbologia così potente da essere associata alle streghe (torre delle streghe, do se va se vede: dove vai la vedi). Torre poi diventata castello, torrioni, falso storico in stile neogotico, ma che continua, in virtù dell’immaginario che sprigiona, a dominare un borgo sprofondato nel verde, stordito nel fruscio del vento, che affaccia i suoi occhi sull’Umbria, sulla vicina Toscana, sul Monte Amiata. Un borgo racchiuso nelle nicchie delle cose familiari, arroccato a semicerchio con più file di case intorno al suo castello circondato da un meraviglioso bosco. Se la terra, oggi, offre immagini confuse, chiara è la volontà del marchese che qui si è fatto seppellire nel suo artistico mausoleo. Tutto ritorna alla terra: almeno siano belle le architetture che l’uomo vi costruisce sopra.

Dall’alto dei suoi 602 metri, il borgo domina a 360 gradi il paesaggio circostante. Risulta evidente la posizione strategica del luogo che ha dato origine alla torre più antica, oggi inglobata nel castello.
Con l’espandersi del borgo, la rocca originaria venne fortificata con una seconda cinta muraria, costituita da bastioni, dalle mura delle abitazioni e munita di più porte d’accesso. Due di queste sono scomparse con i lavori di ristrutturazione del marchese Cahen, mentre è ancora presente Porta Vecchia.
Il palazzo, costruito a ridosso della torre, fu dimora dei signori di turno. Prima i Risentii (secolo XIII), i cui stemmi delle pietre tombali sono ancora visibili nel cortile del castello e quindi, per legame di parentela, i Monaldeschi di Orvieto, del ramo Cervara, che dominarono questo luogo dalla fine del Duecento fino alla seconda metà del Seicento.
In particolare si deve a Sforza Cervara, ex capitano di ventura, la ricostruzione in stile rinascimentale del primitivo castello medievale. Del periodo rimangono parte del cortile interno, un’ala decorata con affreschi, alcuni arredi e stemmi della famiglia.
Presso la chiesa parrocchiale sono conservate alcune opere che facevano parte della cappella gentilizia: due tele tardocinquecentesche, una Deposizione che vede nelle vesti di oranti Sforza Cervara e i suoi familiari; una Natività dove si riconoscono gli stemmi dei Monaldeschi e della Comunità, e due pale d’altare del secolo XVII. Fu Edoardo Cahen a ristrutturare il palazzo Monaldeschi. L’immensa mole di pietra cercò spazio anche in varie parti del paese che furono completamente trasformate, come la zona che accoglie la rampa d’accesso al castello o quella che guarda la piazza Sant’Angelo, occupata da un giardino pensile e dalla scalinata d’accesso. Quest’opera colossale fu affidata all’architetto Giuseppe Partini di Siena, e i lavori si protrassero fino agli anni Venti del Novecento. Edoardo non vide il castello finito ma volle essere seppellito nell’amato bosco-giardino del Sasseto, che lui stesso aveva reso agibile con sentieri costruiti tra gli scogli, in una tomba-mausoleo realizzata nello stesso stile neogotico del castello e come questo rivestito in basalto e rifinito in travertino. Completò l’opera il figlio di Edoardo, Teofilo Rodolfo, arredando il castello con estrema ricercatezza e realizzando un grande giardino al di sopra del bosco. L’avvento del nazismo, le leggi razziali e poi la guerra interruppero questo sogno. Il castello divenne prima quartier generale dei tedeschi e poi depredato. Il marchese, espatriato già da tempo, morì a Parigi, lasciando tutto al maggiordomo, Urbano Papilloud. Questi abitò sporadicamente Torre Alfina e quindi si ritirò a Ginevra con la moglie. Oggi torre Alfina è un borgo che rivive e valorizza la propria storia e le proprie potenzialità: aria buona, tanto verde e strutture culturali e ricettive. Il Sasseto è annoverato nei parchi monumentali d’Italia. Il Museo del Fiore e l’antico mulino ad acqua da poco ristrutturato lo rendono un gioiello all’interno della Riserva Naturale Monte Rufeno. All’interno del borgo una serie di targhe in ceramica ricordano i luoghi scomparsi mentre Chambre d’Amis, mostra permanente d’arte contemporanea all’aperto, valorizza gli angoli più significativi. Nel capoluogo Acquapendente merita una visita la cripta del Santo Sepolcro, all’interno della quale si trova il sacello che riproduce il Santo Sepolcro di Gerusalemme, dove sono custodite le pietre che, secondo tradizione, sarebbero state bagnate dal sangue di Cristo durante la Passione.
Questa costruzione, una delle più importanti cripte romaniche d’Italia, risale alla seconda metà del X secolo, quando Acquapendente, che si trovava sulla via Francigena, era diventata tappa di passaggio per i pellegrini diretti a Roma.

Piaceri e Sapori

Passeggiate e trekking.

