Castel Gandolfo
Il buen retiro dei Papi

 

Comune di castel gandolfo
(Provincia di Roma)
Altitudine
m. 246 s.l.m.
Abitanti
8431 (1800 nel borgo)

Patrono
San Sebastiano, 1 settembre
info turismo
Ufficio Turismo, piazza della Libertà 7 – tel. 06 9359181
www.comune.castelgandolfo.rm.it

Lo spirito del luogo

Il nome

Deriva da un castello fatto erigere dalla famiglia romana Gandolfi nel sec. XII.

 

La storia

XIII sec. a.C., sul sito dell’attuale Castel Gandolfo sorgeva Alba Longa, fondata, secondo la tradizione, dal figlio di Enea, Ascanio. La città madre dei Latini (il toponimo rimanda al lago Albano) fu distrutta dai Romani nel VII sec. a.C.
398 a.C., durante l’assedio di Veio, i Romani, per regolare il livello delle acque del lago Albano, scavano un tunnel nella viva roccia per un chilometro e mezzo: l’emissario è ancora oggi visibile.
II-I sec. a.C., in età repubblicana, sulle rovine di Alba Longa sorgono lussuose ville romane.
1216, i marchesi Gandolfi arricchiscono di un castello l’antico villaggio di Cuccuruttus – così si chiamava il borgo nel medioevo. La proprietà del castello passa poi ai Capizucchi e infine ai Savelli, dai quali l’acquista nel 1604 la Camera Apostolica.
1623, Urbano VIII trasforma l’antica residenza dei Savelli in palazzo Pontificio. Nel 1626 il Papa parte per la sua prima villeggiatura nel nuovo palazzo di Castel Gandolfo.
Nel 1659 Gian Lorenzo Bernini ha l’incarico di sistemare la piazza con la fontana e di erigere la chiesa di San Tommaso. Castel Gandolfo diventa meta preferita di cardinali e prelati della curia romana e luogo di villeggiatura dei Papi fino al 1870. Il palazzo rimane poi inutilizzato fino al 1929, quando lo Stato italiano lo riconsegna al Vaticano.

Le divinità del luogo erano latine: qui c’era il sacrario dell’antica nazione latina, dove per secoli nel tempio dedicato a Vesta è rimasto acceso il fuoco portato dai troiani. I Papi scelsero come loro “buen retiro” il luogo della mitica Albalonga. Ne risulta un concentrato d’opere d’arte difficile da trovare altrove:
la cupola slanciata del Bernini, il palazzo Pontificio costruito da Carlo Maderno, l’eleganza neoclassica di Giuseppe Valadier per villa Torlonia, la grande scalinata del giardino del Belvedere, il borgo racchiuso da mura, gli Horti Torlonia e gli Horti Ludovisi: immagini di campagna romana negli occhi dei viaggiatori del Grand Tour, oggi vive solo nella fantasia. E le antiche ville di Clodio e Domiziano, le rovine romane disseminate dappertutto, le memorie piranesiane della Piscina Torlonia, gli stucchi e i dipinti dei palazzi. Forse, per capire questo luogo che ha intrigato viaggiatori e artisti, bisogna alzare gli occhi sul frontone triangolare della facciata di villa Torlonia scolpito da Thorvaldsen, raffigurante Apollo che suona la lira circondato da pastori: un’opera algida, bianca, immota, come il sogno del ritorno a un’antichità perduta per sempre. Il sogno segreto dei Papi.

Arrivando da Roma, s’incontra sulla via Nettunense, in località Laghetto, la sontuosa villa che il cardinale Flavio Chigi fece costruire nel secolo XVI. Dalla zona alta del parco una scalinata conduce a un ninfeo con le pareti dipinte. Rientrati sulla via Appia, sulla destra appare la chiesa di San Sebastiano. L’Appia prosegue in salita, costeggiando sulla sinistra il muro di cinta della villa Castel Romano, nel cui parco si trovano i resti di quella che forse fu la villa di Clodio. Percorrendo la moderna via consolare si raggiunge Castel Gandolfo e in breve la piazza con lo sbocco del cunicolo dell’emissario del lago Albano scavato dai Romani. Sul lato opposto dell’Appia inizia via Ercolano: qui si estendevano gli Horti Torlonia, oggi occupati da lottizzazioni residenziali e dal Parco archeologico degli Ibernesi, dove sono presenti alcuni resti della villa di Domiziano. Da lì Castel Gandolfo si staglia splendida contro il cielo. Proseguendo su via Ercolano si raggiunge villa Torlonia, restaurata nel 1817 dall’architetto Giuseppe Valadier. La facciata principale rivolta verso il parco è formata da un portico delimitato da sei colonne doriche su cui poggia una terrazza, dal cui piano si alzano sei colonne con capitelli ionici dove poggia un frontone triangolare scolpito da Thorvaldsen.
Poco oltre l’ingresso di villa Torlonia si trova il complesso di costruzioni appartenute un tempo ai Gesuiti. La villa, acquistata dalla Compagnia di Gesù nel 1667, fu ceduta nel 1773 alla Camera Apostolica, e da questa data in affitto all’inglese Thomas Jenkins che la adibì ad albergo. Vi dimorò anche Goethe durante il suo secondo viaggio in Italia. Nel 1963 il duca Torlonia la cedette al Vaticano.
Da via Ercolano si raggiunge villa Cybo. La residenza fu acquistata nel 1717 dal cardinale Cybo e nel 1772 venduta a Livio Odescalchi che la girò a Papa Clemente XIV. Notevole è la fontana detta “delle lavandaie” per le due figure femminili intente a lavare i panni nella vasca. Un’altra magnifica dimora è palazzo Del Drago, fatto costruire dal cardinale Alessandro Albani nel 1746. Da lì si arriva in via Massimo D’Azeglio che in salita conduce alla Porta Romana, varcata la quale si apre alla vista in tutta la sua eleganza piazza della Libertà, con il palazzo pontificio sul lato nord e la chiesa di San Tommaso da Villanova sul lato est. Sopra il portale del palazzo dei Papi, una lapide sormontata dallo stemma di Alessandro VII ricorda che siamo di fronte a “la casa di Urbano VIII, piccolo ritiro per l’anima e il corpo”. La data è il 1660. L’ingresso dà su un cortile circondato da un portico dove il Pontefice, nei periodi in cui risiede in Castel Gandolfo, nei giorni festivi riceve in udienza i fedeli. Nei piani superiori del palazzo, ricco d’opere d’arte, si trovano le sale per le udienze, l’appartamento del Pontefice, le sale di servizio e tre cappelle. Il primitivo disegno della cancellata d’ingresso del giardino del palazzo, delimitato da mura, è opera di Gian Lorenzo Bernini. Nel 1661 la piazza su cui si affaccia il palazzo Pontificio fu abbellita da un altro capolavoro berniniano: la fontana. Il disegno, ispirato alla pianta di San Pietro, è simile a quello della fontana di Sant’Andrea della Valle a Roma. Sul lato est di piazza della Libertà si apre la strada che raggiunge il belvedere sul lago Albano. Sempre su questo lato si eleva la mole della chiesa di San Tommaso di Villanova, una fra le più belle opere del Bernini. Presenta una pianta a croce greca con una cupola sottile che poggia su pilastri di stile dorico. Sull’altare maggiore il quadro della crocifissione è di Pietro da Cortona. Sul quarto lato della piazza inizia il corso della Repubblica che, dopo aver attraversato tutto il borgo medievale con “le declinanti case sopra l’orlo accidentato del cratere antico” (N. Saraco), termina in piazza Cavalletti. Di fronte al belvedere vi è l’ingresso di villa Barberini, dimora pontificia dalle sobrie linee architettoniche. Di qui un viale fiancheggiato di lecci conduce al giardino della Magnolia, che presenta un disegno all’italiana con bordure e divisioni delle aiuole in bosso. Il viale di lecci continua fino ad un piazzale decorato al centro da una fontana, sul cui lato sinistro si notano i resti di un piccolo teatro costruito per la villa di Domiziano. Dal centro di Castel Gandolfo, via Gramsci conduce alle rive del lago, sulla cui sinistra, nell’ultimo tratto, vi è l’ingresso al ninfeo dorico. La costruzione risale all’età repubblicana e probabilmente ha fatto parte della villa di Clodio. Per alcuni studiosi si tratta di uno dei sacrari eretti in onore delle antiche divinità di Albalonga. Proseguendo per via dei Pescatori si arriva al ninfeo Bergantino, detto anche Bagni di Diana per un mosaico raffigurante la dea cacciatrice.

Piaceri e Sapori

Escursioni ad anello intorno ai laghi, canoa, mountain bike, equitazione.

A pochi chilometri da Roma, il lago Albano è il primo polmone di verde che s’incontra uscendo dalla metropoli.
Oggi la zona ricade nel Parco dei Colli Albani, altrimenti detti Castelli Romani. In un’area così ricca di storia, per gli amanti dell’arte non c’è che l’imbarazzo della scelta, tra ville rinascimentali (a Frascati e Ariccia), rovine italiche e romane, come l‘antica via Sacra che sale al Monte Cavo (949 m) dove esisteva un importante santuario.
Chi è in cerca d’aria pulita, può fare una passeggiata ad anello intorno al lago di Nemi (in due ore) o a quello di Albano (tre ore).
Sui laghi si possono vedere molte specie di uccelli, anche se il più bello di tutti, il capovaccaio, è stato sterminato dai cacciatori. Interessante la flora: le querce intorno al lago di Nemi,i lecci delle ville, e poi pini, cerri, castagni, vigneti, querce da sughero. Questi “antichi, dolcissimi luoghi” – come li chiama Maila Ermini – non sono solo ricchi d’arte ma anche di profumi, di colori, di atmosfera. Si consigliano visite ad Albano Laziale (ottimi vini), Ariccia (piazza, chiesa e palazzo del Bernini), Genzano di Roma (bel nucleo medievale), Marino (per la Sagra dell’Uva).

Sagra delle Pesche,
prima domenica d’agosto.
La festa inizia la mattina con l’esposizione dei più bei frutti appena colti. Dopo il premio alla miglior produzione, si canta e si balla nelle cantine e si fa merenda con porchetta, salumi, formaggi.
Nel pomeriggio i carri sfilano distribuendo pesche.

Festa patronale di San Sebastiano,
prima domenica di settembre. Quella di oggi – pur bella – è un pallido ricordo rispetto all’antica festa del Patrono, fatta di corse di cavalli e di barchette sul lago, tombole e cuccagne, uminarie e fuochi d’artificio, spari di mortaretti e concerti bandistici, grandi pranzi comuni.

Si può ordinare in una trattoria quanto mangiato dal poeta romanesco Gioachino Belli un giorno di novembre del 1831 sulla piazza di Castel Gandolfo: un piatto di spaghetti (o bucatini) all’amatriciana e frittura di “lattarini” (saporiti pescetti di lago), il tutto innaffiato di vino Doc dei Colli Albani. Altri pesci del lago Albano sonoil barbo, la trota, il luccio, l’anguilla, il pesce persico. Le feste popolari sono a base di porchetta, salumi e formaggi della campagna romana.

Sono le pesche, che qui chiamano “guance di canonico”, a cui è dedicata anche una festa.

Ospitalità

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