A ridosso del castello di torre Alfina si estende per circa 60 ettari il Bosco del Sasseto, ricco di latifoglie secolari (alberi che superano i 25 metri di altezza) e di fauna e flora.
Il borgo è inoltre compreso nella Riserva Naturale Monte Rufeno, un’area protetta di circa 2900 ettari all’estremo nord della provincia di Viterbo, attraversata dal fiume Paglia e costituita da boschi misti e pinete.
Tra la flora spontanea, si trovano numerose specie di orchidee e il narciso dei poeti: per una conoscenza più approfondita, basta visitare a torre Alfina il Museo del Fiore.
Chi volesse vedere, infine, un antico mulino ad acqua per la macinazione dei cereali può recarsi al Mulino del Subissone, posto lungo uno dei più bei sentieri della Riserva Naturale. Vicino al museo c’è un forno a legna per la cottura del pane.

Museo del Fiore,
loc. Casale Giardino, tel. 800 411834, www.museodelfiore.it. Affronta il mondo del fiore da diversi punti di vista: botanico, ecologico, storico e culturale.

Torre Julia de’ Jacopo,
via G. De Jacopo 2, Acquapendente, tel. 800 411834, 0763 730065 è la sede del Centro Visite della Riserva Naturale Monte Rufeno e del Museo della Ceramica Medievale.

Museo della Città,
palazzo Vescovile, via Roma 85, Acquapendente,
tel. 0763 7309205, fax 0763 711215, www.museoacquapendente.it

Chambre d’Amis,
torre Alfina: mostra permanente d’arte contemporanea all’aperto.

San Bernardino da Siena,
terza domenica di maggio: la festa è caratterizzata dalla realizzazione delle infiorate nelle strade del borgo.

Torre Alfina Blues Festival,
luglio: quattro giorni dedicati alla musica blues, tra eventi culturali e degustazioni gastronomiche nei punti più caratteristici dell’antico abitato.

Fiera di San Bartolomeo,
agosto: vetrina di prodotti tipici, gastronomici e artigianali; venditori e artigiani si ritrovano in questa fiera che ha origine nel Seicento.

Sagra delle Pappardelle al Cinghiale,
settimana di ferragosto: una delle più famose sagre dell’Alto Lazio dove è possibile degustare piatti a base di cinghiale.

Festa della Madonna del Santo Amore,
prima settimana di settembre: si chiama oggi Ponti nel Tempo la festività più sentita dalla popolazione; si rievoca con un corteo storico la “traslazione” dell’immagine della Madonna avvenuta per la prima volta nel 1760.

Il Banchetto di Astorre,
inizio settembre: coreografie, musiche e piatti medievali, a cura dell’Associazione Astorre.

Le pappardelle al cinghiale sono il piatto tipico di Torre Alfina, che trae origine dalle fettuccine alla lepre cucinate dalle nonne.
La proliferazione dei cinghiali nei boschi intorno al borgo ha portato progressivamente, nella preparazione del ragù, a sostituire la carne della lepre con quella di cinghiale.Nei giorni di ferragosto le pappardelle sono protagoniste della sagra nella piazza centrale del borgo.

Si viene a Torre Alfina per mangiare il gelato. Certo, l’enogastronomia del territorio è eccellente, come ovunque in Italia, ma qui, già dalla fine degli anni Sessanta, ci si è specializzati nella produzione artigianale di gelato, tanto da richiamare golosi dall’alto Lazio, dall’orvietano e dalla bassa Toscana. L’accurata scelta delle materie prime tiene impegnati durante la bassa stagione i gelatieri di Torre Alfina, sempre alla ricerca di nocciole delle Langhe, pistacchi di Sicilia, ricotta romana. Ne esce un prodotto di eccezionale cremosità, grazie al latte e alla panna sempre freschi.

Ospitalità

Albergo Ristorante Nuovo Castello

Struttura a gestione familiare completamente ristrutturata, con 10 camere dotate di tutti i comfort. Eccellente ristorazione, tipica dell’alta Tuscia, rinomata per le pappardelle al cinghiale. Giardino e piscina. Dependance all’interno della riserva N. Monte Rufeno nel Casale S. Antonio con 4 appartamenti.

  Via Cardarelli, 6
  +39 0763 716106
  +39 348 0576255
 nuovocastello@libero.it
 www.nuovocastello.it

Podere Elvella

La nostra cantina e il vigneto si trovano nell’alta Tuscia, nella splendida e incontaminata vallata tra Lazio e Toscana. Produciamo i vini Grechetto Rosso e Procanico Doc Tuscia.

  Predio Elvella, 6
  +39 337 468439
 info@elvella.it

Agriturismo Pomantello

Ubicato in una splendida posizione panoramica al confine della Riserva Naturale di Monte Rufeno. L’Agriturismo dispone di sei appartamenti con tutti i comfort. Sul poggio si trova un parco giochi per bambini con una casetta di legno, altalena, scivolo, sabbia e ping pong.

 Predio Pomantello, 4
  +39 0763 3716092
  +39 339 3560622
 pomantello@email.it
 www.pomantello.com